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L’internazionale eco-solidale non decolla alla festa AVS

Alla festa AVS i giornalisti hanno attenzionato l’evento dedicato all’internazionalismo ecologico e solidale, nel quale Nichi Vendola ha ribadito la volontà di tornare in politica.

8 Settembre 2025

La festa Terra! di AVS è terminata domenica 7 settembre dopo cinque giorni di intensi dibattiti con relatori interessanti e autorevoli nel bell’ambiente del club Monk. La festa è stata baciata dal sole, in contrasto con la pioggia dello scorso anno. Così, è diventata una buona occasione per vivere la politica con tranquillità nel finale di quest’estate romana.

 

La candidatura di Nichi Vendola

Oltre all’intervento di Francesca Albanese e il dibattito dei leader del centrosinistra, i giornalisti prestano attenzione all’evento dedicato all’internazionalismo ecologico e solidale, a cui partecipa Nichi Vendola. L’ex presidente della Regione Puglia ribadisce infatti la volontà di tornare in politica come consigliere regionale malgrado i dubbi del candidato del centrosinistra Antonio Decaro.

Vendola giustifica la sua candidatura con le richieste della comunità AVS e l’affetto riscontrato durante la presentazione del suo libro di poesie. Elogia Decaro e la sua amministrazione, rimarcando come le ultime giunte di centrosinistra hanno radicalmente trasformato il centro storico di Bari. Poco dopo, sia Decaro che Vendola annunciano le loro candidature, come era ampiamente prevedibile.

Al tempo stesso, l’iniziativa ha valore perché vuol costruire un internazionalismo progressista e ambientalista,  in alternativa ai sovranisti guidati da Donald Trump e ideati da Steve Bannon.

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L’internazionale eco-solidale

Il dibattito, moderato dalla giornalista dell’Huffington Post Angela Mauro, però non decolla. In Italia, l’alleanza tra verdi e sinistra funziona, ma in Europa la strada sembra in salita. Nei primi dibattiti della festa si è parlato molto di un nuovo ordine mondiale fondato sul multilateralismo che permetta di intrecciare rapporti con le potenze emergenti, specialmente quelle che seguono il diritto internazionale.

Al contrario, Vula Tsetsi, co-presidente del partito verde europeo, chiede all’Unione Europea di difendere la democrazia nei paesi limitrofi. Ma come fa l’UE a difendere valori che stanno regredendo al suo interno? L’UE ha il dovere di intervenire in Polonia e Ungheria, paesi che beneficiano dei fondi strutturali e che partecipano alle decisioni comuni. Ma non può intervenire in paesi terzi come Serbia e Turchia senza che il suo atteggiamento sia visto come un approccio neocoloniale, in cui l’occidente insegna agli altri paesi come si vive.

Vendola è la personalità più autorevole per replicare, ma sembra non aver compreso i cambiamenti avvenuti negli anni in cui si è allontanato dalla politica. Si dilunga in un discorso poetico poco comprensibile anche per gli addetti ai lavori. Nel caos odierno, si scaglia contro l’infantilizzazione del linguaggio politico, portando ad esempio le chat con le emoji con cui il Pentagono ha deciso un bombardamento in Yemen. Parla del funerale dell’Europa, genuflessa a Trump e complice del genocidio di Gaza, finendo per invocare una lotta comune, solidale, femminista, pacifista e pure semantica.

 

L’alleanza delle città progressiste

Il presidente dell’ARCI Walter Massa insiste sulla mobilitazione dal basso, con particolare riferimento alla Global Sumud Flotilla. Ricorda uno slogan del movimento no-global che diceva “agire localmente e pensare globalmente” per affrontare un mondo che oggi è in tempesta, a causa di tante questioni interconnesse come guerra, riarmo, autoritarismo e diseguaglianze.

La vecchia volpe Leoluca Orlando, oggi eurodeputato indipendente nei verdi, ma di scuola democristiana, elabora prospettive più interessanti. Parte dall’alleanza tra le città progressiste, che diventano quel laboratorio sociale evocato dall’ex sindaca di Barcellona Ada Colau. In particolare, l’ex sindaco di Palermo rivendica l’importanza dei migranti e della transizione ecologica nel costruire un’internazionale eco solidale. Un movimento basato sull’interdipendenza tra nazioni, che ha dominato il mondo per tanti anni ma è entrato in crisi a partire dalla criminale guerra in Iraq.

Nelle sue parole, i migranti sono una risorsa per affrontare temi cruciali come l’ambiente e i diritti. Palermo è infatti migliorata grazie all’arrivo di migranti che hanno aperto gli occhi dei palermitani, i quali hanno compreso che le identità culturali sono fluide. Con una frase ad effetto annuncia che “a Palermo non ci sono migranti, perché chi vive a Palermo è palermitano”.

Rivendica che questo approccio ha reso Palermo una città sicura perché, se arriva qualcuno di pericoloso, gli altri migranti corrono a denunciarlo. Secondo lui, i sindaci devono poter riconoscere la residenza anagrafica delle persone. Difatti, solo con una residenza i migranti possono avere un permesso di soggiorno che gli consenta di firmare contratti di lavoro e d’affitto. Questo approccio aumenta la percezione di sicurezza dei cittadini, diritto umano che non può essere consegnato alla destra.

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Tutti a casa?

Appaiono interessanti le parole della giovane e combattiva Manon Aubry, del partito di estrema sinistra “La France insoumise”. Parla per slogan, ma ha una comunicazione divertente ed efficace. Afferma che la transizione ecologica ha costi che non devono essere pagati dalle fasce più povere della popolazione, ma dai più ricchi. Secondo lei, Ursula von der Leyen ha affossato il green deal, facendo un favore all’estrema destra che per la prima volta nella storia esprime un vicepresidente della commissione, ovvero il nostro Raffaele Fitto. Urla quindi che dobbiamo tassare i ricchi e liberarci di von der Leyen, Fitto e Meloni.

Sostiene che la buona notizia sarà la caduta del primo ministro francese François Bayrou. Ha intenzione di mobilitare la Francia e riportare la sinistra al governo, così da effettuare importanti riforme come il salario minimo e la tassazione dei ricchi. Inoltre, Aubry vuole far cadere la commissione von der leyen e chiede espressamente a socialisti e verdi di sostenere una mozione di sfiducia al parlamento europeo.

Ma, Tsetsi la gela subito, dicendo che le battaglie vanno preparate bene, altrimenti si rischia di votare con i fascisti. Più diplomaticamente, Orlando afferma di avere lo stesso desiderio di cacciare Meloni e von der Leyen, così ne elenca le malefatte. Al tempo stesso, sulla mozione di sfiducia si limita a dire che la presidente sarà presto licenziata dai suoi stessi alleati.

 

Un’internazionale poco coesa

L’iniziativa termina quindi con buona volontà ma poca coesione. Aubry usa una comunicazione semplice che contrasta la destra con le sue stesse armi, mentre Vendola usa un linguaggio aulico. Aubry vuol prendersi dei rischi nel tentativo di cacciare destra ed estrema destra, mentre la sinistra sembra sempre troppo cauta, paurosa della sua stessa ombra.

E poi c’è la questione internazionale, nella quale gli stessi verdi non sembrano essere d’accordo. Le idee interventiste di Tsetsi sembrano in contrasto non solo con il multilateralismo invocato nei giorni precedenti, ma anche con l’interdipendenza pragmatica giustamente evocata da Leoluca Orlando. C’è ancora tanto da lavorare per un internazionalismo alternativo ai sovranisti.

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