Cinque dischi di mezza primavera

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28 Aprile 2015

Mezza primavera, ponti del primo maggio che sembrano progettati da un ingegnere sadico, allergie e allegrie, pollini e Expo, gite fuori porta o magari tanta voglia di starsene solo in terrazza a ascoltare un po’ di musica.

Ecco cinque possibili colonne sonore per queste giornate!

 

Partiamo con “Next Stop Soweto vol.4” (Strut), nuova puntata di una ritmatissima avventura nel cuore della musica sudafricana degli anni Settanta e Ottanta, periodo fortemente caratterizzato dall’apartheid.

 

 

Tracce che esplodono di soul, funk, disco, rock, urbane e un po’ selvagge, selezionate dalla mano esperta di Duncan Brooker, da abbinare a danze senza limiti di latitudine. Da provare!

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Sono da qualche anno uno dei gruppi più interessanti e indefinibili della scena jazz (e dintorni) inglese: si chiamano Polar Bear e sono guidati dal batterista Seb Rochford.

Fanno una musica in cui l’elettronica ha un ruolo fondamentale, una musica che si muove per suggestioni e minimalismi, innervata da un ritualismo lirico e contemporaneo che colpisce spesso nel segno.

 

 

Il nuovo disco si chiama “Same As You” (Leaf). Con Rochford ci sono due sax tenore (Pete Wareham e Mark Lockheart), Tom Herbert al contrabbasso, Leafcutter John a chitarra e elettronica e una manciata di ospiti.

C’è il mood del deserto del Mojave, dove il disco è stato concepito e mixato, c’è una febbrile e danzante attitudine che si attorciglia al canto ipnotico di Don’t Let The Feeling Go.  Contagioso.

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Gli amanti del jazz più “tradizionalmente inteso” non si lasceranno sfuggire il “Live In Chieti ‘79” (Philology) del compianto sassofonista Massimo Urbani. In quartetto con Franco D’Andrea al piano, Attilio Zanchi al contrabbasso e Gianpiero Prina alla batteria, Urbani si lancia – come era nel suo controverso e tormentato carattere – dentro la musica con tutto se stesso.

 

 

Torrenziali sono le improvvisazioni su classici come Invitation, Milestones o Cherokee, ma anche No Idea Of Time  di D’Andrea è un gioiello.

Il sempre entusiasta Paolo Piangiarelli, produttore di questo disco, si spinge a dire che questo concerto è un po’ il Massey Hall (storico concerto del quintetto di Charlie Parker e Dizzy Gillespie) italiano. Ci sembra un po’ esagerato, ma la serata era di quelle che è giusto siano rimaste registrate.

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Non è un disco, ma un dvd, la quarta scelta di questa “scaletta” di mezza primavera. Si chiama “In Memoriam Haydée” (Ecm) e documenta il recital per pianoforte solo e a quattro mani tenuto da György Kurtàg assieme alla moglie Màrta nel settembre del 2012 alla Cité de la musique di Parigi.

 

 

Lo trovate anche su YouTube, ma su dvd è tutta un’altra cosa e si può apprezzare il fantastico gesto esecutivo del compositore ungherese, alle prese con le splendide miniature di Jàtèkok e con alcune trascrizioni bachiane. Che meraviglia.

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Chiudiamo con il disco di debutto della cantante Joyce Elaine Yuille, americana in Italia, timbro caldo di jazz d’antan. Il disco si chiama “Welcome To My World” (Schema) ed essendo prodotto da Luciano Cantone con lo zampino del sassofonista finlandese Timo Lassy non può che profumare di nostalgia e di morbidezze soul-jazz.

 

 

Tra temi originali e qualche rilettura (It’s Madness  dell’ultimo Marvin Gaye o una Just Say Goodbye che non può competere con la acidula ironia dell’immensa Esther Phillips), il disco vola leggero come polline primaverile. Per nulla fuori posto in questi giorni…
Alla prossima.

 

TAG: dischi, Jazz, Musica
CAT: Musica

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