Crisi: dei due forni ne è rimasto uno solo

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23 Agosto 2019

Tre mesi d’incubazione ed ecco che, affatto inattesa, scoppia la “crisi”. Maturata con le Elezioni europee, siamo al redde rationem di un processo di esclusione del maggiore rastrellatore di voti che in Italia si sia mai conosciuto. Figlio dell’anideologia, riprende la vecchia litania delle cose da fare, ed a sentirlo, almeno in prima battuta, sembra che abbia ragione. Poi risentendo per la seconda volta, ti accorgi che racconta favolette come la Flat Tax, un sistema per far pagare le tasse due volte, la prima per rastrellare i 50 miliardi che occorrono e la seconda per la tassazione ufficiale.

Così all’indomani delle Europee, nasce l’idea di un fronte anti-Salvini che nessuno si aspettava innescasse lui stesso, in atto quasi di cupio dissolvi, anticipando quello che sarebbe comunque avvenuto prima o poi. Il prima si conosce, ma è il poi che assume un significato politico peculiare. E questa è la scadenza quirinalizia del 2022. Ossia una elezione al Colle con questa legislatura che nessuno vuole mandare a casa, tranne Salvini che conta sui sondaggi pre-crisi.

C’è una rara frattura tra paese reale e paese legale, per adottare la terminologia da prima Repubblica, forse mai così reale rispetto al passato e peraltro riconoscibile. La pubblica opinione, la gggente, vuole un cambiamento, ha il sacrosanto diritto di associarsi, di manifestare e di offrire alle Istituzioni proposte di rettifica delle cose che non vanno, dal diritto alla salute, ai diritti civili, alle politiche fiscali. Ma la Politica, quella d’antan, ha de-ideologizzato il rapporto cittadino-potere sottraendo il ruolo intermedio e costituzionale dei partiti di massa o comunque quelli tradizionali.

Demonizzare il ruolo dei partiti non solo ha creato una frattura tra opinione pubblica e istituzioni ma ha anche tolto il respiro dell’identità dei militanti, oggi ridotti a voci frammentate sui social dove esprimono in modo inelegante e sguaiato la loro sofferenza per non essere ascoltati.

Il M5S ha questa genesi: un moto spontaneo di protesta verso il potere e la corsa alla Bastiglia per creare una condizione sostitutiva della precedente. Ma il problema per loro resta sempre la proposta, parcellare e mal espressa.

La Politica dal volto classico è rimasta a guardare impotente perché non più votata ma non è scomparsa. Il ruolo di centralità del Parlamento con 216 seggi lo ha assunto un movimento di piazza, fluido ed è l’esatto opposto di quella centralità che DC e PSI hanno creato per anni. Questa prima differenza rende instabile lo stato delle cose e fluide al punto di poter intervenire in attesa che il progressivo indebolimento dei 5S crei le condizioni per un capovolgimento di fronte. Che questa centralità sia monca lo si desume anche dai 10 punti espressi che sembrano l’elenco della compagine ministeriale: ambiente, salute, infrastrutture etc. Ma di obiettivi concreti neanche uno, tranne il taglio della Democrazia rappresentativa, cha fa rivoltare le povere ossa del grande Giovanni Sartori. Il quale avrebbe ricordato che in questo modo si massacra la possibile partecipazione della società non politicizzata.

Ecco la genialità della soluzione tutta democristiana: lasciarli al potere per poter sbagliare e assecondarne la dissoluzione. Nel frattempo utilizzare questa debole centralità per l’elezione del 2022 che dia respiro politico fino al 2029. Confidando che qualcosa di positivo nel frattempo avvenga!

Ne deriva un secondo problema: come sostituire questa centralità? Il PD, unico e ultimo erede dei partiti di massa che un tempo sommavano il 70% dell’elettorato, sfrangiato ed eroso da personalismi insanabili, ha perso da tempo quell’appeal su cui Veltroni confidava con la vocazione bipartitica. E un gran vuoto si sente nell’area socialista, ruotino di scorta con un solo senatore appiattito peraltro al ruolo di Yesman.

Come finirà nessuno oggi lo può dire ma il destino di un monocolore 5S, o quello meno probabile della sommatoria di due partiti perdenti, 5S e PD, sembra la possibile riedizione della politica dei due forni al contrario, ossia ridotti ad uno solo in cui cuocere Grillo e Soci.

Moriremo Democristiani, ormai è certo. Anche perché manca un polo attrattivo di una sinistra socialista, solidarista che sappia parlare alla pubblica opinione mentre per ora parla, sempre che lo faccia, a sé stessa. Manca l’identità culturale di stampo ecclesiale che i Circoli Bianchi stanno cercando di ravvivare con le parole di Don Sturzo, Liberi e forti, manca la voce socialista. Per ora frammentata in mille vocalizi, che sappia ravvivare il principio ormai desueto della modernità del pensiero di Marx, in un mondo stracciato dal neoliberismo e saccheggiato dalla speculazione finanziaria anziché sviluppato da un’economia produttiva. Manca la dimensione geopolitica ampia, la capacità di vedere oltre il proprio orto, della saga di James Bond,  “l’Europa non basta più”, manca la strategia di un visionario che veda e preveda lo sviluppo regionale e interregionale del nostro Continente, manca la strategia dell’osare, la visione avanzata di quello sarà il nuovo lavoro e la nuova occupazione dei giovani. Insomma si vive alla giornata, con cronistoria di una politica arida e ingessata. Per fortuna c’è Qualcuno che pensa in termini di futuro, almeno fino al 2022 d.C.

TAG: crisi di governo, Pd, politica dei due forni, socialismo
CAT: Partiti e politici, Quirinale

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