Cosa si prova ad essere cattivi? La sindrome della Scorpionite in politica

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7 Luglio 2021

Il concetto di cattiveria è ovviamente riconducibile alle ideologie dominanti e localizzabili. Non penso che i cacciatori di teste, i sacerdoti che facevano i sacrifici umani o la gente che affollava le piazze a vedere qualche infelice condannato fatto letteralmente a pezzi si sentissero cattivi. Tuttavia una condanna della cattiveria, soprattutto identificabile con l’aggressività, è presente in ogni raggruppamento collettivo, anche mediante codificazione tipo Dieci Comandamenti, in funzione della coesione sociale.

Il problema è un altro e cioè deve essere calato nella situazione storica attuale. Anche un Hitler che sembra che non sovrabbondasse di sentimenti pacifici, doveva tenere segreti i campi di sterminio, sapendo che la conoscenza della loro esistenza non solo avrebbe fatto il gioco propagandistico degli avversari ma anche sconvolto moltissimi tedeschi, le loro convinzioni etiche e religiose. Ma qui dobbiamo parlare di una situazione più diffusa, sfumata, ma efficace nell’indirizzare gli atteggiamenti e quindi, spesso, comportamenti della gente con particolare riguardo alle situazioni politiche.

Tempo fa, pensavo di avere scoperto una nuova sindrome che ha un estremo nelle forme gravi di psicopatologia e l’altro estremo nella vita normale delle persone. Cioè la necessità di sentirsi “cattivi” e l’ho denominata Scorpionite , colpevolizzando quel povero aracnide velenoso dall’aspetto sgradevole che lotta, come tutti noi, per la sopravvivenza e ricollegandomi quindi ad una nota favoletta orientale della rana e dello scorpione.

Premettiamo che a livello più specificatamente psicologico un meccanismo nostro di base è relativo all’identificazione con gli altri. Cioè c’è una tendenza a sentire dentro di noi quello che pensiamo esserci dentro altre persone (e non solo umani ma anche animali, oggetti ecc.). Se io vedo un bambino che piange o un gattino abbandonato, provo dei sentimenti di sofferenza perché in quel momento mi sono identificato con loro. Lasciando stare le varie ipotesi sull’insorgenza e persistenza di questo meccanismo (che ora, banalmente, si definisce anche come empatia) sembra che non possiamo bloccare questo atteggiamento ma, si obietterà, come mai sono in molti a non sentirne la forza. In termini più ideologici: perché non siamo tutti buoni? E non solo con i gattini abbandonati ma anche con le persone di tutti i tipi che, a torto o a ragione viviamo come sofferenti? Perchè siamo insensibili o addirittura vogliamo provocare questa sofferenza?

Lasciamo stare tutte le spiegazioni abbondantemente ideologiche, morali, religiose, filosofiche. Sono sempre state esercizi retorici (e magari con ambiguità e doppi fini impliciti). Quando una parte politica (senza far nomi, ma sappiamo chi sono), gioca sulla paura di eventuali invasioni straniere, sa anche che non è solo questa paura a strappare vistosi consensi, ma anche il risvegliare, sia pure non confessabile apertamente, quei sentimenti di cattiveria. Appunto la Scorpionite, che albergano in tutti noi e che magari ogni tanto e anche spesso con sfumature, gestiamo nei rapporti privati (parenti, amici, colleghi, superiori ecc.), accompagnate magari con ruminazioni, dialoghi interni, fantasie vendicative, che ogni persona dabbene si guarderebbe dall’esplicitare pubblicamente.

La politica dell’odio utilizza ampiamente questo odio privato. Ma tralasciando le ideologie relative alla persistenza in ognuno di noi di pulsioni aggressive non controllabili (come fa qualche avvocato difensore di imputati violenti, magari omicidi), quello che risalta è che l’identificazione con la sofferenza altrui viene bloccata, facendo subentrare, nella molteplicità dei casi il meccanismo della negazione (non ci penso…) ma che affonda le proprie radici in un sentimento iroso, vendicativo, costruito dall’infanzia in poi nella relazione presunta o reale con altri. Cioè la legittimazione ad essere “cattivi” perché altri sono stati così nei nostri riguardi. Cioè si utilizzano sentimenti paranoidei, per sopravvivere alle frustrazioni (reali, superdimensionate o immaginate).

E poi, c’è anche altro: da un lato la ribellività nei riguardi dell’ideologia della bontà, vissuta come coercitiva ed anche ambigua(e qui non si hanno tutti i torti). Dall’altro lato anche il sentire la propria cattiveria quasi come un destino esistenziale, epico, che da senso alla vita, ovviamente narcisisticamente , anche se con conseguenze disastrose, appunto la Scorpionite.

E i politici? Il loro utilizzo dei sentimenti “bassi” della gente è sotto gli occhi di tutti e non hanno bisogno di qualche consulente psicologico ma basta che vadano a pescare in se stessi e possono trovare un’ampia gamma di suggerimenti. Il problema è ovviamente se ne fanno un uso cinico e calcolato oppure se essi stessi ne sono convinti. Questa è la situazione più pericolosa perché chi agisce per calcolo, può sempre essere “comprato” (e poi ci sono i pentiti…). Chi agisce per convinzione ha, nelle convinzioni, una difesa estrema addirittura della propria esistenza:la mia convinzione è me stesso.

Nota finale: E’ evidente che quello che ho illustrato si riferisca essenzialmente ai politici di destra, basti pensare a migrazioni, discriminazioni ecc..ma anche quelli di sinistra hanno non poche zone oscure, attuali ed anche storiche. Un giorno varrà la pena di parlarne, utilizzando proprio il paradigma della Scorpionite.

TAG: politica
CAT: Psicologia

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