Gimme Danger, la storia ruvida degli Stooges

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23 Settembre 2020

Degli Stooges, di quelli originali, ne è rimasto solo uno. Avrebbe potuto non esserci. O meglio, sembrava avere tutte le carte in regola per essere uno della schiera di chi muore giovane lasciando un po’ tutti di stucco. Invece Iggy Pop è ancora tra noi e che ci crediate o no, continua a pubblicare ottimi dischi, facendo sostanzialmente quello che gli pare, con il fisico di 50 anni fa e con la mente ancora giovane, nonostante i quintali di droghe e alcol ingurgitati in decenni di onorata carriera.

Se volete saperne di più sulla vita degli Stooges, è uscito tre anni fa un bellissimo documentario firmato Jim Jarmusch, intitolato “Gimme Danger”, come il titolo di una loro canzone, in cui è l’Iguana in persona a ripercorrere la strada che lo ha portato a diventare una delle rockstar più celebrate di sempre, nonché l’inventore di quello che poi sarebbe diventato il glorioso stage diving praticato da chi sul palco ci sapeva stare, ma non disdegnava lanciarsi sulle braccia tese dei propri fan. Sempre che lo avrebbero sorretto.

Ecco, è capitato, ad esempio, che Iggy prendesse una bella facciata sul pavimento, quando nessuno decise di raccoglierlo dopo che aveva spiccato il volo. Ma è una delle tante esperienze che non sono mancate nella carriera di uno dei gruppi più seminali della storia del rock. Gli Stooges sapevano suonare abbastanza per pubblicare un disco, vivevano di espedienti, per non dire che erano poveri in canna (Iggy abitava in una casa mobile assieme alla sua famiglia) e avevano voglia di diventare qualcuno. Erano “dei veri comunisti” come racconta il sig. Pop, dividevano tutto, una casa, quando iniziarono a potersela permettere, le droghe, le donne, e la passione per gli MC5 che diventarono loro fratelli maggiori e si proposero come esempio per fare musica, spaccando i timpani e lacerando le pareti.

In un’intervista sulla realizzazione del film, Jim Jarmusch ha dichiarato: “Nessun’altra band della storia del rock ‘n’ roll può competere con la combinazione di pulsazioni primordiali, la psichedelia pungente, il blues-a-billy grind, completati da testi succinti e tormentati e dal ringhio da leopardo di un front man che incarna in qualche modo Nijinsky, Bruce Lee, Harpo Marx e Arthur Rimbaud. Non ci sono precursori per The Stooges, mentre le band che si sono ispirate a loro sono ormai una legione. Gimme Danger (…) è la nostra lettera d’amore (…)”. Al di là della dichiarazione di intenti di Jarmusch, a tutti gli effetti uno dei fan più temprati, Gimme Danger è un documentario che rimane teso dall’inizio alla fine, come i nervi a fior di pelle di un cantante diventato leggenda. Il suono sporco, graffiante, il nichilismo di un istrione come Iggy Pop emergono chiaramente da vecchi filmati, nuove interviste, foto sbiadite, spezzoni audio di concerti perduti per sempre, in cui le urla stridule della folla si mescolano ai mantra psichedelici di una band letteralmente fuori di testa. Il modo in cui Iggy inarca la schiena, con cui si contorce durante le parti strumentali di canzoni essenziali e tiratissime, lo ritroviamo nudo e crudo su pellicola, durante le session di registrazione assieme a John Cale dei Velvet Underground, poi assieme a David Bowie, prima che nascesse la carriera solista, fortunata e talvolta illuminata, di un’icona che ha cambiato per sempre il modo di vedere e di ascoltare il rock.

È bello vedere come tutti i membri degli Stooges abbiano ricordi ancora vividi della loro partenza, Ann Arbor, un piccolo posto, l’università del Michigan, gli Mc5, le proteste studentesche e il ventre dell’America. Conosciamo Iggy come batterista negli Iguanas e poi vediamo Ron Asheton con gli occhi fissi sul palco intento a suonare piatti e percussioni per gli Stooges, incontriamo Dave Alexander, il primo a rimetterci la vita, Scott Asheton, fratello di Ron che rimarrà nella formazione più conosciuta e apprezzata della band, quella dei primi tre dischi, sufficienti a consegnare loro le chiavi per l’immortalità. Alla fine gli ultimi due album non hanno aggiunto granché alla carriera della band, ma hanno confermato la buona salute dell’Iguana, tornato alla ribalta come ottimi musicisti come Mike Watt al basso (ex Minutemen) e con esibizioni live da ventenne.

Jim Jarmusch ha ecceduto nel raccontare la sua storia degli Stooges? Forse, sicuramente ogni tanto, Iggy, durante le interviste, avrà pensato “Che cazzo ci faccio qui?”, ma credo sia normale per uno come lui, che i palchi se li è mangiati, ipnotizzando centinaia di migliaia di sguardi, soffocando respiri e rendendo magliette con i nomi delle band, madide di sudore. Se volete divertirvi e istruirvi su cosa sia realmente il rock, quello meno encefalico e più animalesco, cercate Gimme Danger, premete play, ne vale la pena.

TAG: Biopic, documentario, film, iggy pop, Jim Jarmusch, Rock, Stooges
CAT: Musica

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