L’Italia sfrutta bene i fondi diretti. Ora servono nuove figure professionali

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28 Maggio 2018

L’Italia è ai primi posti nell’utilizzo dei fondi europei, ma ora è tempo di attrezzarsi con le nuove figure professionali che stanno emergendo a Bruxelles.

Secondo un recente studio, il nostro paese da diversi anni è ai primi posti per numero di enti e imprese che riescono a beneficiare dei finanziamenti europei a gestione diretta, cioè erogati direttamente dalla Commissione sotto forma di appalti e progetti. I dati più recenti, relativi al 2016, indicano che l’Italia è seconda, nella classifica dei paesi capaci di cogliere le opportunità offerte dall’Unione europea, seconda dietro il Regno Unito. A rivelarlo è Matteo Lazzarini, segretario generale della Camera di Commercio Belgo-Italiana. Lazzarini da molti anni studia i dati del Sistema europeo di Trasparenza Finanziaria che permette di conoscere quali siano i beneficiari dei pagamenti della Commissione e di recente ha pubblicato il volume “Europrogettazione. Chi vince e chi perde nei progetti europei”, con la collaborazione di Francesca Palombo e Angela Tessarolo. Lo studio, presentato a Bruxelles qualche settimana fa, spiega nel dettaglio come nel 2016, ultimo anno disponibile, le imprese, gli enti e le associazioni italiane beneficiarie di un finanziamento europeo a seguito di un progetto siano state 3.771 rispetto alle 3.797 inglesi, alle 3.726 tedesche, 3.678 spagnole e 3.293 francesi.

Se i dati nel loro insieme sono molto positivi, un’analisi più approfondita fa emergere tuttavia forti differenze tra le aree geografiche con una frattura marcata tra centronord e il Mezzogiorno. Infatti, il 58,24 per cento delle imprese italiane che si sono aggiudicate un progetto o un appalto europeo ha la propria sede nel Nord Italia, il 30,02 per cento nel Centro e il 11,74 per cento nel Sud. La Lombardia è, di gran lunga, al primo posto. Un’impresa italiana su quattro che lavora con finanziamenti europei a gestione diretta ha sede in questa Regione. «Se il sistema italiano fatto di imprese, università e associazioni», precisa Lazzarini, «ha raggiunto un livello di eccellenza negli appalti e nei progetti europei (fondi diretti), tanto che ci piazziamo ai primi posti in Europa, le Regioni talvolta hanno invece difficoltà nell’utilizzo dei fondi che l’Unione europea mette loro a disposizione attraverso i fondi indiretti». Non è vero dunque che non sappiamo utilizzare i fondi europei, ma restano palesi le diverse capacità di affrontare la complessità di un processo fatto di programmazione, progettazione, esecuzione e rendicontazione.

Inoltre, il numero dei finanziamenti europei che le organizzazioni italiane hanno ricevuto nel periodo preso in esame è molto significativo. Ma il tasso di successo non risulta essere tra i migliori. In sostanza, vinciamo un numero di progetti sostanzialmente equivalente a quello degli altri grandi Paesi ma per ottenere questo risultato ne presentiamo, in proporzione, un numero maggiore. Sarebbe pertanto necessario aumentare la qualità delle proposte presentate e non improvvisarsi europrogettisti.

È proprio la figura dell’europrogettista a essere cambiata negli ultimi anni. Se fino al 2015 il manager di un progetto europeo era il principale motore dell’europrogettazione, ora si sta affermando a Bruxelles la nuova figura professionale dell’agente di progetto. Complementare all’europrogettista, l’agente di progetto è un esperto di project scouting, si rivolge a una pluralità di attori ai quali propone la sua idea progettuale. Si parla di “Europrogettazione 2.0” per indicare questa nuova forma di interpretare e attuare il management che permette a enti e società di ampliare la propria partecipazione a progetti europei.

«La figura dell’agente di progetto», spiega Filippo Giuffrida, direttore dell’Istituto Europeo di Studi Giuridici e di Comunicazione, «è un interessante esempio di come l’interdisciplinarietà si stia accreditando quale vitale requisito negli affari europei. Il ruolo di scouting o di esplorazione delle opportunità, svolto dall’agente, implica non solo una profonda conoscenza delle dinamiche dei finanziatori, ma anche lo sviluppo di una rete di contatti che gli permettano di essere informato in tempi utili di ciò che potrebbe trasformarsi in un’opportunità lavorativa». Nuove professionalità che sono state presto assorbite nei processi di lavoro delle Camere di Commercio. Negli ultimi due anni le Camere di Commercio italiane all’estero si sono avvalse proprio di agenti di progetto per contribuire alla crescita del Sistema Italia a livello internazionale consentendo la partecipando a trenta progetti europei e coinvolgendo centinaia di imprese ed enti nei settori più diversi.

Un’altra figura emblematica nel settore dei progetti europei, emersa da nemmeno un anno a Bruxelles e che presto si diffonderà anche negli altri Paesi, è  il “Social Media Strategist” per l’europrogettazione, un esperto che si occupa della comunicazione e disseminazione dei risultati dei progetti europei attraverso una precisa strategia social. Lavora a stretto contatto con il manager di progetto, i partner e i diversi portatori di interesse. Le sue competenze includono la conoscenza dei social network, la capacità di comunicazione interculturale, una familiarità con la progettazione europea, intraprendenza e spirito di squadra.

Le Istituzioni europee hanno, tra le priorità, quella di ottenere visibilità, all’interno e all’esterno dell’Unione, mostrando come stanno contribuendo allo sviluppo dell’Europa e del mondo, nonché a sostenere i loro cittadini, cercando la loro partecipazione attiva.

«Come parte di questa strategia in un mondo sempre più digitale e interdipendente, le istituzioni europee cercano di plasmare e gestire la loro presenza nei social network. Ecco perché le strategie dei social media all’interno dei piani di comunicazione stanno diventando sempre più importanti nella gestione dei progetti europei», commenta Patricia Fortún, european project manager di “pacchetti di  comunicazione”, agenzia di comunicazione specializzata in progetti europei con sede a Bruxelles.

Iniziative e pratiche di successo, come storytelling, ricerca di partner o moltiplicatori per massimizzare la portata e la visibilità, co-curare reti sociali e comunicazione visiva sono state incorporate in pacchetti di comunicazione di progetti europei a cui è sempre riservata una quota del budget assegnato. Oltre alla classica pubblicità sono i contenuti audiovisuali accattivanti ad avere il sopravvento. Tra questi si stanno affermando le trasmissioni audio video in diretta sulle piattaforme social, le immagini di alta qualità, GIF, infografiche e animazioni.

Ma, come gestire i social network per comunicare e diffondere risultati di progetti europei? Quali social network scegliere? «La risposta non è così semplice», spiega Fortún, «perché dipende molto dalla natura del progetto, dal pubblico di destinazione, dalla portata delle campagne pubblicitarie pianificate. Ci sono social network ideali per un pubblico giovane, come Instagram e Snapchat; altri che funzionano meglio per il pubblico adulto come Facebook e Twitter; e altri come WhatsApp la cui popolarità è cresciuta e si è rivelata molto utile per rivolgersi a gruppi di minoranza. Anche la lingua in cui devono essere trasmesse le informazioni deve essere analizzata, poiché nella maggior parte dei progetti europei partecipano almeno tre partner di tre diversi Paesi».

TAG: europea, finanziamenti, Grandi imprese, progettazione, Unione europea
CAT: Politiche comunitarie

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