A sproposito di Oriana… la Fallaci che nessuno cita

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16 Novembre 2015

Oriana Fallaci sapeva scrivere con ineguagliabile forza nei verbi, nei nervi, nella carta e nella carne. Il suo “LA RABBIA E L’ORGOGLIO” pubblicato dal Corriere della Sera dopo l’11 settembre 2001 che ella visse a New York come suo ultimo report da un fronte di battaglia, è di nuovo citatissimo in questi giorni di spavento e sangue (come profetica condanna dell’ “invasione islamica” dell’ Europa e dell’Occidente) dai tanti che negli atroci fatti di Parigini vedono una nuova conferma di quanto la terribile Oriana avesse visto lungo. Nei brani trascritti sui social, virgolettati negli editoriali o declamati in conferenze e comizi inquieti, la RABBIA della Fallaci risorge vibrante, eccitata, potente. Questo cerca chi la cita, e la ringrazia: il popolo arrabbiato, anzi rabbioso, trova una giustificazione di origine controllata e garantita. A questo punto il politico di turno, o il giornalista, passa al botteghino dei consensi. E lì si ferma, pago.

Morta lì? Quanto è tradita, svilita, strumentalizzata la RABBIA della Fallaci da questi rabbiosi da quattro soldi! Chiunque abbia letto l’articolo, o breve saggio che sia, lo sa costruito su due poli: LA RABBIA, E L’ORGOGLIO. Due termini, non uno. E’ il titolo, non ci vuole poi molto… E cos’è questo ORGOGLIO? E’, in sintesi, l’orgoglio della propria cultura, delle proprie radici sociali, dei valori che fondano il consesso civile, in una parola fallaciana: della Patria. Ora, siccome il saggio tratta – innanzitutto – degli Stati Uniti d’America, la Fallaci esplicitamente si riferisce alla Father-Land valoriale di una società multiculturale, multietnica, crogiolo di emigranti, melting-pot di energie, the land of opportunities dove la libertà democratica di pensiero, di parola e di fede religiosa hanno quella basilare e fenomenale importanza che ne fa un tutt’uno con la simbologia patriottica della bandiera a stelle e strisce e con la storia stessa degli Stati Uniti d’America. Questi valori difende la Costituzione americana, questi valori si celebrano nell’inno nazionale cantato con la mano sul cuore o suonato dalla chitarra distorta di Jimi Hendrix a Woodstock. E questo ORGOGLIO difende la Fallaci, non l’orgoglio di arrabbiarsi e basta. Non era mica scema. Poi si potrà discutere di come l’America di Bush jr. interpretò concretamente quell’orgoglio patriottico nelle decisioni e nei fatti che fecero seguito all’ attacco terrorista dell’ 11 settembre: Oriana Fallaci giustificò e appoggiò, finché fu in vita, la risposta di vendetta in Afghanistan e la guerra a Saddam Hussein. Oggi noi ne conosciamo gli inganni e i disastri e dobbiamo dire: anche sbagliò, la rabbia fu cattiva consigliera. Ma il ragionamento sui valori fondanti della democrazia è vivo, e molto più scomodo e tagliente per noi italiani.

Perché di Italia, infatti, LA RABBIA E L’ORGOGLIO parla eccome: “Ah, se l’Italia imparasse questa lezione! È un Paese così diviso, l’Italia. Così fazioso, così avvelenato dalle sue meschinerie tribali! Si odiano anche all’ interno dei partiti, in Italia. Non riescono a stare insieme nemmeno quando hanno lo stesso emblema, lo stesso distintivo, perdio! Gelosi, biliosi, vanitosi, piccini, non pensano che ai propri interessi personali. Alla propria carrieruccia, alla propria gloriuccia, alla propria popolarità di periferia. Pei propri interessi personali si fanno i dispetti, si tradiscono, si accusano, si sputtanano… Io sono assolutamente convinta che, se Usama Bin Laden facesse saltare in aria la Torre di Giotto o la Torre di Pisa, l’ opposizione darebbe la colpa al governo. E il governo darebbe la colpa all’ opposizione. I capoccia del governo e i capoccia dell’ opposizione, ai propri compagni e ai propri camerati.” Stranamente, questo brano, così vicino ai casi nostri anche a tutt’oggi, non è mai citato dagli arditi Fallaciani nostrani. E nemmeno quest’altro: “Quanto al becero con la camicia verde e la cravatta verde, non sa nemmeno quali siano i colori del tricolore. Mi-sun-lumbard, mi-sun-lumbard. Quello vorrebbe riportarci alle guerre tra Firenze e Siena.” Poi, frattanto, anche i tempi di Bossi son passati. Ma ai revanscisti del tricolore che citano e ricitano l’Oriana della RABBIA domandiamo, con calma… di quale Patria parlate? Cosa c’è sotto la bandiera? Quali valori dovremmo con voi difendere? Quali cacciare? Con quale ORGOGLIO dovremmo combattere la vostra battaglia? La Fallaci a queste domande rispondeva, e la risposta NON era: etnia, razza, autarchia. Era Democrazia, Libertà, Uguaglianza. Forse le mancava un pochino la Fraternità, come anche la Pietas Cristiana. Ma nessuno è perfetto… Sta di fatto che chi la tradisce, la dimezza, ne fa poco più di una parolaccia.

Qualche anno fa, quando a Milano si litigava risibilmente per dedicarle o no l’intestazione di una strada, scrissi questa cosa:

 

L’ORIANA

Ora ti chiamano alla milanese

come la cotoletta
o la Vanoni.

Avrai una via una felpa una fiction
una vecchia acidella che imita il tuo sguardo
ma non fuma.

Si intestano
La Rabbia
la particina comoda
applausi che trasudano le ascelle della piazza
le urla i morsi i graffi e gli spintoni.

L’Orgoglio
e la vergogna
l’America, l’Europa, Firenze, Italia, Grecia, un uomo, una Penelope
il cancro nella pancia
sono problemi tuoi.

Noi ci siamo rotti i coglioni.

TAG: attentati parigi, giornalismo, immigrazione, isis, islam, italia, oriana fallaci, terrorismo
CAT: Questione islamica, Terrorismo

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