L’apertura della Metro c si avvicina, ma a Roma non si deve sapere

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31 Ottobre 2014

In qualsiasi città l’inaugurazione di una nuova opera pubblica sarebbe vissuta dalla classe politica con trepidazione. Partecipare al taglio del nastro con la speranza di essere inquadrato nella foto simbolo della giornata ha sempre costituito, per chi intraprende la carriera politica, uno di quei momenti che ripaga da tante amarezze. Nella capitale dominata dalle incompiute, Roma, l’apertura parziale della nuova Metro C si sta trasformando invece in un incubo per l’intera classe dirigente. Che già teme l’ennesimo flop.

Nel giugno 2011, il vecchio sindaco Gianni Alemanno, dopo numerosi falsi allarmi, fu costretto ad inaugurare la Metro B1 quasi di nascosto alle cinque e trenta del mattino per evitare brutte figure. A tre anni di distanza, anche Ignazio Marino sembra destinato a fare la stessa fine. La paura di sbagliare di nuovo, dopo la mancata partenza dell’11 ottobre imposta dal ministero dei Trasporti, è tanta. E così pochi giorni fa l’assessore alla mobilità Guido Improta, a chi gli chiedeva quale fosse la data di apertura della Metro C, rispondeva sibillino: “tra il 2 e il 9 novembre”.

In realtà, come riferiscono fonti interne all’Atac, l’obiettivo è quello di “essere pronti almeno per il 5”. Anche perché, immaginare il primo viaggio nel giorno della commemorazione dei defunti non sarebbe certo un bel biglietto da visita. Di sicuro, in questo caso, il primo fiore andrebbe deposto alla memoria del pilota automatico, una delle prime vittime della nuova linea. Il dispositivo driverless, fiore all’occhiello della nuova Metro C, avrebbe dovuto permettere ai convogli di viaggiare senza il supporto del macchinista. Ma non entrerà in funzione, a quanto pare, per motivi di sicurezza.

Nell’attesa del primo viaggio ufficiale, lungo la linea proseguono ferrate le simulazioni e i treni partono dal capolinea di Pantano ogni 12 minuti. Senza passeggeri, questo va sottolineato, tutto pare filare liscio. Fuori, però, c’è ancora molto da lavorare in quasi tutte le stazioni della tratta, dove in parte risplendono ancora i bandoni gialli dei cantieri. A Pantano, ancora oggi, i camion posavano i new jersey in cemento armato per delimitare l’area di parcheggio, mentre i pochi operai presenti sul posto sistemavano alcuni parapedonali di fronte all’ingresso: qui, secondo il sito ufficiale di metro C, i lavori erano già stati ultimati dal dicembre 2013.

Una volta completata, l’opera, che dal 2006 ha già fagocitato 3,7 miliardi di euro pubblici, modificherà radicalmente il volto della città. Ma nella guerra dei conti fra amministrazione comunale, il Cipe e il Consorzio dei costruttori, nessuno sa ancora dire con certezza quando i romani potranno servirsi almeno della stazione di San Giovanni, indispensabile per la connessione con la linea A. Fino ad allora, l’ unica funzione della linea sarà quella di non portare in nessun luogo definito. Dal tracciato, che in corso d’opera ha subito circa 45 varianti, sono state escluse infatti le infrastrutture principali che insistono sulla via Casilina: il Policlinico e l’università di Tor Vergata, dove quotidianamente transitano decine di migliaia di persone.

Per cui, con la nuova Metro C si potrà andare, da una periferia estrema, Pantano, a una periferia meno estrema, Centocelle, ma il centro cittadino, così come i principali nodi di scambio, per ora, rimarranno un miraggio e saranno raggiungibili solo utilizzando gli affollati mezzi pubblici già esistenti. In questa assenza totale di pianificazione, la vecchia ferrovia Giardinetti – Laziali, inaugurata nel 1916, continuerà ad essere più utile e funzionale. Niente male come inizio per la metro più discussa (e costosa) della storia d’Italia.

TAG: Gianni Alemanno, Ignazio Marino, Metro C
CAT: Roma

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