In piazza per chiedere le cure domiciliari contro il Covid: oscurati dai media

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9 Maggio 2021

Erano più di 5000 persone in Piazza del Popolo a Roma, provenienti da tutta Italia. Pazienti, soprattutto, assistiti dai molti medici che in questi mesi li hanno curati dal Sars Cov -2, direttamente a casa. E che si sono trovati insieme sul palco.

Il Comitato Terapiadomiciliarecovid19, partorito da un’idea dell’avvocato Erich Grimaldi e tradottosi in una pagina Facebook in cui oltre mille medici da tutta Italia hanno fornito assistenza medica gratuita a tutti coloro che hanno dichiarato sintomi da Covid, sabato 8 Maggio hanno provato a fare sentire la loro voce.

Chiedono che lo schema terapeutico, già presentato al Ministero della Sanità e al CTS, sia fatto applicare a tutti i medici di base.

Per capire chi cosa si tratta, bisogna fare un passo indietro.

Da oltre un anno infatti, un gruppo di medici di base, capeggiati dall’avvocato Grimaldi, hanno compreso che chi viene colpito dal virus, deve essere curato subito. La vigile attesa e l’uso della Tachipirina, così come stabilito dal ministero della Salute, dal Comitato Tecnico Scientifico, e dall’Istituto Superiore della Sanità, determina un aumento dei malati e un loro peggioramento clinico. Per questa scelta si riempiono gli ospedali, s’affollano le terapie intensive e molti pazienti, purtroppo, muoiono.

Il Comitato scopre che l’uso di antibiotici, antitrombotici e di antinfiammatori virali, possono costituire una salvezza certa per chi si ammala, potendo evitare l’ospedalizzazione e dunque le cure in un luogo ad alta carica virale.

Desametasone, Eparina, azitromicina, Idrossiclorochina, insieme all’Ivermectina, rappresentano i principali farmaci che, se somministrati entro 72 ore dal momento della rilevazione dei sintomi, possono guarire i malati entro due settimane, a volte anche meno.

I medici che decidono di aderire in scienza e coscienza all’uso di questi farmaci diventano oltre un migliaio in meno di un anno. Ognuno di loro guarisce dai 200 fino ai 500 pazienti colpiti dal Covid. Fatevi due conti: ci sono centinaia di migliaia di guariti. Chi si prodiga a dare una mano al comitato anche fuori dal proprio orario di lavoro, ovvero visita i pazienti durante i propri giorni di riposo o cura chi chiede una mano via Facebook, anche di notte, salva vite umane; ma non riesce tuttavia a fare anche le pubblicazioni scientifiche.

Così accade che per ben due volte in meno di un anno le istituzioni medico sanitarie, prima, e quelle politiche poi, tentino di fermare le cure. Il Governo e il Ministero della Sanità di Roberto Speranza non vogliono curare i pazienti colpiti dalla pandemia.

Il primo agguato alla salute pubblica da parte del Governo avviene nel 2020. Cercano di fermare l’uso dell’Idrossiclorochina. Un antivirale, un antimalarico, per l’esattezza, che da sempre viene somministrato. Rilievi clinici dell’Aifa tuttavia verificano effetti collaterali per reazioni avverse. E decidono di bloccare il farmaco. Molti medici di base, però, osservano il contrario. Molti pazienti colpiti dal Covid, guariscono anche grazie all’assunzione di questo farmaco. L’avvocato Grimaldi e il Comitato ricorrono al Tar e poi al Consiglio di Stato; che alla fine dà ragione al Comitato.

Il secondo agguato, apparentemente inspiegabile, avviene nel mese di Aprile del 2021. Il Comitato, grazie al lavoro di molte persone, ottiene d’incontrare il Viceministro alla Sanità Pierpaolo Silieri, a Roma. A Milano, incontra il Presidente della commissione Sanità della Regione Lombardia, Emanuele Monti. Entrambi si attivano perché le istituzioni sanitarie incontrino i responsabili del Comitato per comprendere e valutare l’efficacia dello schema terapeutico. Gli incontri sono molto positivi. Nella seconda settimana di Aprile, dopo l’incontro tra rappresentanti del Cts e il Comitato, in Senato passa una mozione in cui si chiede di applicare le terapie domiciliari. La verifica pare conclusa e il Governo determinato ad agevolare le cure domiciliari.

Negli stessi giorni, malgrado l’incontro tra membri del Cts, ministero e Comitato, all’improvviso si scopre che lo stesso ministero per mano di Roberto Speranza, mentre in aula fa votare l’uso delle terapie domiciliari, ricorre al Consiglio di Stato contro le terapie domiciliari. Un assurdo logico. Lo stesso ministro mentre avalla le terapie, contemporaneamente tenta di sabotarle. Schizofrenia da Tso. Passano poche ore e si scopre l’arcano: esiste un regolamento Europeo (n.507 del 2006, art 4 c.2 ultimo capoverso) il quale assume che nel caso siano individuate delle terapie alternative, in caso di pandemia, il piano vaccinale deve essere fermato.

A questo punto davanti a questa schizofrenia Grimaldi convoca medici e pazienti direttamente a Roma, per cercare di smuovere l’opinione pubblica e contemporaneamente la stampa dall’assurdo silenzio di cui è stata pervasa la terapia proposta dai medici che stanno salvando migliaia di vite umane.

Ebbene neppure la manifestazione di Sabato 8 Maggio ha portato i suoi frutti. Telegiornali, carta stampata, hanno osservato un rigoroso silenzio sulla manifestazione e sulla domanda di fondo che la pervade: perché il Governo non vuole curare i malati di Covid a casa ed impone la vigile attesa e la Tachipirina, quando già sappiamo che quest’ultima può aggravare chi viene colpito dal virus?

Massimo Lucidi, giornalista napoletano che vive in Lombardia, sul palco racconta la sua storia. È stato salvato dai medici del Comitato, dopo aver atteso una settimana dal tampone positivo e aver preso la Tachipirina, aggravandosi: così come prevedeva l’attuale protocollo sanitario.

Perché il Governo, il Cts, l’Aifa e ‘ISS continuano a dire che chi si ammala deve restare a casa in vigile attesa, prendendo la Tachipirina, quando si sa che questo provoca un aggravamento clinico? A chi giova questa grave violazione del diritto alla salute, che può essere ricondotto ad un attentato alla salute pubblica? Perché i Prof. Galli, Burioni, Bassetti, continuano a sostenere che la terapia corretta è quella della vigile attesa?

E già che ci siamo, in tema di diritto alla salute e ad essere informati: perché la Regione Lombardia quando un cittadino chiama per prenotare il vaccino, non viene informato di quale sarà il nome del vaccino che gli sarà inoculato? Se una persona ha malattie pregresse non dovrebbe essere informato prima, con apposita visita medica ed eventuale sierologico nel caso abbia già avuto il Covid, di quale siano i più opportuni comportamenti da assumere e il vaccino più giusto da prendere? Perché chi si vaccina non viene adeguatamente informato di cosa gli verrà inoculato, se non il giorno in cui andrà a fare il vaccino? Come cittadino ho il diritto di sapere quale farmaco si è deciso di iniettarmi. Al call center rispondono affermando che gli operatori che inietteranno il siero saranno informati delle condizioni del paziente, grazie al numero della sua tessera sanitaria che indicherà eventuali pregresse malattie. Siamo sicuri che i medici che c’inietteranno il vaccino conoscano davvero il percorso clinico di ciascuno? È giusto che questa precondizione sia sancita da un semplice vincolo fiduciario e non da un’accurata visita clinica con pregressa valutazione e accertamento clinico che non vi sia stata una presenza asintomatica del virus? Chi mi garantisce che un medico che non mi ha mai visitato mi stia dando un vaccino meno opportuno (Astrazeneca) e non uno più opportuno (Pfizer)? (O se preferite, anche il contrario Astrazeneca al posto di Pfizer)

La salute pubblica è davvero il reale interesse perseguito dalle istituzioni politiche e sanitarie nazionali?

Se così non fosse, esiste una procura della Repubblica che possa spiccare un mandato di cattura contro i responsabili di un’eventuale grave negligenza sanitaria su scala nazionale? Chi ci protegge davvero dal male del virus e da quello della cattiva amministrazione pubblica?

Le immagini della manifestazione

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CAT: Roma, Sanità

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