
Partiti e politici
Per fare due favori a Trump Meloni dice addio alla (assurda) legge Tremaglia
Il governo Meloni cambia la legge sulla cittadinanza, rinnega le assurde regole volute dal missino Tremaglia, e aiuta due volte Trump.
Fino a pochi giorni fa, grazie a una legge voluta da Mirko Tremaglia, fondatore del Movimento Sociale Italiano e quindi a tutti gli effetti nonno politico di Giorgia Meloni, per ottenere cittadinanza italiana, bastava avere avuto un antenato cittadino dopo il 1861, cioè dopo la fondazione del Regno d’Italia. Lo Ius Sanguinis, la cittadinanza che si tramanda per discendenza genetica, nella sua massima espressione e potenza. Da pochi giorni, convertendo in legge un decreto che a Marzo aveva cambiato le regole, la legge italiana restringe il diritto alla cittadinanza italiana ai soli figli e nipoti di cittadini italiani.
Ma dietro la stretta sulla cittadinanza iure sanguinis voluta dal governo Meloni si nasconde molto più di un aggiustamento tecnico: c’è un’operazione politica che fa comodo per due ragioni a Donald Trump e, al tempo stesso, seppellisce una norma reclamata come fondamentale dell’identità della destra italiana, almeno fino all’altro ieri. Il nuovo provvedimento, dicevamo, restringe il diritto alla cittadinanza italiana ai soli figli e nipoti di cittadini italiani. Fino ad allora, invece, chiunque potesse dimostrare di discendere in linea diretta da un cittadino italiano — a partire dal 17 marzo 1861, data della proclamazione del Regno d’Italia — senza interruzione formale del legame giuridico, poteva chiedere il riconoscimento della cittadinanza italiana, anche se mai aveva vissuto in Italia e anche se residente all’estero da generazioni. Con il nuovo testo, milioni di discendenti di sesta o settima generazione, soprattutto in America Latina e negli Stati Uniti, vengono automaticamente esclusi.
Un cambio di rotta che sembra pensato per compiacere il presidente americano. Il provvedimento ha infatti due effetti diretti: rende più difficile agli italoamericani lasciare gli USA per l’Europa, dopo il ritorno di Trump alla Casa Bianca, e allo stesso tempo blocca l’utilizzo strategico dei passaporti italiani da parte dei latinoamericani per entrare negli Stati Uniti con semplice visto turistico, pratica che preoccupava da tempo l’amministrazione repubblicana. Secondo fonti raccolte dal Financial Times, infatti, Washington era allarmata per il numero crescente di cittadini sudamericani — in particolare argentini e brasiliani — che ottenevano la cittadinanza italiana per aggirare i rigidi controlli migratori statunitensi. Con la nuova legge, il governo italiano fa quello che gli americani non potevano fare direttamente: chiude il canale. W lo fa in assonanza con la visione dell’amico Trump sull’immigrazione. Negli Stati Uniti vivono tra i 16 e i 20 milioni di persone di origine italiana. Molti di loro avevano già avviato pratiche per ottenere la cittadinanza, spinti anche dall’instabilità politica americana e dalla prospettiva di un ritorno del trumpismo, poi concretizzatosi con le elezioni presidenziali del 2024. Organizzazioni come la National Italian American Foundation e gli Italian Sons and Daughters of America hanno espresso “profonda delusione” per il cambiamento, che ha lasciato migliaia di domande bloccate.
La rottura con l’eredità Tremaglia, e la strampalata difesa da parte del Pd
C’è un altro aspetto, più simbolico ma non meno rilevante: Meloni ha smantellato l’eredità di Mirko Tremaglia, storico esponente del Movimento Sociale Italiano — lo stesso filone politico da cui discende Fratelli d’Italia. Fu proprio Tremaglia a volere, nel 2001, la legge che diede diritto di voto agli italiani all’estero e riconobbe pienamente la cittadinanza per discendenza anche oltre la seconda o terza generazione. Un gesto che trasformò gli emigrati e i loro figli in cittadini a pieno titolo. Meloni rompe con quella legge, ragionevolmente, solo per ragioni di alleanza internazionale, e per l’asse con Trum. Non è meno opportunistica, però, la presa di posizione dell’opposizone, e di un Pd che sembra quasi difendere una legge voluta da un esponente figlio del Fascismo, che identificava “l’italianità” con un patrimonio genetico e di sangue che non sono esattamente il fondamento culturale di chi chiede, giustamente, al governo di rendere più semplice l’ottenimento della cittadinanza italiana per chi in questo paese ci è nato, ci cresce, studia, lavora e paga le tasse.
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