Sanremo: al via un altro Festival, dovrebbe interessarcene?
Tutto pronto per una nuova edizione
Anche quest’anno ci siamo. Stasera, dal palco del Teatro Ariston di Sanremo, prenderà il via l’edizione 2023 del Festival della Canzone Italiana. Al timone ci sarà ancora Amadeus, per il quarto anno consecutivo, coadiuvato da Gianni Morandi e numerose co-conduttrici, tra le quali spicca il nome di Chiara Ferragni.
La direzione artistica si è mossa bene, invitando artisti consolidati come Giorgia, giovani promesse come Ariete e una corposa lista di redivivi dei quali avevamo perso le tracce negli ultimi anni come Gianluca Grignani, I Cugini di Campagna e le sorelle Paola e Chiara Iezzi. Piacciano o meno, non si può negare che si sia tentato di accontentare tutte le possibili fasce di audience. Chi cerca la qualità musicale sa da tempo che Sanremo non è il luogo dove trovarla, sebbene vada detto che la serata delle cover – o dei duetti, che dir si voglia – ci abbiano saputo regalare esibizioni memorabili negli ultimi anni.
Difficilmente la Rai, Amadeus, o qualunque altro stakeholder coinvolto nel festival sarà davvero interessato, o interessata, al livello delle performance sul palco. Interessa ben di più il fatto che il carrozzone Sanremo possa portare dividendi in termini di share e, dunque, aumentare il prezzo degli spazi pubblicitari messi in vendita. È proprio da qui che sorge la domanda, volutamente provocatoria, che intitola questo articolo.
Il modello Superbowl
La televisione ricerca da sempre eventi e show che possano catalizzare l’attenzione di milioni di telespettatori, in tutto il mondo. Il modello di riferimento, per chiunque mandi in onda dirette al fine di dominare la serata incollando allo schermo un Paese intero – come Sanremo ambisce dichiaratamente a fare – è quello del Superbowl.
La finale del campionato di football americano della NFL è un evento dalla portata magistrale in termini di numeri televisivi, tanti che negli States i maggiori network si sono organizzati in maniera di trasmetterlo a rotazione: un anno una rete, il successivo un’altra e così via… Ciò serve ad arginare sul nascere ogni possibile asta per assicurarsi i diritti di trasmissione e garantire a tutte le reti di poter beneficiare degli introiti della trasmissione dell’evento (considerevoli, dal momento che gli spazi pubblicitari, per quella serata, possono essere venduti anche per cifre superiori al milione di dollari). In Italia, dove la regolamentazione televisiva è differente, Sanremo va sempre in onda sulla principale rete nazionale: Rai 1.
Se l’infrastruttura che ruota attorno alla diretta è paragonabile tra i due eventi, lo stesso non può dirsi per quel che sta dentro allo scatolone: lo show vero e proprio. Per quanto difficile, e probabilmente insensato, sia paragonare un festival musicale a un evento sportivo, difficilmente il livello di coinvolgimento emotivo dello spettatore potrà essere lo stesso.
Da una parte abbiamo l’ultimo atto di un campionato atleticamente ultracompetitivo come la NFL, dove si fronteggiano settimanalmente alcuni tra i migliori sportivi al mondo, compreso di halftime show, l’intermezzo musicale della durata di 15 minuti che mette al centro del campo, sotto i riflettori, artisti del calibro di Rihanna, Eminem, Shakira o Jennifer Lopez, solo per citare qualcuno degli ultimi performer. Gente che viene anche a Sanremo, come super-ospite, a svolgere la stessa funzione che ha durante l’intervallo della finale.
Dall’altra parte abbiamo il Festival di Sanremo: una serie di serate di musica leggera lunghissime, a volte interminabili, alla conclusione delle quali si incorona un vincitore che spesso viene selezionato già nei primi due giorni di esibizioni nel piccolo nucleo di cantanti davvero interessati alla competizione e che non si trovino in Liguria soltanto per lanciare un singolo o trovare visibilità.
Tanto fumo
Perché per molti Sanremo è questo, un trampolino. La possibilità di esibirsi davanti a una platea potenzialmente persino più ampia del nostro paese è già un risultato per tutti quegli artisti poco noti che gareggiano tra i big pur non avendone blasone, numero di fan e dati di vendita. Così come per molte star che hanno già imboccato il viale del tramonto. Se l’obiettivo è partecipare, e non vincere, il livello musicale non può che risentirne (De Coubertin mi perdonerà). E allora perché mai il festival è circondato da tutto questo rumore? Per quale motivo ne sentiamo parlare da settimane sui canali nazionali con dirette quotidiane e anticipazioni delle quali ci interessa ben poco? Qual è la ragione per la quale si vuole fabbricare una simile attesa per un mediocre concorso canoro? Si tratta di marketing, puro e semplice.
Sentirne quotidianamente parlare genera la cosiddetta FOMO, la paura di perdersi qualcosa, dall’inglese fear of missing out, attirandoci verso il soggetto della continua promozione. Ed è un peccato che una cassa di risonanza come quella sanremese, che può vantare ospiti di livello come il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non riesca ad allestire un festival musicale più valido. Per potersi fregiare del titolo di evento televisivo italiano dell’anno, non basta poter sfruttare un apparato pubblicitario colossale, intavolato grazie a mamma Rai. Occorre qualcosa di più di tutto questo fumo negli occhi.
Crediti fotografici: La Stampa
Un commento
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No, in effetti non dovremmo interessarcene. Eppure, lei se ne interessa….