Dai fedelissimi di Pisapia a Boeri: ecco il grande salotto di Francesca Balzani

4 Gennaio 2016

Appena un paio di mesi fa, quando il suo nome iniziò ad emergere tra le pieghe dei retroscena politici milanesi, in tanti si chiedevano chi fosse Francesca Balzani. I renziani della metropoli lombarda, non senza malizia, riferivano che il premier in persona, a Pisapia che la proponeva come sua candidata, avesse risposto con il suo sarcasticamente proverbiale “Chi?!”, a suo tempo dedicato a Stefano Fassina. Leggenda? Chissà. Certo è che Balzani è passata da tecnica della politica più nota nella sua Liguria che a Milano, a sfidante ufficiale invitata in prima serata in televisione. L’improvvisa visibilità non è certo sinonimo automatico di successo, e questo lo sanno bene anche i suoi sostenitori, alle prese con una raccolta firme iniziata nei difficili giorni delle feste natalizie, rincorrendo la campagna elettorale lunga di Pierfrancesco Majorino e la potenza di fuoco di Beppe Sala. Già, i numeri delle firme diranno qualcosa, una volta chiusa la raccolta, dei rapporti di forza in vista delle primarie.

Ma c’è un aspetto di questo inizio di campagna elettorale di Francesca Balzani – candidata alle primarie del Pd di Milano – che ha sorpreso anche i profondi conoscitori delle cose politiche milanesi: la sua alleanza con Stefano Boeri. Che cosa ci fa l’erede designata di Pisapia assieme al suo grande rivale? Boeri è infatti l’uomo che proprio dal sindaco uscente fu sconfitto nelle primarie del 2011 e con il quale consumò una grave rottura che lo portò a dimettersi – anche se forse sarebbe più onesto dire che fu licenziato – dall’incarico di assessore alla Cultura.

Secondo alcuni ritratti forse un po’ troppo ottimistici, Balzani avrebbe compiuto una sorta di miracolo: rimettere insieme i cocci dell’esperienza del 2011, riunendo attorno alla sua figura i due uomini che più di chiunque altro avevano incarnato lo spirito di rinascita milanese. Spirito poi concretizzato nel lavoro della giunta Pisapia, ma anche grazie al ruolo non secondario di Boeri, prima come assessore e poi come autore del celebrato Bosco verticale, uno dei simboli della nuova Milano.

Ma, appunto, si tratta di una lettura un po’ troppo semplicistica di una mossa che è molto più interessante analizzare da un punto di visto strategico. Prima di tutto, però, bisogna sgomberare il campo dagli equivoci: in pochi, infatti, credono alla versione secondo cui l’appoggio di Boeri a Balzani sia una sorta di vendetta contro Giuseppe Sala, l’ex commissario dell’Expo (ma prima ancora amministratore delegato) con cui l’architetto ebbe durissimi scontri quando, da assessore, aveva la delega per l’esposizione universale. Difficile credere a una cosa del genere, anche se certo la ruggine coltivata in questi anni può aver aiutato Boeri a individuare nella rivale più accreditata di Sala (almeno secondo i media) il cavallo giusto su cui puntare.

Da parte di Balzani, invece, è più facile capire cosa possa averla portata ad accettare a braccia aperte il pesante endorsement di Boeri. Con Majorino in campo (e viste le promesse della vigilia), Pisapia è costretto a recitare il ruolo di arbitro e non può scendere in campo troppo esplicitamente a favore di colei che comunque è la “sua” candidata. Ed è questa la ragione per cui, il giorno del lancio della raccolta firme in Cascina Cuccagna, Boeri era presente fin dalle prime ore, mentre Pisapia, com’era inevitabile, non si è fatto vedere (anche se tutti, più o meno a bassa voce, continuavano a passarsi di bocca in bocca il nome di “Giuliano”).

Stefano Boeri alla presentazione della candidatura di Francesca Balzani

Stefano Boeri alla presentazione della candidatura di Francesca Balzani

Stando così le cose, a Balzani conviene non essere la “candidata di Pisapia”, tanto più che un ruolo del genere potrebbe andarle stretto anche al di là di ogni altra considerazione. Meglio allora essere una candidata con un ruolo suo, chiaro e ben definito, capace di circondarsi di amicizie importanti – anche se non legate al sindaco che ha benedetto la sua candidatura – e capace, soprattutto, di rappresentare il centrosinistra nella sua interezza: da Sel, al movimento arancione, fino a tutto il Pd. In questo senso, l’appoggio esplicito del più fiero avversario interno di Pisapia risulterebbe dunque una garanzia di trasversalità tra le diverse anime. Ad allargare la platea dei sostenitori, poi, arriva il recente appello dei 150: nomi pesanti, tutti solidi nel centro di Milano, da Massimo Mucchetti a Francesco Giavazzi, dal sostegno ribadito del solito Boeri, a Gad Lerner, fino a Paolo Limonta, anima del movimento arancione che portó Pisapia all’inatteso trionfo.

L’incoronazione del sindaco, l’endorsement di Boeri e l’entrata a gamba tesa nel gioco delle primarie sono però mosse spregiudicate che hanno causato forte nervosismo in una parte consistente del Pd milanese. Che infatti riserva toni durissimi alla candidata, la cui trasversalità viene sminuita come «né carne, né pesce». Basta sentire le dichiarazioni dell’assessore Pierfrancesco Maran, che appoggia Sala, al quotidiano Il Giorno: «È una candidatura nata in maniera non comprensibile, che ha cambiato più volte padre, prima Pisapia poi Boeri, che non ha un messaggio politico preciso, a differenza di quello di Sala, che punta sull’innovazione, o di Pierfrancesco Majorino, che punta su diritti civili e sul sociale. Una candidatura nella quale fatico a vedere una continuità con questa giunta non è casuale che nessun assessore la sostenga».

In una lettura di questo tipo, la trasversalità rischia di passare da punto di forza a difetto. Nonostante questo, però, è sempre più evidente come Balzani non voglia essere confinata dall’appartenenza alla sinistra Pd. Un marchio che può essere davvero penalizzante nel momento in cui si cerca di portare via voti al grande rivale, Giuseppe Sala. Ed è anche per questa ragione che Balzani sta cercando di scrollarsi di dosso l’etichetta di anti-renziana, cercando di definirsi, molto più laicamente, come “non-renziana”.

Da qui, le parole di miele riservate al premier in alcune apparizioni televisive (“Non credo che Renzi sia contro di me”, disse a Otto e Mezzo, lodandone peraltro anche l’intelligenza) e quella sorta di strana benedizione che è avvenuta a Roma nell’incontro al Nazareno tra Renzi, Serrachiani, Guerini, Pisapia e Balzani. Un’anti-renziana di sinistra non sarebbe mai discesa fino a Roma per “farsi conoscere” dal segretario del Pd, come infatti ebbe gioco facile a dichiarare il giorno dopo Pierfrancesco Majorino.

Già, Majorino. Il terzo incomodo di queste primarie, colui che per primo – assieme al deputato renziano Emanuele Fiano, poi ritiratosi per liberare il campo a Sala – spinse affinché queste primarie si facessero, gettandosi in campo quando ancora da Roma giungevano forti perplessità.

Majorino: il candidato della sinistra del Pd, con tanti appoggi all’interno di Sel, accusato con la sua presenza di mettere in difficoltà la candidatura di Balzani, dividendo in due il campo della sinistra anti-Sala. Una critica comprensibile da una parte – è indubbio che Majorino porti via voti alla Balzani – quanto ingiusta da un’altra, visto che è stato proprio l’assessore al Welfare a candidarsi per primo.

Questa lettura, comunque, viene rifiutata dalla stessa Balzani, che in queste settimane ha concentrato i suoi attacchi a Sala (“un po’ vintage”, “il Comune non è un cda”, addirittura uno spietato paragone con “l’altro manager sceso in politica, Corrado Passera”) mentre sembra quasi rifiutarsi di parlare di Majorino.

Una decisione corretta, in campagna elettorale, dal momento che concentrare gli sforzi su Majorino non farebbe che accreditare la lettura dello scontro interno alla sinistra, regalando così campo libero a Giuseppe Sala, sul quale bisogna invece fare la corsa se si punta a vincere queste bizzarre primarie.

Ecco perché le uniche parole che Balzani spende su Majorino sono votate a sottolineare la loro diversità, come ribadito anche a Gli Stati Generali il giorno del lancio della sua raccolta firme: “Io non credo assolutamente che la mia candidatura spiani la strada a Sala. La sovrapposizione tra me e Majorino può esistere solo nell’ottica di una contrapposizione nei confronti di Sala, un’ottica che io rifiuto tassativamente. Io e Majorino non siamo la stessa persona. Anzi, sono certa che persone che voteranno per me non voterebbero mai per lui e viceversa”.

E in effetti, per quanto sia innegabile che la situazione avvantaggi Sala, non si può darle del tutto torto. Majorino è il candidato della “sinistra-sinistra”, un assessore al Welfare che in questi anni si è creato un suo bacino elettorale nelle periferie, nella comunità LGBT, tra le fasce più deboli della popolazione. Un bacino elettorale che, secondo alcuni, è molto più forte e vasto di quanto si tenda a pensare e che potrebbe riservare sorprese se, come sembra, davvero Majorino continuerà la sua corsa fino al giorno delle elezioni.

La corsa di Majorino deve però già scontare l’abbandono di una parte dei suoi più tenaci sostenitori della prima ora; anche all’interno di Sel, che in parte ha deciso di cambiare candidato e puntare su Balzani, vista come più credibile, più forte, con una personalità più accattivante.

Punti di forza che pesano parecchio, nelle elezioni. Così come pesa, tanto, il fatto che Balzani possa contare sulle amicizie giuste, a livello nazionale (i suoi buoni rapporti con l’altra ex eurodeputata Deborah Serracchiani sono noti, così come quelli con Andrea Orlando) ma soprattutto a livello locale: Gad Lerner, la sociologa Francesca Zajiczyk e il marito Mario Fezzi (uno dei più importanti giuslavoristi italiani e celebre avvocato della sinistra sindacale); Giulia Maria Crespi, presidente del Fai; Cristina Treu, sorella dell’ex ministro e docente al Politecnico; la matrimonialista Laura Hoesch; ovviamente Giuliano Pisapia, ma anche sua moglie Cinzia Sasso.

In più, a Balzani viene accreditata una qualità che in politica è utile come poche: saper far valere i contatti giusti in tempi molto rapidi. Tanto basta per far sì che l’attuale vicesindaco venga dipinta come la “candidata dei salotti buoni di zona 1”. Una lettura che, ancora una volta, lei rifiuta: “Sono madre di tre figli. Più che la candidata dei salotti, sono la candidata degli asili e dei supermercati”, ci tiene a precisare, evitando di fatto la domanda con quella prontezza che spesso caratterizza chi sta frequentando ripetizioni accelerate di comunicazione politica.

Ma se i “contatti” sono quelli giusti, qual è invece il bacino elettorale di Balzani? Per provare a capirci qualcosa di più, non si può fare altro che tornare indietro fino al 2009. Un’altra era geologica, visti gli sconquassi degli ultimi anni, ma comunque l’unico anno in cui la candidata alle primarie si misurò con delle elezioni dopo aver lasciato, nel 2007, lo studio di Victor Uckmar, uno dei più celebri fiscalisti italiani.

Nel 2009, quindi, Balzani è la candidata a sorpresa delle Europee. Una candidatura quasi di bandiera, ma che lei prende tremendamente sul serio, riuscendo a conquistare la bellezza di 45mila preferenze (nella circoscrizione nord-ovest) e il seggio a Strasburgo. “A Milano avevo preso quasi 10.000 voti”, ricordava lei nel 2014 a Repubblica. Una stima a dir poco per eccesso, visto che in quelle elezioni i voti conquistati a Milano furono invece 3.068 (dati ufficiali della banca dati elettorale del Comune di Milano).

La stragrande maggioranza dei voti, 24mila, venne invece conquistata nel comune di Genova, dove Balzani – che da trent’anni vive tra Milano e il capoluogo ligure, ma che è genovese di nascita – era stata chiamata dall’allora sindaco Marta Vincenzi a lavorare come assessore tecnico al Bilancio.

In città, almeno stando a questi numeri, non può certo contare su un vasto seguito. Tanto più che la sua notorietà presso l’elettorato è davvero limitata. Ma allora perché candidarsi, perché accettare una sfida tanto complicata? Sulla questione, non ci sono certezze. C’è chi pensa che a voler la sua candidatura a tutti i costi sia stato Pisapia, convinto che fosse il nome giusto per constringere il non troppo amato Majorino al ritiro. Chi – con una tesi un po’ complottista – pensa che la candidatura di Balzani sia frutto di un accordo tra Pisapia e Renzi volto a far vincere Sala (si vedrà con quale tornaconto per l’attuale sindaco); un accordo in cui però non si sono fatti i conti con la ferrea volontà di Balzani. Chi infine ritiene che la candidatura del vicesindaco da parte di Pisapia sia frutto della volontà di far vedere che “Giuliano” c’è ancora, che il suo lavoro sarà fedelmente proseguito da Balzani.

Quel che è certo è che Balzani ha preso in mano la sua candidatura – forse anche in seguito ad alcuni tentennamenti di Pisapia – lanciandosi senza timori nella corsa delle primarie. Se c’è qualcosa che le viene riconosciuto, in effetti, è di avere un carattere forte, di avere la capacità di buttarsi anche nelle sfide più complicate, animata da una grande volontà e fiducia nelle sue capacità.

D’altra parte, Balzani sarà anche un cognome che risuona poco nelle menti degli elettori milanesi, ma in questi anni il suo ruolo è stato tutt’altro che secondario. Chiamata a fare l’assessore al Bilancio al posto di Tabacci in un comune dai conti disastrati, è riuscita a ridurre in maniera consistente i debiti accumulati anche grazie al metodo delle short list: nessuna spesa da parte degli uffici del Comune di Milano poteva essere effettuata senza prima ricevere il suo avvallo. Un sistema grazie al quale è riuscita a risparmiare circa 120 milioni di euro, imponendo peraltro un metodo nuovo e trasparente.

Altro aspetto importante della sua esperienza al Comune è quello del “bilancio partecipativo”: 9 milioni di euro destinati alle nove zone di Milano, per sostenere progetti votati su internet dagli stessi milanesi. Alla fine, i voti sono stati 30mila: un successo – soprattutto se paragonato a esperienze simili che hanno coinvolto diverse città in giro per il mondo – e un passo avanti nella direzione di una democrazia maggiormente partecipativa.

Più controversa, invece, la questione della M4: la linea blu della metropolitana, i cui cantieri sono finalmente partiti dopo una quantità di ritardi tale da non consentire di aprire nemmeno una fermata in vista di Expo, quando inizialmente era previsto che l’intero progetto venisse completato in tempo per l’esposizione universale.

Da una parte Balzani, assessore al Bilancio di un comune pieno di debiti e sostanzialmente contraria alle grandi opere; dall’altra la M4, una grande opera che potrebbe pesare sui conti difficili della città. Così, nel 2014, si consuma lo strappo: Balzani si oppone al progetto fino alla fine, ma al momento del voto opta per uscire dall’aula. Con la diplomazia che la caratterizza, peraltro, spiega la sua uscita dall’aula dicendo che, essendo arrivata da poco e non avendo potuto seguire l’iter dall’inizio, preferisce non votare.

Tre aspetti importanti della sua carriera politica a Palazzo Marino, che possono aiutare a chiarirsi le idee sul candidato. Ma quanto noti all’elettorato milanese?  In effetti, tanta parte del successo di Balzani (e di Majorino) dipende da quanti saranno gli elettori che si recheranno ai gazebo. Si parla di 60mila, c’è chi punta addirittura a 100mila. Ma più numerosi saranno gli elettori, più alte saranno le chance di Giuseppe Sala. Questo, seguendo il buon senso e anche la teoria dei “tre cerchi” che alcuni esperti di comunicazione politica e sondaggi utilizzano per spiegare cosa può succedere. Secondo questa teoria, i primi 15mila elettori delle primarie rappresentano uno zoccolo duro più “politicizzato”, fatto di militanti e dirigenti, all’interno del quale Majorino e Balzani sono più forti. Una forza che scende all’interno del secondo cerchio (da 15mila a 30mila), in cui l’elettorato si fa meno “puro” e in cui la figura di Sala inizia a emergere fortemente. Dai 30mila in su, l’elettorato delle primarie diventa indistinguibile da quello che vota alle elezioni vere e proprie, rafforzando enormemente le chance di Sala. Di conseguenza, Majorino e Balzani devono sperare che alle primarie non vadano a votare in troppi.

Nel frattempo va registrato il repentino cambio di look della candidata Balzani, che nel giro di poche settimane ha sostituito la mise che alcuni hanno definito da “sciuretta” (scarpe basse, capelli corti, camicette bianche) con una più aggressiva, jeans e tacchi alti. Pura questione di estetica, si potrebbe pensare. Ma in una lotta potenzialmente serrata con Sala, anche questi sono dettagli che non si possono tralasciare. Ed è meglio evitare un look che potrebbe richiamare una troppo evidente immagine di “sinistra-sinistra”. Un’immagine che Balzani sta cercando di scrollarsi di dosso.

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In copertina, Francesca Balzani

TAG: francesca balzani, primarie pd milano
CAT: Milano, Partiti e politici

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