L'onda lunga dell'omicidio di Charlie Kirk continua a riempire il dibatitto e le strumentalizzazioni della destra politica di mezzo mondo

Partiti e politici

Una quieta distopia di fine estate

22 Settembre 2025

Il caso Kirk continua a riempire la bocca delle destra di mezzo mondo, e di sicuro di quella italiana: un’occasione per riflettere davvero su cosa la politica è, oggi, e cosa sarà domani.

Pochi giorni fa, in coda al supermercato, ho ascoltato una piccola conversazione di periferia, che si svolgeva però nel cuore del mondo di oggi e di domani. Il cassiere tornava da un viaggio in Cina, credo un viaggio di nozze. “Una settimana fa ero sulla Muraglia”, diceva a un cliente attorno ai settanta. “Un altro mondo la Cina, veramente, sono avanti cent’anni rispetto a noi”. Il cliente sorride e annuisce, ma poi dice: “Però non dimentichiamoci che noi siamo sempre avanti a tutti. La nostra storia, la nostra cultura, Firenze, Venezia… loro se le sognano”. “Sì, sì” dice il cassiere. “Non pensare che le loro città siano brutte eh. Io comunque preferirei stare là, invece che qua”.

Naturalmente è solo un piccolo episodio senza rilevanza statistica, una conversazione amichevole tra due buoni conoscenti del cui pensiero davvero non conosco nulla, se non quelle poche parole ascoltate in coda al supermercato. Tuttavia, di quella breve conversazione mi ha colpito la totale assenza di riferimento ai “valori dell’occidente”, dei quali tanti sentiamo parlare da politici e opinion leader. A nessuno dei due, nè a chi tornava ammirato dall’avanzamento tecnologico e dal rispetto delle regole, nè a chi si teneva stretto l’orgoglio di una storia e dell’arte che ha prodotto, come se il passato fosse l’unica cosa che conta, sembrava importare granchè dell’unico vero valore che, in teoria, dovrebbe rendere “migliore” in nostro mondo sulla base di quello che chiamiamo il diritto naturale, e cioè che la convivenza sociale è ordinata sulla base di principi democratici che si incarnano e realizzano nelle libertà civili. Non ho avuto modo di approfondire il pensiero delle due persone ascoltate nel mio quartiere, e mi sembrano però illuminare – lo ripeto: senza alcuna pretesa statistica – il dibattito pubblico di queste settimane e, probabilmente, quello degli anni che verranno.

Partiamo dall’onda emotiva e politica, lunghissima, che proprio nel suo perdurare a me pare in buona parte artificiale, dell’omicidio di Charlie Kirk. Intendiamoci: sono certo dell’impatto profondo che quell’assassinio ha avuto e avrà nella società e nella politica americana. Charlie Kirk era molto famoso, amato e odiato da milioni e milioni di americani. La sua voce era ascoltata dal popolo e dalla Casa Bianca. Era una figura dichiaratamente e volutamente divisiva. Premesso tutto questo, la sua morte per mano di un omicida, Tyler Robinson, non poteva che scatenare un’onda emotiva molto alta negli Stati Uniti d’America. Altrettanto ovvio, era la multipla strumentalizzazione, a cominciare da quella operata dal Donald Trump e dal cosiddetto “mondo MAGA”, della morte di Kirk.
Meno ovvio sembrava, invece, che a strumentalizzare come “cosa loro” quell’omicidio, fossero i leader della destra europea, e italiana in particolare, cosa che è invece successa. Di fronte a un fatto politico tutto statunitense – per le dinamiche, i protagonisti, il percorso politico della vittima, la facilità con la quale in certi stati dell’Unione ci si procurano armi, e molti altri fattori caratterizzanti – lascia abbastanza perplessi che una presidente del Consiglio italiana commenti e cavalchi il fatto per giorni, e giorni, e giorni. L’ultima volta oggi, spiegando che è stato ucciso “perchè era libero”, giusto per non perdere la ruota dell’alleato Salvini che con Vannacci pensa ancora di lanciare una sfida alla premier, almeno fino a quando il Generale non diventerà ufficialmente un problema per il leader leghista.

Di questa vicenda non stupisce nemmeno l’approssimazione propagandistica con la quale si danno spiegazioni tutte politiche a un omicidio sul quale, col passare dei giorni e l’emergere del quadro d’interno dell’assassino, si allungano invece le nubi dell’ossessione privata coltivata tra i forum su internet e i rancori per la propria famiglia di origine. Alla propaganda che distorce e piega la realtà, in fondo, siamo abituati da qualche secolo. Colpisce piuttosto, sulla nostra scena nazionale, la lunga appropriazione di una vittima altrui, di altre latitudini, di altre lingue. Come se la nascente organizzazione Internazionale del sovranismo fosse alla ricerca di miti fondativi comuni, di martiri da sventolare, anche se al proprio popolo dicono poco, o forse anche niente.

A guardarsi attorno, invece, sembra di vivere un tempo che accentua invece i tratti dell’indifferenza politica. Naturalmente, in questo mare complessivamente quieto e qualunquista, che probabilmente accoglie molti elettori della destra e molti elettori della sinistra, fermi nelle loro appartenenze senza troppo metterle in questione, c’è lo spazio perchè emergano la rabbia e la violenza, e bisogna vigilare sempre. Ma parliamo ragionevolmente di fenomeni individuali, di un pulviscolo che si organizza all’improvviso, che si radicalizza in forma individuale e ossessiva, anzichè politica. Perchè tutto attorno alle minoranze che si indignano e si mobilitano, si respira un’aria di totale dismissione, di ampio disinteresse a ciò che non tocca direttamente la vita dell’individuo. È dentro a questo tempo che si vede atterrare senza troppi ostacoli, in fondo senza troppo scandalo, il progetto della Riviera di Gaza rivendicato, a valle di una pulizia etnica il più possibile minuziosa, dal ministro israeliano Smotrich. È con la consapevolezza di questa debolezza ideale, forse, che Putin tasta la resistenza e i nervi del mondo, e le reali intenzioni di isolazionismo del presidente americano. È in questo quadro di fine della politica, per come l’avevamo intesa, che la democrazia liberale sembra aver perso la sua spinta propulsiva, e a una destra che aggiorna le sue parole restando nell’alveo storico del nazionalismo vittimista, si contrappone una sinistra che non conosce più il collettivo e l’universale, e quand’anche li conoscesse non saprebbe più a chi raccontarli, o cosa raccontargli.

È forse per questo, anche per tutto questo, che nelle periferie dell’Occidente si resta sospesi tra l’orgoglio di un trapassato millenario e la fascinazione per l’efficienza di un regime che pianifica brutalmente ogni dettaglio della vita, anche il più privato. Perchè i campioni della democrazia, a loro volta, sono sospesi tra il raccontarsi come vittime e il compiacersi per i conti in ordine come dei tecnocrati qualsiasi. Una quieta distopia di fine estate, di cui ci saremo già scordati all’inizio dell’autunno.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi collaborare ?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.