Governo
Per il Pd le intercettazioni di Renzi sono una vergogna: e quelle di Crocetta?
«Quello che è grave è che intercettazioni senza alcuna rilevanza penale siano finite a un giornale e purtroppo non è la prima volta, speriamo sia l’ultima». Così parlava il 16 luglio la ministra delle Riforme, Maria Elena Boschi, commentando la pubblicazione del Fatto Quotidiano della conversazione tra il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e il generale della Guardia di Finanzia, Michele Adinolfi, in cui Enrico Letta veniva definito “non capace” di governare; senza dimenticare le altre frasi sulla presunta ricattabilità dell’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Insomma, per il Pd le intercettazioni erano una vergogna e, in punta di legge, il ragionamento aveva una sua logica, innescando l’annoso dibattito sull’opportunità di divulgarle o meno. Poi, però, qualcosa è cambiato: la posizione sulle intercettazioni è magicamente cambiata.
«Un paladino dell’antimafia come Crocetta sa che i silenzi possono fare più male delle parole», ha commentato qualche ora dopo la vicesegretaria del Partito democratico, Debora Serracchiani, riferendosi alle intercettazioni pubblicate da L’Espresso sul ‘silenzio’ del presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, di fronte alle affermazioni del suo medico personale Tutino (“Lucia Borsellino deve fare la fine del padre”). Qualche ora dopo la numero due del Pd ha rincarato la dose, parlando di “situazione insostenibile”. Prima di lei il sottosegretario dell’Istruzione, Davide Faraone, aveva tuonato: «Dimissioni (di Crocetta, ndr) inevitabili».
Ma come? Dimissioni per intercettazioni che non solo non andavano pubblicate, ma che pare siano addirittura illegali, a differenza di quelle riguardanti Matteo Renzi che erano autorizzate dai magistrati?
Un paladino dell’antimafia come Crocetta sa che i silenzi possono fare più male delle parole. A Lucia Borsellino tutta la mia solidarietà.
— Debora Serracchiani (@serracchiani) 16 Luglio 2015
Le perplessità aumentano, volgendo lo sguardo indietro a qualche mese fa. Che dire, infatti, delle intercettazioni che hanno portato al passo indietro di Maurizio Lupi, che ha rinunciato al ruolo di ministro? Il parlamentare del Nuovo Centrodestra è stato ‘dimissionato’ per alcune telefonate che lo vedevano coinvolto solo come interlocutore di una persona indagata. Ma lui non era direttamente coinvolto. In quel caso il Pd è stato prudente in pubblico e ha fatto una pressione ‘silenziosa’, esponendo la posizione pro-dimissioni solo negli incontri a porte chiuse. Eppure usando il metro di giudizio “intercettazioni Renzi su Letta” anche quelle di Lupi avrebbero meritato al massimo l’epiteto di “vergognoso” come avviene quando finiscono sui giornali le conversazioni del segretario dem.
Le intercettazioni sono una cosa terribilmente seria, in quanto riguardano il rapporto tra giustizia, politica e informazione. Da tempo siamo abituati a una guerra di religione su questo argomento, tra chi si dice contrario e chi si dice favorevole. Ma, allo stato dei fatti, il renzismo non sembra il miglior candidato a dipanare la matassa. Gli ultimi fatti indicano un’opinione che oscilla a secondo della convenienza, nel solco della politica del calcolo. Non chiedo tanto, perché non mi azzardo a pensare che il problema possa essere risolto da questo governo. Ma pongo un semplice quesito: qual è la differenza tre le intercettazioni di Renzi e quelle di Crocetta dal punto di vista giuridico? A me la risposta sembra evidente: le prime erano autorizzate, le seconde – forse – no.
Devi fare login per commentare
Accedi