Psicopolitica: la ribellione del quiet man

5 Settembre 2018

Quando parliamo di ribellione, ce la raffiguriamo con masse di scalmanati che si agitano e vanno all’assalto di qualcuno o di qualcosa. Ma se pensiamo all’uomo tranquillo che è tutto impegnato ad accudire alla propria famiglia, dandole una casa confortevole, magari anche una seconda casa, a far studiare i figli, a scegliere villeggiature piacevoli ed originali, e dotarsi anche di un Suv (a volte di marca romena, per via del prezzo), non possiamo associarlo a quegli scalmanati ribelli. Si, qualche ribellione privata è tacitamente ammessa: qualche adulterio, un certo lasciar fare a bambini e ragazzi (anzi fornendo loro anche i mezzi economici necessari), magari anche adornarsi di qualche tatuaggio e prendere il sole in topless. Ma il suo orientamento ideologico è, meglio era, di tipo conservatore con un orientamento moderatamente progressivo e civico.
Anche i suoi anziani genitori, ricoprivano con serenità (apparente) il proprio ruolo di nonni amorosi nei riguardi dei nipotini.

I partiti politici, finora (quelli di destra ma anche un po’ a sinistra) avevano curato questo bacino di utenza del consenso (definibile meglio, in termini di marketing come target di potenziali consumatori). Poi è successo quello che è successo.
Il nostro quiet man e i nostri nonni amorosi si sono scatenati in tumulti elettorali, in invettive violente, in propositi vendicativi. Così i partiti conservatori, più o meno illuminati, di destra ed anche di sinistra, si sono trovati ampiamente svuotati mentre le altre forze, definite “populiste”, con una sapienza da marketing managers di successo, hanno fatto man bassa, nel rigoglioso target delle persone tranquille.

Tutto ciò è stato ampiamente coadiuvato e legittimato dall’azione dei media, dei giornali (soprattutto quelli di destra dei quali non si capisce più l’orientamento effettivo), dai dibattiti in TV. Che la ribellività sia un dato comune a tutte le creature viventi è ovvio e nella storia dell’umanità ha fatto abbastanza progredire l’umanità stessa ma questa è un affermazione ovvia. A noi interessa qui perchè il nostro quiet man si sia scatenato con tanto livore. La causa fondamentale può essere identificata nella frustrazione reale che una dinamica economica “liquida” produce incutendo paura. Ma c’è qualcosa d’altro e cioè il risveglio di tendenze ribellive che si originano nell’infanzia e che la sapiente socializzazione ( quella che psicoanaliticamente chiamiamo Super-Io) provvede a reprimere e convogliare in comportamenti innocenti e ammessi oppure nella ristretta cerchia delle proprie fantasie.

Ma qui, ora, proprio la comunanza dei sentimenti repressi, emancipata dalla legittimazione e dalla nuova autorevolezza di sapienti soggetti, può scatenarsi anche con una cattiveria che cerca di riequilibrare le proprie frustrazioni reali e fantasmatiche. E si usa molto l’estremizzazione lessicale, come se il bambino avesse scoperto di poter dire le brutte parole. In termini psicologici possiamo dire che il vecchio Super-Io conservatore è stato sostituito da un nuovo Super-Io che usa l’aggressività che gli è propria per paranoicizzare l’esterno. Il problema è che un conto è la ribellività fantasticata ed espressa semanticamente, un conto è l’effettivo esercizio del potere politico da parte di chi sa sfruttare il consenso che ne deriva. E spesso, e la Storia ce lo insegna, tramite il consenso ribellivo si costruisce un nuovo conservatorismo.

Forse c’è un segmento di popolazione che è indenne a tutto questo e che costruisce una prospettiva sociale diversa, apolitica, e sono quei giovani (non tutti, si consolino le anime belle), che vivono ormai, da tempo nuovi comportamenti, atteggiamenti, valori, che si guardano bene di leggere giornali e guardare la tv, ma che si ubriacano di social e di spinelli, e per i quali i cellulari diventano ormai una protesi corporea. Gli adulti non sanno come gestirli (e forse hanno anche invidia). Sarà questo il modello della nuova società? Anche perchè qualcuno, avveduto, cercherà con nuove modalità, di averne il consenso.

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CAT: Psicologia

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