Perché sbagliando non sempre si impara?

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20 Giugno 2017

Relazionarsi con gli altri è difficile, ok, ma perché in certi casi proprio non riusciamo ad imparare? In questo campo ripetere i soliti errori può avere conseguenze molto care. E allora perché insistiamo? Ad esempio perché continuiamo a frequentare persone “sbagliate” per noi o a rapportarci in modo controproducente con il nostro capo? Forse perché spesso nemmeno ci accorgiamo di sbagliare e diamo la colpa agli altri? Come se in un rapporto a due non pesassero i comportamenti di entrambi. Ne abbiamo parlato con la alla dottoressa Emanuela Mazzoni, psicologa specializzata in counseling relazionale.

Perché spesso nella vita non ci accorgiamo di sbagliare?

Ognuno di noi è cresciuto in un certo ambiente relazionale; fin da quando siamo dentro l’utero ci è capitato di assorbire e abituarci ad interagire con un certo tipo di relazioni, siano esse state per noi nutrienti, formative, supportanti oppure ambivalenti, degradanti, squalificanti e questo a seconda del nostro caregiver e delle sue relazioni familiari più strette, ovvero quelle che hanno avuto a che fare con la costruzione di quel certo “ambiente” relazionale.

Questo imprinting relazionale, ci ha profondamente plasmato e la nostra personalità si è costruita a partire da quell’impronta. Poi siamo entrati in contatto con altri e sempre più numerosi ambienti relazionali: la scuola, e quindi i compagni e le maestre, gli sport e quindi i compagni di squadra e l’allenatore, per alcuni la vita parrocchiale e quindi il prete e i parrocchiani e via dicendo. Ogni ambiente frequentato aveva un certo sapore; si respirava una certa aria e lì abbiamo vissuto certe esperienze.

Ecco gli errori, ma anche i nostri comportamenti virtuosi nascono nelle relazioni, che compongono la nostra storia e che scegliamo per noi a seconda di chi siamo diventati.

È ovvio che, in un tal processo di co-costruzione continuo, come quello descritto, è difficilissimo accorgersi di sbagliare. Ci accorgiamo che qualcosa non funziona quando soffriamo in una relazione, quando vorremmo raggiungere risultati che non otteniamo, quando qualcosa nel nostro ambiente si rompe: ecco c’è una crisi e di solito solo allora è possibile che nasca il bisogno di capirci meglio.

Ciò che ho esperito in prima persona sia professionalmente che umanamente è che non esistono soluzioni buone per tutti, ovvero la stessa risoluzione non va bene per persone differenti. Ciò che è comune è il percorso: crisi – individuazione del disagio – aumento di consapevolezza – incontro di una o più soluzioni ad hoc – miglioramento della vita.

Sono molto lieta di poter testimoniare che mi capita, nel mio lavoro di formazione alla crescita personale, di incontrare persone che invece di iniziare il percorso a seguito di una crisi, lo iniziano e basta, ovvero ascoltano la spinta interiore di ricerca di sé, che tutti abbiamo come esseri umani, e si avviano nella strada dell’aumento di consapevolezza ed affettività.

Come mai è così difficile capire dove si è sbagliato, “autoanalizzarsi”?

Per comprendersi è necessario disporsi ad ascoltarsi. Questo stato interiore è spesso impedito da negazioni, scissioni e proiezioni, ovvero dai meccanismi di difesa che inneschiamo per proteggerci dalle nostre paure, una delle quali è quella del cambiamento.

Chi nega si dirà che non è vero ciò che sente emergere; chi scinde cambierà pensiero o discorso; chi proietta controbatterà fortemente al vissuto emergente incolpandolo di ogni negatività. Un consiglio che do volentieri a tutti coloro vogliano comunque provare ad autoanalizzarsi è iniziare a scrivere la propria autobiografia. Scrivere gli eventi, gli episodi, le sensazioni che hanno caratterizzato la propria vita è un primo punto da cui partire per comprendersi.

Perché spesso ripetiamo gli stessi comportamenti sbagliati, non riusciamo ad uscire da certi schemi? Come si può evitare?

Persone che hanno vissuto vuoti affettivi, andranno sempre alla ricerca di colui o colei che riempia finalmente quel bisogno di sentirsi completo e che lo faccia sentire amato. Ovviamente quella persona non esiste, prima di tutto perché non esiste nessuno capace di riempire totalmente un’altra persona, se non Dio (per coloro che ancora credono). Mentre possiamo essere completati dalle molteplici relazioni che viviamo e in ognuna di esse esprimerci o sentirci capiti in maniera totalmente diversa, senza comunque togliere importanza alle altre persone.

Noi stessi scegliamo, per il valore della fedeltà, di avere una relazione sessuale con un solo partner alla volta, ma ciascuno può testimoniare il fatto che nella vita ci siano state molteplici relazioni affettive significative, senza che per questo si sia dovuti necessariamente ricorrere anche al canale sessuale.

Evitare di innestare nelle nostre relazioni, soprattutto in quelle dell’età adulta, che verosimilmente ci accompagneranno per gran parte della vita, gli stessi “virus” che ci portiamo dentro da anni è un’impresa in cui vale la pena di cimentarsi, per vivere più felici.

Invito chi volesse saperne di più a scrivermi: emanuela.mazzoni@prepos.com.

 

TAG: errore, psicologia, relazioni
CAT: Psicologia, relazioni

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