Costume
Se il Senato se ne va, senza andarsene
Sul Corriere della Sera di oggi Sergio Rizzo riporta un’analisi molto utile sulla riforma del Senato. O meglio, su uno degli aspetti della riforma. La spesa per gli emolumenti dei senatori, i quali, complice la riforma Boschi, non dovrebbero essere più elettivi. Il futuro Senato sarà infatti composto da 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 senatori di nomina quirinalizia. In tutto 100. Adesso, sul tema dello status e delle indennità spettanti ai futuri inquilini di Palazzo Madama, si comincia già a parlare di ‘armonizzazione’ rispetto alla disciplina vigente per i deputati di Montecitorio. A conti fatti, questo significa eliminare un solco che la riforma creerebbe in automatico. Infatti i senatori-consiglieri arriverebbero a percepire una indennità mensile di 11.000 euro lordi, mentre i colleghi deputati arrivano quasi a 14.000. E Rizzo ci mette una pulce nell’orecchio: “armonizzazione significa forse che il compenso dovrà essere adeguato a quello dei parlamentari?”.
È opportuno precisare che nel testo della riforma per i futuri senatori non è prevista alcuna indennità aggiuntiva rispetto a quella loro derivante dalla carica di consigliere regionale o sindaco. Ed altresì che la legislazione vigente prevede che i consiglieri regionali non possano percepire emolumenti di importo superiore a quello che ricevono i sindaci del comune capoluogo più grande della regione. Quel termine ‘armonizzazione’ a cui fa riferimento Rizzo potrebbe essere comunque un campanello di allarme su cui vigilare.
Detto intervento di armonizzazione, infatti, fa già discutere. Per vari motivi. Comincerei dal dire che se una carica non è più elettiva non si rende necessario equipararla in termini di status e di benefit ad una che invece elettiva continua ad essere. I futuri senatori avrebbero un ruolo molto più circoscritto a livello di funzione legislativa e non voterebbero nemmeno la fiducia. Meno oneri, meno onori, si dovrebbe dedurre a rigor di logica. Esatto, ma in Italia no. Perché da noi sembra prevalere la logica della conservazione degli status. E siamo estremamente lontani da ogni parvenza di politica come servizio. E questa armonizzazione in primis. Saranno le idee nostalgiche di un giovane cattolico. Attenzione, cattolico, ma non democristiano. Uno che non rinuncia a quell’idea di servizio che deriva dal Vangelo. Uno che continua a pensare che l’entità degli emolumenti derivanti dalla politica procuri ai nostri rappresentanti un agio malamente avvicinabile a quella semplice idea di essere al servizio di una comunità, di un territorio o di un paese.
Queste considerazioni potrebbero essere contraddette dai fatti. Lo speriamo. In questo caso perdonate il comprensibile eccesso di prudenza.
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