Tunisia: la storia di Mabrouk, 16 anni, ucciso da un gruppo terroristico

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18 Novembre 2015

La storia di Mabrouk Soltani, un ragazzo di 16 anni che venerdì pomeriggio, prima degli attentati a Parigi, è stato ucciso da un gruppo di terroristi.

La storia Mabrouk fa discutere. Non solo perché è terribile, non solo perché si tratta ancora di terrorismo, ma anche perché sabato 14 novembre, il giorno seguente alla morte del ragazzo, il presidente tunisino Beji Caid Essebsi stava commemorando sì dei morti, ma quelli francesi insieme a François Hollande all’Eliseo, a Parigi.

Mabrouk Soltani era un pastore sulle montagne, a Jebel Mghila nel governatorato di Sidi Bouzid (zona nel centro del Paese “famosa” perché fu lì che nel 2011 Mohamed Bouazizi si diede fuoco per protesta: nei giorni che seguirono scoppiò quella che fu definita la Rivolta dei Gelsomini).

Venerdì 13 novembre Mabrouk è stato decapitato da un gruppo di terroristi in montagna, la sua testa è stata inviata alla famiglia e il corpo è stata recuperato solo il giorno seguente.

La denuncia arriva da Mohamed, 20 anni, fratello di Mabrouk, intervistato dalla stampa tunisina (qui il video in arabo di NessmaTV): «Per la prima volta nella storia (del paese, ndr) una testa passa la notte nel frigorifero mentre il corpo resta in montagna».

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Intanto chi sono i “terroristi”? Le operazioni militari, scattate (in ritardo) hanno fatto due morti (un soldato e un combattente), hanno permesso di identificare  il gruppo come appartenente a Katibat Okba Ibn Nafaa, una cellula legata ad Al Qaida nel Nord Africa.

I testimoni, nei racconti dei media locali dicono che Mabrouk e il cugino, Nessim Soltani, stavano portando le bestie a cercare acqua. Sarebbero stati fermati dal gruppo, che li ha accusati di essere delle spie per le forze di sicurezza. Vengono aggrediti, Mabrouk decapitato. Nessim viene obbligato a portare la testa del cugino alla famiglia. La notizia è stata data all’Afp da Walid Louguini, responsabile della comunicazione per il Ministero degli Interni.

Il giorno successivo è partita la ricerca del corpo: né l’esercito né la polizia hanno aiutato nelle operazioni, le autorità si sono manifestate troppo tardi e, solo nei giorni successivi, l’esercito è stato inviato a cercare i responsabili. Al funerale di Mabrouk c’erano il ministro degli Interni e altre autorità, che sono state accolte dalla famiglia e dalla popolazione con insulti e slogan legati alla Rivoluzione.

La zona del Mghila, dove vive la famiglia di Mabrouk è molto povera: non ci sono strade, non c’è acqua corrente e la scuola è molto distante, la donne muoiono di parto, perché l’ospedale è lontano. Queste cose le ha raccontate Nessim, il cugino di Mabrouk, intervistato da NessmaTv: un video che sta diventando virale in Tunisia, che ha commosso il Paese e che ha contribuito a far smuovere il governo per inviare fondi nella regione.

Nessim (qui la trascrizione in francese) racconta che Mabrouk aveva già avuto a che fare con il gruppo che lo ha ucciso: lo avevano minacciato, dicendogli che sapevano tutto di lui e che se il giovane avesse fatto la spia l’avrebbe pagata. Nassim racconta come, in una zona dove non c’è nulla, tantomeno il lavoro, e dove lo Stato non arriva, se il pericolo non è rappresentato da una minaccia di morte, si trasforma nel rischio di venir reclutati. «Ho 20 anni, non ho mai visto un rappresentante dello Stato visitare la regione, la patria la conosco solo perché ho una carta di identità. (…) Non ho mai votato, non so nemmeno come si fa». Jelma, il centro più vicino, è una zona nota per traffici e contrabbando. «Viviamo in una tale povertà che il terrorismo ci può comprare».

Le Point descrive la regione così: «Questa zona, vittima di sottosviluppo, disoccupazione di massa e povertà è il terreno ideale per reclutare combattenti per il jihad. Sulla strada principale di Sidi Bouzid una moschea manifesta le sue simpatie salafite mentre uomini in abiti “afghani” non fanno nulla per nascondersi. La geografia della regione, tra grotte, foreste e deserti è perfetta per l’azione di piccoli gruppi mobili. Questo governatorato, da sempre marginalizzato, subisce l’assenza dello Stato, la mancanza di speranza e i crimini dei terroristi, che ormai sono contro i civili».

La Tunsia e il terrorismo: il paese è il primo “esportatore” di combattenti in Medio Oriente ed è stato vittima di due attentati di grossa portata, al Museo del Bardo e a Sousse (a giugno e a maggio 2015), entrambi rivendicati dall’Isis. Se prima della Rivoluzione questi atti erano rivolti essenzialmente all’esercito e alla politica, ora sono i civili ad essere presi di mira, fatto nuovo per il Paese.

Qualche mese fa un altro pastore, a Kasserine (a Nord-est del Paese), è stato ucciso dallo stesso gruppo, sempre con il sospetto di collaborazionismo con la polizia (le autorità hanno negato legami in entrambi i casi). In agosto un iman è stato ucciso a colpi di arma da fuoco per aver celebrato i funerali di un soldato morto durante uno scontro con gruppi di miliziani.

Béji Caïd Essebsi martedì 17 novembre ha ricevuto la famiglia Soltani e ha promesso aiuti a loro e all’intera regione.

La storia di Mabrouk ha fatto discutere e ha commosso tutto il Paese: una campagna di raccolta fondi è stata lanciata per aiutare la famiglia.

 

Foto: Sidi Bouzid/Wikimedia – Tunisi, 2011: F.Barca

TAG: al qaeda, terrorismo, tunisa, Tunisi
CAT: Parigi

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