Tagliano un bosco ma non sanno cosa fanno
Le notizie si rincorrono sulla rete: un bosco, di querce secolari nella Riserva Naturale regionale di Decima Malafede, è oggetto di tagli. Siamo nella Macchia di Capocotta , un gioiello che, a pochi chilometri dal centro di Roma, conserva un angolo di campagna romana, con sughere e ambienti che evocano una grande bellezza, non quella effimera e decadente, ma quella ben più solida che fa, del paesaggio dell’Agro Romano, una risorsa da tutelare e difendere.
Un taglio ceduo, in una parte di proprietà privata, dove il proprietario svolge attività di gestione del bosco, per ricavare un certo quantitativo di legna da ardere.
Un luogo di importanza rilevante, da punto di vista naturalistico e ambientale, con una presenza consistente di biodiversità, è ridotto al mero calcolo economicistico di metri cubi di legna che andrà ad alimentare caminetti e forni per pizze.
Le polemiche sull’autorizzazione rilasciata da Roma Natura, l’ente della Regione Lazio che vigila sulla riserva, sono la spia di un malessere relativo a una mancanza di strategia: da anni le aree naturali protette sono immerse in un’incertezza amministrativa e di visione, spesso commissariate, prive degli strumenti di piano e delle risorse necessarie a garantire il loro funzionamento.
Se non riesce a evitare un taglio di alberi o una lottizzazione abusiva il problema non è solo riferito a quella porzione di territorio: il danno lo subiamo tutti, come collettività, rinunciando a gestire gli spazi naturali e i beni comuni. Boschi, laghi e praterie svolgono, come tutti gli ecosistemi una serie di funzioni, di mantenimento degli equilibri naturali: sono i servizi ambientali, che hanno un valore e un costo, monetizzabile in termini di quanto quei servizi sono essenziali per il ciclo delle risorse e della vita stessa.
A pochi mesi dall’avvio di EXPO 2015, dove il tema recita “Nutrire il Pianeta, Energia per la vita” sembra normale tagliare un bosco, in un’area particolarmente fragile e sottoposta a pressioni, accanto alla città, Roma, che del suo paesaggio e della sua storia fa un punto di forza.
Sembra strano che il problema degli ettari di bosco da tagliare sia una semplice bega burocratica, da affrontare con carte bollate e ricorsi: non è così, il Mondo sta andando in un’altra direzione. I cambiamenti climatici e la crisi energetica spingono le nazioni a modificare le loro politiche in materia di territorio e di tutela della biodiversità: gli ecosistemi si recuperano e si rigenerano, ricostruendo habitat degradati, cercando di legare le città agli spazi naturali in modo da aumentare la capacità di adattamento e di resilienza.
Proprio Roma sta avviando la definizione di un Piano di Resilienza , inserita nel network internazionale 100 resilient cities promosso dalla Rockefeller Foundation: un passo necessario per innovare le politiche di gestione del territorio e creare condizioni affinché la città sia in grado di sopportare shock e situazioni meteorologiche sempre più estreme.
Ecco, forse la contraddizione sta proprio qui: confondere il valore di pochi metri cubi di legna con il valore di una città che deve prepararsi ad affrontare le sfide del futuro: peccato che i tempi della Natura non siano quelli degli uomini. Un bosco si taglia in pochi giorni ma perché cresca e svolga la sua funzione naturale occorrono anni e decenni: quando chi governa avrà compreso questa lezione, forse, saremo in grado di affrontare le scelte del futuro.
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