Tra perdita e rivincita: GionnyScandal si racconta senza filtri in Black Mood 2


Cattivi pensieri (1983) di Gino D’Eliso si apre con “Orient Express” che viaggia lungo la Mitteleuropa tra rimbalzi elettronici, italo new wave e sapori d’Estremo Oriente. Ci catapulta in un mondo astratto e assurdo ed è un’insenatura a forma di scheggia, che serve a far entrare e introdurre uno dei pezzi italiani più belli della prima metà degli anni Ottanta: quel brano è la title track del disco, nonché la sua seconda traccia. “Cattivi pensieri” è infatti una canzone che sembra tutto quello che si era già sentito nel post punk italiano e sintetico degli anni precedenti, ma che in realtà non assomiglia a niente altro. L’hammond, che sostiene ogni cosa insieme a un bordone di synth straniante e gelido, accompagna un testo di questo tipo: “Ah, le notti di Siviglia / Vino freddo sotto i tigli / Cocktail ghiacciati e fluorescenti / Sottili sigari fra i denti / Ah, le estati a Bratislava / Amori caldi come lava / E le bambine delle scuole / Occhi abbassati e scarpe nuove”. E poi la ventola dell’organo inizia a girare più veloce per squarciare il pezzo e farci sprofondare dentro di lui mentre lo ascoltiamo. Si alza il basso, una batteria colpisce e scandisce il ghiaccio cibernetico che a un certo punto si scioglie e apre il sipario al melodramma: “Ma / I cattivi pensieri che / Sono dentro di me / Sono parte di me / Sono solo canzoni / Che ora dedico a te / Che ora scrivo per te / Per te”. Il sax di Claudio Pascoli scalda l’atmosfera, un doo-wop assurdo si mette in scena, il finale si avvicina, Gino D’Eliso è un incrocio tra Battiato e Springsteen e ormai è padrone della scena.
“Cattivi pensieri” è un pezzo che racchiude dentro di sé l’essenza dell’intero disco. Quest’ultimo è infatti un lavoro che procede dalla Germania, facendo tappa in Inghilterra e arrivando sul Mediterraneo, che è il luogo dove D’Eliso probabilmente desidererebbe far materializzare i propri sogni. Cattivi pensieri è un album stralunato, che vaga, si diverte, che mostra il lato ancora più eccentrico del cantautore triestino. Il suo disco culto è in verità Ti ricordi Vienna (1977), che è uno scrigno di new wave funk umbratile, ironica e anche questa esposta al vento gelido della Mitteleuropa. Un grande album, che in molti hanno giustamente rivalutato in tempi recenti, proprio perché particolarmente estroso e stravagante. Ma Cattivi pensieri vola ancora più su, perché è incollocabile, nel suo complesso troppo mainstream per risultare veramente punk, nella sua superficie troppo acido per essere compreso da tutti. Per fare alcuni esempi, altri grandi pezzi che possiamo ricordare sono: la ballata “Canzone d’amore”, con la sua coda fatta di corde di chitarra acustica processata in un tramonto nostalgico; la nebulosa latina di “Tango sorpreso”, con una malinconia di fiati struggenti; il ballabile nevoso e in minore “Magari fosse Natale”, pieno di synth che sono campanelli che annunciano qualcosa che non c’è; la corsa con le tastiere kraftwerkiane e impazzite di “Che fine ha fatto Andalù?”.
Tutto molto bello, tutto meraviglioso, però alla fine si ha la sensazione che ogni cosa si smarrisca, si perda nel vuoto. È proprio quel vuoto tuttavia che dona grandezza a questa musica, un vuoto che sembra prodotto da un’eco che ci fa assopire in pensieri nostalgici e malinconici: cattivi. Che ora dedico a voi e che fanno parte di noi.
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