Non è un paese per laureati, il paradosso di Visco-Abravanel
Il governatore della Banca di Italia, Ignazio Visco, in controtendenza con quanto si legge di solito, ha affermato che i laureati italiani sono pagati poco, ciò scoraggia le famiglie e gli individui ad investire nella propria formazione, perché non è redditizio. Con buona pace di Roger Abravanel, che invece sostiene che è colpa della scuola scadente che non forma adeguatamente gli studenti.
Adesso, seguitemi per un qualche minuto in un piccolo esperimento mentale.
Immaginate un paese, che per comodità chiamiamo Italia, dove le aziende hanno bisogno di una risorsa che sempre per comodità chiamiamo laureato/a. In questo paese, l’associazione delle imprese e famosi editorialisti di prestigiosi giornali sostengono quanto segue:
a. il laureato/a prodotto in Italia è di bassa qualità, perché l’azienda, chiamiamola università, che li produce non tiene conto delle esigenze delle aziende clienti;
b. il prezzo del laureato/a è mediamente più elevato di quello di altri paesi, indipendentemente da dove è prodotto.
Immaginate pure che questa Italia fa parte di una comunità di paesi per cui:
c. non ci sono vincoli all’importazione ed esportazione di laureato/a.
Se queste premesse sono vere, come sostengono gli editorialisti di questo paese immaginario, che possiamo battezzare Giavazzi, Giavazzi&Alesina e Roger Abravanel, le aziende che operano in Italia avrebbero a disposizione diverse opzioni:
1. importare laureati a prodotto all’estero e ignorare quello prodotto in loco. Insomma, se uno leggesse solo gli articoli di costoro, dovrebbe supporre che le aziende in questa Italia sono imbottite di laureati stranieri e che alla frontiera ci sono file chilometriche e ordinatissime di tir carichi di laureati stranieri che non attendono altro che di entrare in Italia dove il prezzo del laureato/a è più alto.
2. Le aziende italiane avrebbero interesse ad aprire centri di ricerche all’estero, per sfruttare al meglio laureato di qualità più elevata ad un prezzo più basso.
3. Le sedi italiane delle multinazionali non dovrebbero nemmeno pensare di comprare laureato italiano, ma insediarsi direttamente con i loro laureati di altissima qualità prodotto all’estero.
Invece, basta aggirarsi per qualche azienda di questo paese immaginario per verificare che di laureato straniero ce n’è pochissimo e in generale di laureato/a locale poco, se confrontato con gli altri paesi immaginari. Nemmeno le sedi locali delle multinazionali, per le quali l’approvvigionamento dovrebbe essere più facile, hanno un tasso di laureato straniero maggiore delle sedi delle altre nazioni.
Insomma, le immaginifiche ipotesi dei nostri valenti editorialisti non trovano molti riscontro.
Ora vorrei condividere con voi un aneddoto, senza alcuna ambizione di rappresentatività, che mi è capito in un paese reale omonimo di quello immaginato poche righe sopra.
Qualche anno fa ho partecipato ad uno studio commissionato da una famosa associazione di categoria delle imprese. Lo studio consisteva nel valutare il posizionamento competitivo, in termini di innovazione e capacità commerciale, di un campione di medie aziende eccellenti della Lombardia.
Lo sponsor della ricerca era un imprenditore di successo, che esportava in tutto il mondo, e che aveva un ruolo importante in ambito associativo per i temi dell’innovazione e della competitività. Una delle prime cose che spiegò, mentre ci faceva visitare il suo stabilimento, fu che l’anno precedente aveva licenziato i 4 ingegneri che lavoravano in azienda per sostituirli con quattro periti. A suo avviso, erano sufficienti le competenze da perito per svolgere quelle mansioni.
Forse la morale è che le aziende italiane pagano poco i laureati non perché vogliono sfruttarne le competenze ma perché non sanno che farsene di quelle competenze da laureati. In fin dei conti, in un qualche modo sia pure paradossale, ha ragione Abravanel: la scuola si ostina a formare ingegneri mentre le aziende vogliono solo periti.
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In copertina, Dustin Hoffman in una scena de Il Laureato (1967)
2 Commenti
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Caro Greco, prima di scrivere un articolo bisogna almeno essersi preparati. Sono certo che non ha letto il libro di abravanel per esempio. Prima lo legga e poi commenti altrimenti si scrivono solo fantasie
Grazie del consiglio. Mi permetta però di fare altrettanto e di leggere il blog di Abravanel, meritocrazia, di cui sono certo è stato un fedele lettore. Saluti