
Partiti e politici
Non dimentichiamo il Decreto Sicurezza, è un bel pezzo di Stato di diritto che muore
L’ufficio del massimario della Cassazione ha bocciato il Decreto Sicurezza, convertito in legge a inizio giugno. È una storia da non archiviare troppo presto, perchè nell’indifferenza generale simboleggia un doppio e sempre più rapido svuotamento dello Stato di diritto.
Sono passate ormai alcune settimane dall’approvazione definitiva del Decreto Sicurezza. In un’epoca segnata da sempre crescente indifferenza per la cosa pubblica e per le scelte del decisore politico – a meno che non riguardino direttamente gli averi del cittadino, gli sgravi fiscali, gli incentivi che gli spettano – anche l’approvazione di una legge che incide in maniera potenzialmente profonda sulle libertà di espressione e partecipazione dei cittadini, che amplia il perimetro criminale della repressione, è stata una notizia per poche ore, per qualche giorno al massimo, e comunque si è ridotta – come sempre, come tutto – a semplice schermaglia politica tra le parti. Si sono arrabbiati i pochi attivisti rimasti su piazza, ha detto qualcosa l’opposizione, e poi insomma, il decreto convertito in legge è appunto legge dello stato, e tanti saluti a chi ancora si preoccupa.
Per chi volesse capire di cosa parliamo, tra i vari interventi critici che si sono levati nell’ultimo anno nel mondo accademico, segnalo questo scritto di un eminente penalista e criminologo italiano, Emilio Dolcini, che ha firmato insieme a Giorgio Marinucci un manuale di dirtto penale sul quale si sono formate generazioni di giuristi. In questo intervento segnala alcune – sottolinea lui stesso: solo alcune – delle serie criticità contenute ne testo di legge. Aumenti di pena sconsiderati; mano pesantissima per chi si ribella a condizioni carcerarie definite inumane da decenni da tutti gli organismi internazionali; criminalizzazione della produzione e del consumo di cannabis light, equiparata a quella contenente il principio psicoattivo, che è esattamente come equiparare l’acqua al vino; norme punitive nei confronti delle donne incinta che commettono reati, con evidente intento di punire le ladre rom. Le questioni di merito sollevate da Dolcini e da qualche centinaio di giuristi, nel corso del tempo, sono molte. Sono state tutte, come sempre, rubricate Da Nordio e Salvini come sciocchezze motivate dall’ideologia avversa, mentre loro che sono al governo si spendono per tutelare le forze dell’ordine e i cittadini onesti. Sono state rubricate così, o sarebbero state rubricate così, se qualcuno gliene avesse chiesto conto.
Sono questioni complesse, che in una società sempre più indifferente e meno politicizzata ed empatica è facile rubricare come pruderie da radical chic, o proeuccpazioni che riguardano delinquenti, facinorosi e galeotti. È anche molto facile cavrsela sventolando le – reali – difficilissime condizioni in cui spesso si trovano a operare le forze dell’ordine, che avrebbero ragionevolmente bisogno di migliori stipendi, e pià personale, che non di minacce di pene raddoppiate per chi disobbedisce ai loro ordini, tanto più che sono ormai decenni che tutte le esperienze censite al mondo dicono che l’aumento delle pene non disincentiva la commissione dei reati, e non si capisce perchè questa volta dovrebbe andare diversamente.
Ma prima della definitiva archiviazione delle proeccupazioni, fortunatamente, nei giorni scorsi è intervenuto sulla legge l’ufficio del Massimario della Cassazione, cioè l’ufficio che si dedica – semplificando – a riassumere archiviando tematicamente le sentenze della Cassazione, ma che può anche – discrezionalmente – intervenire per analizzare e commentare le innovazioni legislativi, soprattutto a fronte di evidenti e immediati impatti problematici sul sistema. È indubbiamente questo il caso, visto che il Decreto Sicurezza – ancora prima di essere convertito in legge – è già stato oggetto di eccezione di costituzionalità da parte della Procura della Repubblica di Foggia, in una delle sue prime applicazioni. Quelle sottolineate dall’Ufficio del Massimario della Cassazione, peraltro, sono principalmente questioni di metodo e ligittimità del processo legislativo e non valgono di meno, ma probabilmente di più. Perchè è vero che è grave se viene messa in dubbio la libertà di dissentire, o se la protesta pacifica e la disobbedienza civile gandhiana sono equiparate ai sabotaggi della linea ferroviaria (succede nel Decreto Sicurezza, appunto), ma è ancora più vero che l’ennesimo spossessamento della potesta legislativa del parlamento da parte del governo, e su una materia così delicata, è segno di un problema ancora più grande.
Quel che l’ufficio della Cassazione contesta (qui potete leggere l’intero documento) è, sinteticamente, anzitutto la scelta di avocare a sè da parte del governo un iter legislativbo che durava da quasi un anno, e che aveva attraversato, come da Costituzione, i due rami del parlamento. Il governo, per evidenti ragioni di propaganda politica, perchè aveva bisogno di dire che aveva fatto approvare la norma, prende la legge così com’era in discussione e, con poche modifiche minori e senza che siano intervenuti fatti nuovi che giutifichino l’urgenza della mossa, lo approva in forma di decreto. Una tendenza lunga e bipartisan, quella dello svuotamento del parlamento a favore dell’esecutivo, ma che qui conosce un apice per due motivi: la materia penale, che limitando le liberà personali sarebbe speciale prerogativa del parlamento, e la sottrazione dalle mani del parlamento di norme che stava discutendo lui, in piena legittimità. Infine, all’ultima occasione nella quale il parlamento avrebbe potuto esprimersi, cioè in sede di conversione del decreto del governo, lo stesso esecutivo ha posto il voto di fiducia, chiudendo la discussione prima ancora che iniziasse. È chiaro, quel che allarma i giuristi allarma sempre meno il mondo, e se possiamo rimanere indifferenti davanti a ben più grandi tragedie, possiamo tranquillamente girarci dall’altra parte di fronte all’eventuale violazione della Costituzione in tempo di pace. Tuttavia, quelli elencati sopra, sono altrettanti punti considerati storicamente problematici, e per lo più gravi violazioni dello spirito e della lettera della Costituzione su una questione non marginale, come appunto la potestà legislativa esercitata nel campo minato del diritto penale, che serve per mandare le persone in prigione.
Sarebbe dunque almeno il caso di mettere a fuoco che, un metro dopo l’altro, un dibattito parlamentare negato dopo l’altro, ci avviamo verso lo spopolamento della democrazia, con sempre meno gente che vota, per ragioni ben analizzate nel loro Schede Bianche da Paolo Natale, Luciano Fasano e Roberto Biorcio, e poteri che vengono esercitati in maniera repressiva e propagandistica anche al di fuori del perimetro che la Costituzione consente. Sergio Mattarella aveva fatto trapelare vari dubbi, gli stessi di cui abbiamo brevemente detto, tanto che Meloni sembrava temere addirittura una bocciatura proprio da parte del Presidente della Repubblica. Timori che si son rivelati infondati: buon per lei e i suoi colleghi di governo, e male per noi.
Devi fare login per commentare
Accedi