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Partiti e politici

B. e Cdb, ex-allegri miliardari che vogliono tutto chiuso proprio come noi

di Michele Fusco
21 Ottobre 2020

B. e Cdb sono due vecchi miliardari. Uno del ’36, l’altro del ’34, si sono lungamente detestati, e Cdb sempre rivendica, come massima masturbatio intellettuale, quei 500 milioni di euro del Lodo Mondadori che gli ha sfilato dalle tasche dopo estenuante ping pong giudiziario. Oggi i due si ritrovano sotto lo stesso tetto, nel senso che hanno una paura fottuta di morire. Una paura che viene da lontano, visto che sono anni che hanno il terrore delle malattie. Se di Cdb sappiamo per interposta (e fidatissima) persona, del caro, vecchio, Silvio, invece sappiamo di primissima mano, avendolo conosciuto come pochi altri. Quella volta in gelateria, via Vincenzo Monti a Milano, prese a parlarci di Ebola, era quello il tempo, immaginando scenari apocalittici. Dall’Africa, raccontava, “mi arrivano racconti allucinanti, vengono bruciate le case dei contagiati, lei capisce che è un attimo che arrivi anche qui da noi”. Inutilmente tentai di buttarla in politica, la nostra inutile politichetta. A B. non interessava più una cippa. I due adesso sono spariti. B. ha raggiunto il suo buon retiro provenzale, il villone di Marina da cui non intende schiodare sino a quando Milano non risplenderà di margherite. Peraltro, al suo attivo ha già un Covid-19, per cui al vecchio timor panico si è aggiunta piena consapevolezza. Sappiate che i suoi uomini, disposti sulle torrette della villa, sparano a cinquecento metri. Il “luogo” di Cdb, invece, è totalmente sconosciuto. Nessuno lo sa, non è Dogliani, non sarebbe Sankt Moritz. Quello che appare chiarissimo è che l’Ingegnere ha preso in mano la direzione del “Domani” e lo ha portato su una linea di intransigenza assoluta. Stefano Feltri, pur leggermente meno pessimista, non ha potuto opporre resistenza. Cdb è per una chiusura totale, un coprifuoco H24 dove non girano neppure le pantegane.

Ma i due, pur essendo miliardari, non sono diversi da noi. Stavolta non sono diversi da noi. Hanno le nostre stesse paure, le paure dei vecchi ultra ottantenni, che però il virus che è stronzo ha rimodellato in paure molto più giovani, perché autonomamente e senza chiedere il permesso il Covid-19 ha bussato anche ai più giovani, ai tonici, a quelli fighi, persino ai conduttori televisivi. Ha pizzicato persino Porro, pensate un po’. E Porro che era per il tutto aperto, adesso è per il tutto aperto cum jucio. Se permettete, è già un bel passo in avanti. Ma ci è salito un po’ di sconforto quando larghi pezzi di Paese si sono (ri)svegliati, avendone un sussulto, sotto la narrazione angosciosa di Massimo Giannini, che dal suo letto di terapia sub-intensiva ha spiegato un concetto elementare: se volete vincere questa battaglia, dovete rinunciare a “quote di libertà”. Ha scritto proprio così, “quote di libertà”. E lo ha scritto sul giornale dalle più larghe e antiche tradizioni liberali, La Stampa di Torino. Nessuno dei liberali che fanno la voce grossa in rete e che a marzo scorso parlarono addirittura di “libertà violate”, ha avuto il buon cuore di commentare, né la virtuosa di pandettistica Azzollini, né la direttrice del Bruno Leoni, Serena Sileoni. Su un po’ più di coraggio, liberalesse. Affidiamo il senso alto di un missione quasi impossibile, cioè riportarle sulla terra, al migliore di tutte loro, il Franco De Benedetti già ingegnere nucleare per studi fatti, e persona di rara eleganza (anche esteriore).

Ma insomma, quel grido di Giannini era già chiarissimo, molto prima della sua sventurata malattia. Era evidente sin da marzo scorso che nella rinuncia, nella privazione, precetti quasi cristiani, risiedesse la formuletta magica dello star meglio tutti quanti, avendo tutti meno disposizione alla socialità, anche se imposta dall’alto come policy di casa Italia. Certo è terribile sfangare un pericolo attraverso la solitudine. Una medicina quasi insopportabile. Indigeribile. Un contrappasso che appare studiato a tavolino per irretire quel poco di buona disposizione d’animo che ci era rimasta. Ma di fronte alla paura della morte, ampiamente rappresentata dai miliardari ridens di cui sopra, chi può avere il coraggio di opporre l’indispensabilità, per esempio, dei parrucchieri, come qualche animuccia bella della rete va cianciando, o l’esigenza primaria del fitness come ragione di vita? Vi è chiaro o no che del vostro benessere fisico, del vostro punto vita, dei muscoli smerigliati di qualche bellimbusto da movida non ce ne frega assolutamente un cazzo? Si difendano piuttosto le scuole, vero presidio controllato, che in termini di sicurezza sanitaria stanno dando buoni risultati. Tutto il resto, ciò che riguarda la democrazia delle piccole cose, ve lo dovete togliere dalla testa per un po’. Ci rimetterà l’economia? È un costo da pagare, anch’esso inevitabile. Abbiamo ben visto come si è rimessa in moto in questi due mesi estivi. Giravano i soldi e girava anche il virus. Chi ha vinto alla fine?

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