Ascolto, digitale e servizi: le PMI riorganizzano il business ai tempi del Covid

4 Dicembre 2020

Come stanno ripensando processi e modelli di business le Piccole e Medie imprese italiane? Nella speranza che il dopo-Covid inizi presto, come stanno assorbendo i colpi che la pandemia ha inferto all’economia mondiale?
Parte dal desiderio di rispondere a questa domanda la ricerca semestrale svolta dall’ufficio studi di Banca Ifis da cui è scaturito un dettagliato report intitolato “Ascolto, digitale e servizi: cosi le PMI riorganizzano il business”. La banca ha condotto la ricerca da luglio a novembre di quest’anno, dopo che nel pieno del lockdown si era occupata di approfondire la capacità di reazione delle pmi in un momento così complicato come quello dell’emergenza sanitaria.

La buona notizia è che le piccole e medie imprese italiane hanno affrontato la pandemia finanziariamente più solide, avendo ridotto il peso dei debiti finanziari sul fatturato (-2,4 punti percentuali dal 2017 al 2019), con un incremento medio annuo dell’autofinanziamento di quasi il 6% e dopo aver investito per innovare il sistema produttivo, con un incremento medio annuo di oltre il +2%.

Il 61% delle pmi coinvolte nel report prevede però una contrazione del fatturato quest’anno, mentre il 39% stima ricavi stabili o in crescita. Le imprese in crescita si concentrano nei settori Agroalimentare e Tecnologia mentre quelle con ricavi in flessione appartengono ai settori Costruzioni, Meccanica e Moda.

La crisi sanitaria e i cambiamenti di mercato che ne sono derivati hanno portato le pmi ad avviare un percorso di rinnovamento dei modelli di business che ha trovato nell’ascolto del cliente la sua forza propulsiva.

Il 45% ha puntato sulla servitization, cioè la trasformazione del prodotto in servizio o l’arricchimento del prodotto con servizi pre e post vendita, per far fronte alla domanda di prodotti innovativi e personalizzati (che circa il 40% delle imprese ha indicato in crescita) e con attenzione alla sostenibilità. Si tratta di un processo importante, che segna il passaggio dalla pura vendita di un prodotto secondo le tradizionali logiche transazionali, alla vendita di una soluzione che di fatto dà vita a una relazione prolungata nel tempo tra cliente e fornitore. La servitization richiede alle imprese di cambiare struttura e organizzazione, trasformandosi di fatto in un sistema capace di vendere insieme al prodotto anche servizi a valore integrati nel prodotto stesso.

«Abbiamo un grande archivio fisico (un caveau delle idee) che vogliamo digitalizzare per promuovere nuovi servizi ai nostri clienti internazionali. Le aziende del lusso sono sempre alla ricerca di nuove idee e crediamo che con questo servizio potremo offrire loro una proposta di valore», commenta Cristiana Chitarroni, di TM Service Srl, uno tra i primi partner dei più importanti brand di moda nel mondo, che propone lavorazioni in pelle di altissima qualità.

La stessa relazione con il cliente, a seguito della pandemia da Covid-19, si è sempre più basata su comunicazione e interazione virtuali producendo un’accelerazione nell’utilizzo delle tecnologie digitali. La ricerca ha evidenziato che in pochi mesi la penetrazione tra le pmi passa dal 45% di gennaio 2020 al 66% attuale, con un picco del 73% tra le pmi top che si confermano un’avanguardia nell’anticipare i trend. L’utilizzo delle tecnologie digitali consente alle pmi di soddisfare le esigenze dei clienti in maniera sempre più personalizzata, ricorrendo frequentemente alla co-creazione con il cliente. Le pmi si trovano così oggi a soddisfare clienti sempre più consapevoli e interessati a partecipare alle fasi di progettazione, per ottenere un prodotto maggiormente in linea con le loro necessità.

«Abbiamo investito in soluzioni che permettessero di effettuare la manutenzione a distanza per mezzo di dispositivi di realtà aumentata. Quindi, usando dei visori, il nostro operatore guida da remoto un altro operatore dislocato in varie parti del mondo nella manutenzione della macchina», racconta Alessandro Fenili, di Matec Srl.

Luciana Prussiani, di Prussiani Srl, spiega invece che «In fase di post vendita, per i clienti statunitensi, vendiamo online le parti di ricambio della macchina che hanno acquistato. Abbiamo creato un ecommerce, nell’area riservata sul sito, per i pezzi di ricambio. Vediamo che questa modalità di supporto post vendita migliora sempre di più».

L’approccio strategico delle imprese in questa fase di trasformazione è confermato anche dall’attenzione alla R&S. Tra le pmi che fanno ricerca, l’85% ha mantenuto o incrementato l’investimento, per sostenere la competitività anche nel medio- lungo periodo post-pandemia, con la finalità di esplorare nuovi mercati e offrire nuovi prodotti e servizi.

Tre le sfide manageriali per l’evoluzione dei modelli di business c’è sicuramente la sostenibilità, con l’attenzione all’impatto ambientale e al risparmio energetico, ma anche gli investimenti nel digitale con l’offerta di servizio più evoluti e personalizzati. Inoltre, le imprese sono chiamate a ragionare sul fenomeno del reshoring, cioè sulla delocalizzazione e quindi l’organizzazione della produzione dislocata in regioni o stati diversi. La diversificazione geografica dei fornitori riduce il rischio di blocchi della produzione, offrendo una grande opportunità alle pmi europee.

Il report di banca Ifis ha raccolto, elaborato e commentato numeri e informazioni derivanti da diverse fonti qualitative e quantitative, coniugando l’approccio “classico” di analisi da banche dati alle moderne tecnologie del web listening, confermando la validità delle survey e interviste one-to-one. Le interviste sono state realizzate in partnership con il Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari e in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Padova.

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TAG: Banca Ifis, Covid_19, economia, emergenza sanitaria, pandemia, pmi
CAT: PMI

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