Maroni: “Me ne vado, ma resto e comunque mai Di Maio al Governo”

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8 Gennaio 2018

“La politica per me è un amore grande. E un amore grande non finisce mai. Ho una cultura di governo, perché so cosa significa governare, e l’unica cosa che mi preoccupa è Di Maio al Governo che considero una Raggi al cubo.”. “Me ne vado da Governatore ma resto a disposizione se qualcuno ritenesse di avere bisogno di me.”.

Tre indizi fanno una prova, si dice in gergo, e mai come questa volta Roberto Maroni conferma le ipotesi che erano circolate sul suo conto ormai da mesi (e da lui sempre smentite e anche da Salvini), ovvero che l’attuale Governatore Lombardo si accingerebbe a ricevere l’incarico da Presidente del Consiglio dal Presidente della Repubblica, Mattarella, nel caso in cui il centrodestra avesse la maggioranza dei voti.

La carta Maroni tuttavia sarà soprattutto usata qualora il centrodestra la maggioranza assoluta dei voti non ce l’avesse come dicono tutti i sondaggi. In quel caso Maroni sarebbe l’opzione da avanzare per creare un’alleanza tra Lega, Forza Italia e PD.

Con Gori potenziale vincitore in Lombardia (ma non è detto: la Gelmini se accettasse la sfida avrebbe buone probabilità  di farcela) si avrebbe Maroni a Roma e Gori in Lombardia. Un capolavoro tattico di Berlusconi.

Permane ovviamente qualche incognita, malgrado il disegno politico sia chiaro: che succederà  a questo punto dentro la Lega? Accetterà Salvini – dopo aver ambito e sentito vicina la possibilità  di andare a Palazzo Chigi – di abbandonare il campo a favore di Maroni?

Il Governatore infatti durante il suo congedo oggi, davanti alla stampa, si è  prodigato nel ringraziare Umberto Bossi e Silvio Berlusconi, non menzionando mai Matteo Salvini. Indice di una chiara inclinazione nella gestione dei rapporti con l’attuale segretario.

Il rischio di una scissione tuttavia potrebbe essere stato scongiurato proprio grazie a questa manovra. Con Maroni a Palazzo Chigi si aprirebbero altre chance per Salvini (il Viminale, ad esempio) anche se la convivenza tra i due sarebbe difficile da immaginare all’interno del Governo. Salvini tuttavia ha mostrato di comprendere la realpolitik.

Con una Lega a rischio scissione tra sovranisti e fedeli a Bossi e all’idea della Lega come “Nord”, cioè come forza politica che persegue l’avvento della Padania e comunque di un forte federalismo, Salvini – data anche la sua difficoltà  economica con un partito che ha una spada di Damocle da 48 milioni di euro sulla testa a seguito del processo sui presunti rendiconti irregolari al Parlamento e la condanna in primo grado di Bossi e Belsito – potrebbe avere accettato le condizioni date. Con Maroni al Governo avrebbe il vantaggio di poter dichiarare vittoria. Se poi Maria Stella Gelmini o Attilio Fontana battessero Gori potrebbe dichiarare partita vinta.

In realtà il vero vincitore resterebbe solo uno. L’immortale, Silvio Berlusconi.

La dichiarazione di Maroni

TAG: elezioni politiche 2018, lega nord, maroni, regione Lombardia
CAT: Milano

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