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Partiti e politici

A sinistra c’è un’indecenza comoda, borghese. Andrebbe almeno riconosciuta

di Michele Fusco
28 Gennaio 2020

La capacità di rimozione delle persone di sinistra è sempre molto sorprendente. Di uomini e di donne, dove le donne, a cui si attribuirebbe generalmente un decoro e una profondità maggiori dei colleghi maschi, in realtà si adeguano in maniera politicamente asessuata. È un corpaccione indistinto che si muove lungo la dorsale della tranquillità personale, quella tranquillità che ti fa chiedere appena sveglio/a (ammesso che tu non sappia già): ma come è andata in Emilia?
Al che, saputo che il fiero leccatore di salamelle è stato ricacciato indietro, pensare che la tua soddisfazione politica è raggiunta, non hai altre grandi cose da chiedere alla vita (politica), senza ulteriori slanci o pretese fior di conio. Se ci pensate, è già il terzo grande sospirone di sollievo che le persone di sinistra tirano in pochissimi mesi. Il primo fu l’abbattimento del governo maledetto, quel Consiglio del Papeete a presidenza Salvini. Fu senz’altro un gran momento di rimozione. Il secondo, dove alla rimozione si aggiunse l’indecenza – altro grande tratto distintivo delle persone di sinistra – fu, appunto, la modificazione genetica della decenza sotto forma renziana, inventandosi, il nostro, il governo che abbiamo ancora sotto gli occhi. Il terzo sospiro di sollievo è adesso, con l’Emilia conservata grazie al rocker Bonaccini. Valutando con un cicinin di distacco, si dovrà notare che di sospiro in sospiro, l’automatismo con cui le persone di sinistra accettano che il livello della politica si inabissi, sino a legare i destini delle proprie disperazioni a quelli di una sola regione, anche se estremamente simbolica come l’Emilia-Romagna, è davvero un segno di questo tempo malato. Ma tant’è, nella discesa progressiva verso la conservazione del privilegio di “governare”, cosa deve accadere ancora perché la poltrona a cui la persona di sinistra si è inchiavardata cominci insopportabilmente a scottare? E non serve nemmeno più avvertirla che quel suo stato d’animo è completamente ricompreso dalla politica del “Foglio”, che basterebbe questo a far uscire dagli armadi qualche mazza da baseball.

Quando una visione collettiva è così malinconicamente borghese, bloccata, la prima reazione è guardarsi intorno in cerca di un ragazzo. Del suo sguardo. Della sua eventuale incazzatura. Scrutarne il tasso di (in)sopportabilità. Chi ha figli guarderà in casa, ma fuori avrà l’idea anche più chiara e più larga di quel che accade. E qualcosa è pur accaduto in quest’ultimo scorcio, se è nato il movimento delle Sardine. È nato, appunto, sull’idea che non fosse più tollerabile lo stato di inazione della politica. Cioè, i ragazzi si sono accorti di una paralisi intellettuale, di una tensione malsana alla conservazione, di un interesse assolutamente privato e privatistico della cosa pubblica. E se ne sono accorti, evidentemente, guardando prima di tutto i genitori, che si baloccavano in casa con le loro stronzatine di sinistra, e poi, in maniera plastica, nell’evoluzione parassitaria che la sinistra strettamente politica continuava a esercitare sulla vita pubblica del Paese. Al che, con un folgorante e inaspettato passaparola comune, si è prodotto il miracolo di ritrovarsi tutti sotto lo stesso cielo di stelle. Tutto questo ha scosso i partiti, ovviamente, che hanno cominciato, anche legittimamente, la faticosa rincorsa al Nuovo Fenomeno, considerandone anche gli aspetti più evidentemente elettorali. Lasciamo stare i millemila consigli che più o meno spassionatamente ognuno ha voluto dispensare a Santori e compagni. Concentriamoci piuttosto sulla possibilità che questi ragazzi possano determinare davvero una scossa nel tessuto più “borghese” della società. A questo si tendeva negli anni ’70. A essere sgraditi, innanzitutto. Vale ancora essere sgraditi in questo tempo o è fardello troppo pesante da portare? Nella capacità di resistenza, nel livello di resistenza, c’è la chiave per non essere risucchiati dai “carini” di sinistra e dalla loro piacevolissima melassa.
Quanto all’Emilia che ha scacciato via l’orco, sappiamo dai numeri che i delusi Cinquestelle hanno contribuito al successo di Bonaccini e alla tenuta del Pd. Da qui il paradosso che grazie a grillini stanchi, ora il Partito Democratico farà la voce grossa con i grillini ortodossi per rimodulare il peso di un’alleanza. Tutte piccole dinamiche, cabotaggio da scopetta con gli amici. Conservazione sino a fine legislatura, naturalmente “per il bene del Paese”. Sospiro di sollievo dopo sospiro di sollievo. È questo il livello della politica che gli elettori di sinistra chiedono per le loro vite, si è così inabissato l’orgoglio di un popolo che ha visto storie memorabili, oppure si dovrà dare solenne conferma a quel sospetto secondo cui di quelle pretese identitarie, che un tempo fecero di quel partito “il” partito, oggi conserviamo solo l’assunto principale e cioè che la sinistra è sempre e invariabilmente dalla parte giusta e sol per questo meritevole di governare?

Eppure sconcerta ancora, anche negli osservatori più cinici e scafati, che a sinistra non sia in atto una rivoluzione culturale. Sarebbe il tempo, perdio. Ma perché non accade? Perché tutto scorre, onanisticamente e follemente, solo sul filo dei social, come panni stesi da ritirare asciutti verso sera e riporre ordinatamente negli armadi? Troppo perbene le sardine, e probabilmente anch’esse evidentemente legate a processi familiari che in realtà dovrebbero combattere. Non c’era dialogo una volta coi genitori, lo scarto generazionale faceva da diga a ogni possibile ricongiunzione sociale e intellettuale. Sta vincendo l’indecenza a sinistra, tra capacità di rimozione, assenza emozionale, attitudine a una tranquillità borghese. È una strada anche questa, sia chiaro. Andrebbe dignitosamente riconosciuta, almeno.

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