Musica

Musica leggerissima #18 – Venditti e segreti

13 Febbraio 2024

“Musica leggerissima”, ovvero come parlare ogni volta di un disco poco discusso o dimenticato. Come parlare ogni volta di un bel disco italiano.

 

Il momento – alla fine degli anni Settanta – in cui la carriera di Venditti cambia porterà un periodo purtroppo triste e difficile al cantautore romano. Dopo l’album Buona Domenica (1979) Antonello si prende infatti una pausa di tre anni a causa di alcuni problemi personali. La separazione dalla moglie Simona Izzo è un duro colpo e – come ha dichiarato lui stesso – si ritrova a combattere più volte con l’idea del suicidio. Ad aiutarlo c’è l’amico Lucio Dalla che gli permette di trovare anche una nuova casa dove poter ricominciare ad avere una stabilità e provare così a riorganizzare la propria vita. Quello che negli anni Ottanta ci troviamo di fronte è un musicista che ha cambiato prospettive sia nei contenuti sia nella forma della sua musica. La politica rimane, ma è come se i temi trattati si rarefacessero, come se i messaggi che Venditti vuole lanciare venissero filtrati e diradati, e alle volte venissero addirittura messi da parte. L’intimismo invece, tipica cifra stilistica di buona parte della sua scrittura, amplifica le sue forme, ma diventa più granitico, più universale e meno particolare. La musica comincia a essere più distesa, con sfumature decisamente più classic rock (già alla fine degli anni Settanta la chitarra elettrica del brano “Sotto il segno dei pesci” aveva indirizzato i riflettori verso un altro tipo di sound rispetto a quello degli anni precedenti).

Con Sotto la pioggia (1982) lo slancio verso atteggiamenti sonori fluidi si materializza, gli arrangiamenti sono impostati per dare un senso del tutto che scorre e sorregge le narrazioni di Venditti in modo lucido e trasparente. Le sonorità iniziano a flirtare più attentamente anche con sintetizzatori e macchine varie. Si comprende insomma che va dato effettivamente un nuovo smalto al suono per renderlo nuovamente credibile e moderno. C’è – bisogna dirlo – anche l’impronta di Dalla, che probabilmente aveva non solo aiutato ma anche ispirato l’amico romano. Con il successivo Cuore (1984) il suono è ancora più lucente ed elettronico, ma lo scrigno luminoso, per quanto riguarda sonorità e compattezza della produzione, si ha definitivamente con Venditti e segreti (1986).

L’album parte con “Peppino” che è un accendersi continuo di sintetizzatori e celesta cristallini, indirizzati verso un sentimento di condivisione paterna che si manifesta con “la vita tua diventa mia […] La vita no, non fa paura”. “Questa insostenibile leggerezza dell’essere” è invece ironica, con tastiere in levare e una chitarra elettrica che sottolinea quella leggerezza del titolo che è appunto frivola, ma sottende quel modo di scrivere di Venditti che è, nella sua superficie, anche fatto di abbellimenti, i quali implicano una capacità di fare del pop qualcosa di importante. “Giulio Cesare” è un ricordo dell’adolescenza e del liceo frequentato da Antonello: stampo classico vendittiano, sempre una solarità sintetica, ancora tastiere a dettare le atmosfere e ad aprire suoni che sanno di “viva la libertà”. “Esterina” procede con la chitarra elettrica di Marco Rinalduzzi che sa di Aor puro e che cerca di sognare la risoluzione della questione palestinese: un sogno impossibile che richiama un viaggio utopico nell’assolo di chitarra finale.

Il lato b si apre con “Segreti” che si muove energica e sinuosa e cerca profondi misteri con aperture di sax e i soliti synth. Si prosegue con “Rocky, Rambo e Sting” che è la dichiarazione d’amore definitiva verso gli anni Ottanta, ma anche la consapevolezza che dietro agli squarci di sax di Enzo Avitabile e al drum programming energico di Derek Wilson ci sia la necessità unica di “sparare cazzate dal profondo”. “Settembre” è la classica ballata d’amore Vendittiana, e in un certo modo è il primo vero spazio di riposo dell’album. Poi il finale, con “C’è un cuore che batte nel cuore di Roma”, un’altra love song necessaria, viva e vitale perché, quando c’è Roma di mezzo, con Antonello non può che essere così.

Venditti e segreti è un disco insomma gagliardo, che è acceso e ricco di canzoni che spostano il cantautore romano verso una dimensione veramente moderna e immersa negli anni Ottanta. È un’opera solida, che dona ispirazione e suona come l’ultimo tassello della sua produzione aurea. Dopo ci sarà In questo mondo di ladri (1988) che proverà a tenere botta: in parte ci riuscirà. Poi, purtroppo, il vuoto, fino al momento in cui Venditti scoprirà nuovamente che “fantastica storia è la vita”.

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