Hey, buon borghese, ma davvero voterai Salvini senza neanche un po’ di vergogna?

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15 Marzo 2015

C’è più di un benpensante che alle prossime elezioni voterà Salvini. Ognuno ha un suo raggio quotidiano, in cui far convergere umori, sensazioni, confidenze ascoltate, sussurri rubati, nel mio continuano a piovere sollecitazioni in questo senso. Una parte di classe borghese (poi bisognerà intendersi su cosa sia oggi) identifica in Salvini una sorta di «liberatore». Liberazione da molte cose. Liberazione dai fastidi, innanzitutto, o almeno quelli che noi viviamo come tali: quelli che hanno invaso le nostre città e non ne hanno diritto, quelli che mettono paura alle nostre famiglie, quelli che occupano abusivamente le case, quelli che rubano, quelli che uccidono senza motivo (ultimo tragico caso a Terni). Nei pensieri e nelle parole di Salvini, un buon 85% dei fastidi di cui sopra sono ascrivibili a non-italiani, per le nazionalità non c’è che l’imbarazzo della scelta. Quelli che uccidono per un “nobile motivo” allora sono ovviamente italiani, vedi il caso del benzinaio Stacchio.

Un tempo, ai benpensanti non corrispondevano i borghesi, a questi ultimi semmai soccorreva la cultura nell’esame dei problemi e le visioni liquidatorie non appartenevano a una certa idea di mondo. Se ora le due visioni non configgono più, anzi spesso si sovrappongono, è anche perché negli ultimi vent’anni nessuno si è più preso in carico i destini di una certa borghesia. Per dire: Monti avrebbe forse potuto, ma nessuno poteva immaginare quella vena distruttiva che lo portò a barattare i principi liberali con una sete di potere francamente inimmaginabile. E che lo fece finire rovinosamente (e meritatamente) sugli scogli grazie all’alleanza con quei pachidermi di Fini e Casini. Come tutti sanno, se il professore della Bocconi fosse rimasto immobile come una mummia, il suo ineluttabile destino sarebbe stato quello di finire al Quirinale al posto di Napolitano.

Oggi una parte di borghesia vota certamente Matteo Renzi, non senza una qualche punta di sarcasmo dovuta alla fragile dimensione culturale del nostro presidente del Consiglio. Più di qualche legittimo sopracciò intellettuale, possono naturalmente gli interessi personali e una certa decenza complessiva del Pd sui temi solidali (non granchè in verità). Ma a tutti quelli a cui il cotè equo-solidale interessa poco o punto, e anzi eleggono il portafoglio a stella polare della propria esistenza, l’unico approdo di una certa energia risolutiva è Matteo Salvini. Al quale, in realtà, farebbero difetto anche le più elementari nozioni di economia, che però, nella testa di questi “nuovi” borghesi, vengono considerate paradossalmente secondarie rispetto alle esibizioni più muscolari del leader della Lega.

Prendiamo la categoria dei commercianti, particolarmente colpita dal carattere del nostro giovane padano. I commercianti hanno generalmente pochi dipendenti e dunque blandamente interessati alle dinamiche un po’ complicate del Jobs-Act. L’aspetto più attrattivo è un certo ordine, nel senso di una disciplina complessiva dei comportamenti. Il commerciante non dà troppa importanza a una scala di valori, né gli interessano i punti distintivi dei fumosi programmi politici. Gli resta forse in testa – così, come immagine campione, «tassare la prostituzione». Ma il resto gli entra da un orecchio e gli esce dall’altro. Il commerciante è orfano di Berlusconi, il quale semmai ha tassato la prostituzione in un modo più suggestivo. Il commerciante ama chi alza la voce per difendere “le nostre cose”, perché la proprietà privata rimane, ancora e sempre, una divinità a cui rendere il necessario omaggio.

Non paia offensivo ridurre il mondo tra chi ha cultura e chi della cultura non sa che farsene. Ma questo sembra essere il punto. E naturalmente qui non si vuole intendere che chi non ha cultura non è un cittadino probo, ci mancherebbe. Ma chi non ne ha o ne ha in ridottissima quantità, arriva molto prima a una visione “liquidatoria” dei problemi. Sarà forse un caso, ma Giulio Tremonti che non è certamente un bru-bru ma non è affatto detto che sia uomo di cultura nonostante buoni studi, ha pronunciato la frase più volgare degli ultimi vent’anni (era berlusconiana): «Con la cultura non si mangia». E Tremonti con la Lega di Bossi è sempre stato pappa e ciccia.

Ogni azione (militare) di Matteo Salvini è mirata a sollevare di entusiasmo muscolare la parte più dormiente di noi, quella in fondo più politicamente corretta, quella che ci tiene ad apparire perbene, quella che sposta sempre un metro più in là il fastidio per gli immigrati. Lui ci viene vicino, titilla le nostre fragilità, ci dice sottovoce: tira fuori il leone che è in te, lo so che c’è, non te ne vergognare. In fondo, cedere è un attimo. Qui potete capire bene cos’è Matteo Salvini e come agisce su di noi. Mentre passeggia con Zaia in Veneto gli racconta con sereno piglio militare la sua prossima azione, in cui spazzerà via qualcosa, gli zozzoni o le nostre paure poco importa. «Faccio un blitz nell’ostello dove la gente è incazzata per i profughi».

Vuoi fare anche tu un blitz con Matteo Salvini? Lascia le pantofole e infilati una mimetica. Dopo ti sentirai meglio.

TAG: luca zaia, matteo salvini
CAT: Partiti e politici

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