Selfie delle mie brame

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17 Luglio 2015

Lo scorso 9 luglio l’Unione Europea ha deciso di lasciare inalterata la Libertà di Panorama, un diritto che sembra assurdo anche da pronunciare, nato con la realtà digitale in cui oggi siamo immersi. Questo legittima tutti i turisti a postare le foto del Colosseo su Facebook senza chiedere l’autorizzazione a Vespasiano, che ne volle la costruzione nel 72 d.C. Perché immortalarci con la fotocamera interna è diventato un bisogno da soddisfare, per creare un diario di sé da condividere in rete. Un’abitudine che, però, rischia di accantonare il vero motivo di un’esperienza (come il viaggio): l’emozione di vivere un avvenimento irripetibile.

La “bulimia dell’immagine” –come definita da Roberto Cotroneo- è diventata una prassi per combattere la solitudine. In questi giorni ho chiesto ad un campione di persone di diverse fasce d’età cosa fosse per loro “l’autoscatto” –come continua a chiamarlo Gianni Morandi- e la prima risposta che mi sono sentita dire è stata: «Parli di selfie o autoscatto? Perché l’autoscatto è una funzione del cellulare che non uso mai».

Lasciandomi alle spalle la sensazione di vecchiaia che mi ha travolto, ho continuato la mia intervista. Alla domanda “Perché ti scatti i selfie?” sono seguite queste motivazioni:

Fascia Teenager 13-17: «Li scattiamo per sentirci giudicati bene, li pubblichiamo per ostentazione o noia. Instagram ci obbliga alle immagini, senza troppe descrizioni. Non è un “bisogno di pubblicarmi” ma per essere presente, per far capire alla mia rete che quel giorno ci sono. Pubblico una foto solo se mi sento bella, e quando ricevo pochi like la cancello».

Fascia Giovani 20-29: «Selfie è sinonimo di comodo e veloce. Si vede bene il viso e decidi tu che taglio mostrare. Puoi farlo da solo, senza chiedere ad altri di scattare. Pubblichiamo quando siamo sicuri che la foto verrà apprezzata, ormai conosciamo i fattori che portano a mettere Like».

Fascia adulti 30-40: «Facciamo selfie perché è una tendenza. Immortaliamo momenti di quotidianità o svago, ma solo se una situazione lo chiede. Preferiamo fotografare paesaggi e tramonti. Forse perché ci sentiamo fuori target. E un selfie in metro..ma dai».

Fascia Over 40: «Faccio selfie da quando me lo ha insegnato mia figlia: è un modo per avvicinarmi al suo tempo. Poi, sinceramente, visto il mezzo, meglio che le foto me le scatti da solo: ottengo l’inquadratura che voglio e mi rendo conto di quale sia la luce che nasconde più rughe».

Massimo comun denominatore: riconoscersi nello scatto. Minimo comune multiplo: affermazione di sé stessi.

I teen e i giovani risultano essere le fasce più esposte al fenomeno. Quelle, guarda caso, che ancora hanno a che fare con la costruzione del proprio io, intorno alla quale girano moltissimi elementi legati all’identità, al riconoscimento e alla coscienza di sé stessi. Tutti fattori che una volta dipendevano esclusivamente dal contesto -sociologicamente inteso- entro il quale si viveva. Ma se per contesto intendiamo l’insieme dei criteri con cui in un dato periodo storico si regolano e giudicano le interazioni e i rapporti interpersonali, capiremo che il selfie non è altro che un fenomeno del suo tempo.

Portando invece una spiegazione scientifica del comportamento, secondo gli psicologi il selfie “ossessivo” -quello delle persone che, per definizione, pubblicano più di sei foto al giorno- è segno di mancanza di autostima, che chiede consenso in un mondo ubiquo immortalando –e quindi fermando- la realtà delle relazioni.

A dispetto del confronto vivo, la Rete è il luogo entro cui oggi si cerca un’affermazione sociale in realtà anonima perché abitata da troppi account-narcisi a noi sconosciuti. Narcisi non solo per le loro superficiali ambizioni legate all’aspetto, ma anche perché dimostrano estremo rifiuto delle critiche («quando ricevo pochi like la cancello»).

Nulla in contrario alle foto in vacanza, se è la tendenza che detta legge. Ma meglio riflettere, davanti a un tramonto. Meglio parlare, all’aperitivo. La descrizione delle sensazioni è esercizio complesso. E quella si che è soggetta a copyright.

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CAT: relazioni

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