I conflitti e le rimozioni. Sulla nascita di Sinistra Italiana

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8 Febbraio 2017

Di solito, quando due schieramenti all’interno dello stesso partito si accusano l’un l’altro di aver truccato le carte, di aver prodotto un tesseramento fasullo, di aver brigato per accorpare i congressi secondo le proprie convenienze, significa che siamo alla fine di una storia, e che la scissione è ormai cosa fatta.

Osservando le vicende di Sinistra Italiana, si potrebbe scherzare dicendo che è stato battuto un record, perché questa volta le lacerazioni non sono in un partito che è alla fine della propria corsa, ma in una formazione politica che deve ancora tenere il proprio congresso di fondazione, che infatti sarà a Rimini dal 17 al 19 febbraio.

Dall’esterno, e semplificando all’osso, la questione politica che divide i due fronti è quella, ultraclassica, del rapporto con il PD: chi vorrebbe essere autonomo ma propenso ad un accordo, avendo come orizzonte la ricostruzione del centrosinistra, e chi vorrebbe essere autonomo e basta, ritenendo – almeno in questa fase – impossibile ogni riedizione dell’alleanza che si è presentata alle elezioni politiche del 2013.

Naturalmente questa differenza di punti di vista – presente da sempre – è stata rafforzata dal risultato del recente referendum del 4 dicembre, e dai sommovimenti che lo hanno seguito: già l’iniziativa di Pisapia, che si propone di creare il famoso – e indefinito – “campo largo e progressista”, ha attratto molti della costituenda SI; a maggior ragione l’ipotesi di scissione ventilata da D’Alema ha creato fibrillazioni a non finire.

Quali saranno gli sviluppi lo vedremo. Si potrebbe concludere che non è nemmeno importante: scontri interni ad un soggetto politico poco rilevante, come hanno dimostrato anche gli appuntamenti elettorali di Roma e Torino, destinato al meglio ad una esistenza stentata e marginale.

Forse, però, vale la pena ricordare che Sinistra Italiana è, per la gran parte, l’erede di Sinistra Ecologia e Libertà. Questo piccolo partito, a cavallo fra il 2009 e il 2012, è stato una novità importante, capace di mettere in discussione le gerarchie del centro sinistra; Nichi Vendola, fondatore e leader indiscusso, veniva indicato da alcuni come il “papa straniero” che avrebbe potuto scalare un PD allora in grande difficoltà.
Due volte vincitore in Puglia, dopo uno scontro duro con il PD, Vendola era riuscito a esportare la sua famosa – e barocca, e logorroica, certo… – narrazione, contribuendo a far vincere candidati alternativi come Zedda a Cagliari e, soprattutto, Pisapia a Milano, divenuto di fatto il simbolo di quella stagione.

A fronte, come si diceva, di un PD uscito frastornato dalla gestione Veltroni , e di una sinistra radicale cancellata dall’esperienza del cartello Sinistra Arcobaleno, SEL ha saputo fare interagire in maniera creativa una decisa vocazione di governo alla capacità di proporre visioni anche molto radicali nel governo del territorio. E le “Fabbriche di Nichi”, soprattutto nella sua Puglia, sono state un tentativo efficace di rianimare la partecipazione politica adattandosi ai tempi e alle aspettative delle generazioni più giovani.

Oggi tutto questo è molto lontano, nel tempo e soprattutto politicamente, ma allora fu un fenomeno abbastanza significativo. Quando oggi qualcuno si chiede se non sia possibile un populismo di sinistra, “alla Podemos”, beh, viene da pensare che Vendola e SEL, in quel periodo, siano stati ciò che in Italia ci è andato più vicino.

Poi, quella stagione si è conclusa. Il tentativo di perpetuarla, e di estendere a livello nazionale il modello dei sindaci “arancioni” è stato sconfitto nelle urne di inizio 2013. Perché ? Credo che ci siano pochi dubbi: ciò che ha ucciso in partenza ogni possibilità di successo del centrosinistra è stata la nascita del Governo Monti, a fine 2011. Si può discutere se il Governo Monti sia stato indispensabile o meno per salvare il paese da un esito di tipo greco; quel che sembra certo è che la formazione di quel governo, sostenuto da forze che fino al giorno prima si proclamavano fieramente alternative, ha ucciso in culla la possibilità di vittoria di quella che sarebbe stata la coalizione Italia Bene Comune; ha radicato nel pensiero di larghissima parte dell’elettorato l’idea che, al dunque, centrosinistra e centrodestra avessero un unico programma, quello imposto dalle burocrazie di Bruxelles; ha aperto un’autostrada a dieci corsie alla demagogia di Beppe Grillo, che ha potuto dilagare anche fra quelli che avevano vissuto il referendum sull’acqua pubblica e l’ondata dei sindaci arancioni come un momento in cui la sinistra ritornava almeno parzialmente ad essere sé stessa.

Lo spazio politico in cui SEL aveva agito con intelligenza si è improvvisamente chiuso, e così, alla fine, la funzione stessa di SEL è venuta meno. Prima dei risultati elettorali, sono state le primarie per la scelta del premier che lo hanno evidenziato: Bersani ha vinto per inerzia, Renzi si è mostrato in tutta la sua forza, pronto ad interpretare a modo suo la fase nuova che si sarebbe aperta, Vendola è rimasto una figura marginale, presenza opaca e poco significativa.

SEL è morta, di fatto, nel 2013; perché, dopo la sconfitta elettorale, in uno scenario del tutto inedito, non ha saputo nemmeno discutere in maniera approfondita al proprio interno, affrontando un congresso che definire reticente è un eufemismo. E in cui, comunque, hanno cominciato a manifestarsi quelle due linee che ancora oggi dilaniano Sinistra Italiana: in quel frangente, in vista delle Elezioni Europee del 2014, qualcuno più propenso a legarsi a Martin Schulz, esponente del socialismo tradizionale, altri orientati a seguire Tsipras, “per un’altra Europa”. La divisione del gruppo parlamentare, con alcuni parlamentari passati al PD, i problemi di Vendola nella vicenda ILVA e il suo ritirasi a vita privata dopo la conclusione del uso mandato nel 2015 hanno spento la luce su SEL, molto prima che ne venisse decretato formalmente lo scioglimento.
Cosa sarebbe successo se non ci fosse stato il Governo Monti ? Cosa se SEL avesse rinunciato all’alleanza con il PD e avesse provato ad occupare almeno in parte lo spazio che poi è stato di Grillo ? A cosa avrebbe portato pigiare l’acceleratore sull’elemento antisistema e “populista” che, dicevamo, era ben presente nell’ascesa di Nichi Vendola ?

Sono domande oziose, naturalmente, ma aiutano a capire che ciò che oggi lacera Sinistra Italiana non è esclusivamente un conflitto tra gruppi dirigenti che lottano per un minuscolo potere, ma la mancata elaborazione di quella sconfitta, se non la sua rimozione.E i nodi rimossi, è noto, riaffiorano potenti e paralizzanti.

TAG: Bersani, renzi, sel, sinistra, sinistra italiana, vendola
CAT: Partiti e politici

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