Le biografie del comico e polemista Beppe Grillo e dello scrittore Philip K. Dick, autore di fantascienza reso famoso dal film “Blade Runner”, probabilmente non si sono mai incrociate. Ma l’ultima uscita del cofondatore del Movimento Cinque Stelle, e cioè l’idea che un Parlamento sorteggiato sarebbe meglio di uno eletto, potrebbe benissimo far parte della trama di un romanzo di Dick.
Non è una boutade. Ed è una questione molto meno assurda di come alcuni media abbiano raccontato nei giorni scorsi, con la solita superficialità, le cose dette da Grillo.
A metà anni Cinquanta Dick, un giovane irrequieto che da un po’ di tempo scriveva racconti di fantascienza, pubblicò il suo primo romanzo Sci-Fi intitolato Solar Lottery, Lotteria Solare, che sarebbe comparso in Italia tre anni dopo con il titolo Il disco di fiamma.
La trama del romanzo è complicata, ma ci interessa soprattutto il contesto. Nel 2202 l’umanità ha conquistato e popolato tutto il sistema solare. Il “sistema” è dominato dalle multinazionali. Le istituzioni sono guidate invece dal Quizmaster, il leader, che viene sorteggiato da una macchina tra quanti hanno i requisiti (è un sistema quasi a caste) con un metodo, detto minimax, che viene dalla teoria dei giochi e che esiste davvero.
Per evitare che il Quizmaster abbia troppo potere e diventi un dittatore è ammesso però che a intervalli regolari uno sfidante possa provare a ucciderlo. Il Quizmaster è difeso da un scorta di telepati in grado di intercettare l’assassino potenziale.
Come spiega uno dei personaggi: “Perché esiste il processo Sfida? Il sistema dell’urna serve a proteggerci. Dà successo e lo toglie, sceglie individui imprevedibili a intervalli irregolari. Nessuno può ottenere il potere e tenerselo: nessuno sa quale sarà il suo stato l’anno prossimo o la prossima settimana. Nessuno può contare di diventare un dittatore: l’urna va e viene secondo il movimento delle molecole subatomiche. La Sfida ci protegge dal resto. Ci protegge dagli incompetenti, dagli sciocchi e dai pazzi. Siamo totalmente al sicuro: niente despoti e niente idioti”.
Il sistema del sorteggio in realtà non è limitato solo alla trama di un romanzo. Ad Atene – che consideriamo una democrazia, ma che non prevedeva il voto delle donne, degli schiavi, di coloro che erano nati altrove e di quelli che non avevano fatto il servizio militare – veniva utilizzato il sorteggio per assegnare una serie di cariche. Ma gli esempi sono numerosi, e se volete, in Rete, ne trovare un bel po’.
Un tipo specifico di sorteggio è tutt’ora in uso in Italia, e vi ha accennato lo stesso Grillo: quello dei giudici popolari, scelti a caso tra un certo numero di cittadini che hanno i requisiti necessari.
La questione del sorteggio in politica continua ad affascinare gli studiosi. Nell’esperienza storica è stata praticamente limitata a certe cariche e utilizzata in sistemi che potremmo definire più aristocratici che democratici; ma ci sono esempi anche recenti di assemblee consultive, in paesi nordeuropei, nominate con quel sistema.
Del resto, se accettiamo il principio dell’eguaglianza alla base della democrazia, accettiamo anche l’idea che ognuno sia in grado di rappresentare gli altri: non in base alle competenze, al titolo di studio, al censo, ma semplicemente perché è un cittadino maggiorenne, in possesso delle proprie facoltà mentali, che non è stato condannato per una certa serie di reati. Il cittadino-parlamentare si appoggia poi sui tecnici, cioè sugli esperti, per maturare un’opinione, un convincimento, sui temi per i quali è chiamato a esprimere il proprio voto.
Nel sistema politico che genericamente chiamiamo democrazia rappresentativa nessuno di fatto esprime il proprio voto sulla base della riconosciuta ed evidente competenza del candidato, anche se qualche strampalata teoria razionalista magari lo pretende, per la semplice ragione che la competenza a rappresentare non si certifica.
Votiamo per interesse personale, per passione, per simpatia, per quello che riteniamo essere il nostro interesse di classe o di gruppo. Votiamo per qualcuno perché speriamo che faccia bene anche se non ha mai ricoperto quell’incarico, in una scelta che sa più di fede che di altro.
Quindi, non è così assurdo pensare che in un consesso di eguali si possa utilizzare il sorteggio. O che il sorteggio possa essere utilizzato in certi contesti, così come in una democrazia rappresentativa come la nostra sono previsti comunque i referendum, che sono uno strumento di democrazia diretta.
Del resto, in teoria, un Parlamento sorteggiato consentirebbe una rappresentanza delle varie “categorie” di elettori più equilibrata di quella ottenuta col voto.
Ovviamente, un sistema così fatto annullerebbe le differenze ideologiche (che per me restano importanti), almeno in fase di sorteggio, perché non si voterebbe più per un partito. Ma i sorteggiati potrebbero poi ritrovarsi e unirsi in base alle affinità elettive, alla specifica visione del mondo.
Certo, lo stesso Dick ci ricorda che anche il sorteggio non è infallibile. Tant’è che nel romanzo già citato l’ultimo Quizmaster sorteggiato, un semplice tecnico, ha trovato in realtà il modo di hackerare la macchina e quindi di determinare il risultato, per perseguire i suoi scopi (è il seguace di una teoria secondo cui nel sistema solare c’è un decimo pianeta, una sorta di Eden, e vuole inviare una missione a scoprirlo).
Ma, fantascienza a parte, diversi studi mettono in discussione anche la pretesa efficienza insita nel sistema del sorteggio, per esempio per la nomina di organismi amministrativi.
Possiamo dire che anche il sorteggio non è un sistema perfetto: ma la discussione in realtà, soprattutto nel mondo accademico – non sono molti oggi i politici interessati a participare ai dibattiti intellettuali – è tutt’altro che conclusa, e non si tratta certo di un confronto tra democratici e antidemocratici. Mentre su certi media italiani Grillo, che ha spesso modi pittoreschi e stravaganti, talvolta fastidiosi, è una figura contraddittoria e discussa, viene raffigurato quasi come un criptofascista.
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