La magnifica Rossanda: la sinistra del cuore
Anche per chi non è di sinistra, come chi scrive, aver appreso della recente dipartita di Rossana Rossanda è stata una notizia che giammai avremmo voluto ascoltare.
Era un’intellettuale – aveva partecipato attivamente anche alla Resistenza – che incuteva rispetto per aver coltivato le sue idee e la sua teoresi con un rigore stoico, che ne fa un monumento di coerenza politica.
Pur avendo aborrito le crudeltà del socialismo reale e del degenerato comunismo sovietico, Rossanda si è comunque professata ancora comunista. Perché il comunismo nella sua ontologia ideale (solo ideale) è la più splendida utopia che la Storia ci ha donato, sosteneva.
Di Lei avevano una deferenza tutti, anche il “Migliore”, Togliatti, che la volle nel comitato centrale del Partito Comunista Italiano ed a capo della “Casa della Cultura”a Milano.
Rossanda, allieva del filosofo Antonio Banfi, ha avuto il merito di colorare il suo impegno politico all’interno del Partito Comunista, sempre accompagnandolo con un originale sforzo di sintesi culturale. Infatti, proprio perché conoscitrice profonda della filosofia hegeliana e di quella di Marx, sul piano europeo ha avuto il privilegio di intessere relazioni con i migliori filosofi, Louis Althusser, György Lukács, Jean-Paul Sartre. Si ricordano le interviste pubblicate sulla rivista prima ed il quotidiano poi “Il Manifesto” e raccolte nello splendido libro “Quando si pensava in grande”.
Rossanda sosteneva, richiamando la profondità del pensiero di Antonio Gramsci, che il partito deve guidare la classe: se ciò non avviene, questa impreparazione e “spontaneismo” porta alla degenerazione sotto un duplice aspetto: sia perché dialetticamente la classe, intesa come popolo, o segmento predominante in un dato contesto storico, non è in grado di farsi rappresentare con le sue istanze e rivendicazioni, sia perché il partito si aliena, si disfa, si allontana e diventa un’ alterità, una cosa diversa non più controllabile, perché invischiato ed immiserito nei beceri meccanismi del potere.
Questo è accaduto dopo la Rivoluzione d’Ottobre con l’Unione Sovietica, quando il partito comunista accoglie la logica imperialista e si rende protagonista di conculcare diritti fondamentali di libertà, prima con l’invasione dell’ Ungheria nel 1956 e successivamente con quella di Praga nel 1968.
Ma soprattutto con la diaspora dal Partito Comunista Italiano degli intellettuali Pintor, Parlato, Castellina, Magri che si ha la chiara percezione di come sia burocratizzata ed anchilosata questa forza politica, supina ed acquiescente ai diktat di Mosca.
Si rammenti che il Partito Comunista italiano non è stato in grado né di salvaguardare i diritti e le rivendicazioni degli studenti con il movimento del 1968, né gli operai durante l’occupazione permanente della Fiat di Torino nello stesso torno storico.
Rossanda era la feconda nutrice di questo gruppo, la chioccia che li proteggeva con assoluta coerenza.
Subì con tutti loro la radiazione e fondò prima la rivista e poi il giornale “Il Manifesto”, quotidiano,come ebbe a dire Indro Montanelli, di inebriante eresia.
Resta un capolavoro consegnato alla letteratura il libro da lei scritto recentemente “La ragazza del secolo scorso”.
Si comprende il percorso culturale e politico che ha reso Rossana Rossanda una magnifica intellettuale di sinistra.
Così nacque “Il Manifesto”:
“È probabile che ardesse ancora in noi un lumicino, avevamo perduto una battaglia ma forse non la guerra, il Pci non sarebbe andato avanti cosí per un pezzo. La crisi del socialismo reale era squadernata. Il centrosinistra era in una impasse. La società aveva mandato segnali a nostro favore. Perché non rilanciare? Mettere la febbre addosso a Botteghe oscure? Non avevamo nulla da perdere. Cosí nacque l’idea, cara a tutti gli intellettuali, di fare una rivista, un mensile esplicitamente di tendenza, qualcosa che non era contemplato dalle regole e che al Pci non sarebbe stato facile interdire”
(La ragazza del secolo scorso capitolo XVII).
Una bellissima realtà di una sinistra fatta con il cuore.
Lei lo ebbe anche quando accompagnò Lucio Magri, che volle morire in un suicido assistito in una clinica svizzera: gli tenne la mano sino alla fine.
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