Da profuga ad aviatrice intorno al globo

7 Marzo 2022

Una storia per l’8 marzo. Shaesta Waiz è stata la prima donna nata in Afghanistan a ottenere la licenza di pilota di aereo e nel 2017 la più giovane donna a completare il giro del mondo in solitaria a bordo di un velivolo. Impresa di 30 tappe in 22 nazioni realizzata a bordo di un piccolo Beechcraft Bonanza A36.

Come in molti altri campi, lo stato di salute dell’aviazione può essere misurato dal grado di partecipazione delle donne e alle mansioni che riescono a ritagliarsi. Certo nel mondo occidentale, almeno così crediamo e siamo abituati a pensare. In realtà, come abbiamo visto negli scorsi anni in occasione dell’8 marzo, la presenza femminile in ambito aeronautico offre alcune sorprese.

Ora, secondo le statistiche più recenti dell’associazione internazionale delle donne pilota, in cabina di pilotaggio le differenze di genere sono schiaccianti. Gli uomini, siano essi comandanti o primi ufficiali, rappresentano oltre il 94 per cento della forza lavoro nel mondo. Poco importa che si tratti di compagnie aeree commerciali, cargo, charter, taxi o turistiche, le percentuali non cambiano. Per quanti sforzi siano stati fatti in questi anni per attirare un numero sempre maggiore di ragazze alla carriera in aviazione, la crescita è minima. Livellata, dicono i numeri, dall’abbandono dopo una media di 5 anni, causa l’impossibilità di coniugare tempi di lavoro con quelli famigliari e, in primo luogo, la mancanza di prospettive di carriera. Di fatto le donne vedono sbarrata la strada della progressione e del miglioramento nelle compagnie aeree dove sono impiegate.

Ma le difficoltà, per le donne cominciano ben prima di avviarsi alla carriera professionale a solcare i cieli. Gli ostacoli più alti si trovano nell’infanzia e nell’adolescenza e consistono nei pregiudizi ancora molto diffusi che precludono alle ragazze gli studi in ambito scientifico e tecnologico, le cosiddette materie STEM. Secondo un rapporto della Banca Mondiale, globalmente ogni 100 studenti maschi iscritti all’università ci sono 115 studentesse. Però solo il 7 per cento di queste ultime si iscrive a corsi di ingegneria, manifattura e costruzioni, contro il 22 per cento dei maschi; solo il 5 per cento sceglie matematica, scienze naturali o statistica (per i maschi è il 6 per cento); quota che scende al 3 per cento per informatica e tecnologie digitali dove invece la presenza maschile è quasi tre volte, cioè l’8 per cento. Perché? Stereotipi e pregiudizi che si formano a volte separatamente in ambito familiare, scolastico e sul luogo di lavoro, spesso formando un mix micidiale che fa desistere le ragazze dall’intraprendere corsi di studio nelle materie scientifiche, tecnologiche e matematiche.

Non mi addentro nei correttivi proposti dalla ricerca, non è questa la sede, però è chiaro che le donne che si iscrivono alle scuole di aviazione nel mondo restano in numero di gran lunga inferiore ai coetanei maschi. Anche qui, ci sono differenze enormi da un paese all’altro. L’India resta il paese con il maggior numero e la maggior quota di donne pilota. Ben il 12,4 per cento, seguita da Irlanda e Sud Africa con rispettivamente il 9,9 e il 9,8 per cento di donne in cabina di pilotaggio. Seguono via via le altre nazioni, con Singapore a chiudere la classifica con l’1 per cento. Italia non pervenuta.

Bene, e la nostra storia dov’è? Eccola, la propongo nella speranza sia di ispirazione a tutte quelle ragazze che non si accontentano di un orizzonte fatto di figli, cure parentali e magari un lavoro part time così da arrotondare un po’. E, naturalmente, alle rispettive famiglie.

Shaesta Waiz è nata nel 1987 in un campo profughi in Afghanistan. Poco dopo la sua nascita i genitori sono fuggiti dal paese sotto l’occupazione sovietica – se la cosa vi suona terribilmente familiare beh, lo è e faremmo bene a ricordarcelo. Approdarono in California in un sobborgo di Richmond: povertà, scuole pubbliche trascurate da tutti, studenti inclusi. “Credevo che il mio futuro consistesse nello sposarmi in giovane età e nel mettere su una grande famiglia”, ricorda lei stessa. “È stato solo quando ho scoperto l’aviazione che ho iniziato a pensare di avere una carriera e di andare al college”. Waiz ha avuto la fortuna di una famiglia pronta a sostenerla e a fare sacrifici per rincorrere i suoi sogni. È riuscita a seguire un’istruzione in ambiti non tradizionali, per lo meno per le ragazze e per persone con il suo background sociale, ed è diventata la prima donna dell’Afghanistan a ottenere il certificato di pilota, oltre ad essere la prima persona della sua famiglia a conseguire una laurea e un master, entrambi presso la Embry-Riddle Aeronautical University.

Ha avviato Dreams Soar un’iniziativa no profit per condividere la sua storia con le donne di tutto il mondo, per far loro sapere che è possibile realizzare i propri sogni, indipendentemente dalle difficoltà e dalle origini.

Tra il 2015 e il 2016 Waiz ha organizzato la circumnavigazione del globo con un aereo monomotore. Il giro è stato compiuto tra il 13 maggio e il 4 ottobre 2017 con partenza e arrivo a Daytona Beach. La rotta ha incluso 30 tappe in 22 paesi in cinque continenti per un totale di quasi 25.000 miglia nautiche volate, di fatto realizzando il sogno pensato da Amelia Mary Earhart nel 1938. In tutto sono stati 32 gli eventi di sensibilizzazione collaterali al tour che hanno ispirato oltre 3.000 ragazze e ragazzi a sulle materie STEM. Ciascuna fermata è stata strategicamente selezionata in base alla necessità di un intervento STEM. In Italia Waiz ha fatto scalo a Cagliari.

Memore delle difficoltà avute da ragazza, Waiz ha avviato con la Embry-Riddle University, il Women’s Ambassador Program, un’iniziativa che per guidare e supportare le giovani donne che seguono un’istruzione in aviazione e ingegneria. In seguito, ha cercato di trasferire le sue conoscenze e la sua influenza su scala globale, aprendo collaborazioni e organizzando eventi in decine di paesi tra cui Egitto, Francia, Thailandia, Sri Lanka, Grecia, Emirati Arabi Uniti, Svizzera, Messico, Australia e Indonesia.

“Ogni volta che apro la porta di un aereo, mi chiedo: ‘Come ha fatto una ragazza con il mio background a diventare così fortunata?'”, afferma Shaesta Waiz. Ha proprio ragione, ancora oggi, diventare pilota di aereo per una ragazza è un mezzo miracolo.

Post pubblicato originariamente sul blog partodomani.it

TAG: 8 marzo, aviazione, donne, stem
CAT: Questioni di genere

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