Memoria e Futuro
A parlar di ricostruzione
Basta girare un po’ fuori dai consueti tracciati autostradali e sei costretto a farci i conti. Prendi una strada secondaria, statale o regionale, e arrivi in un paese sul percorso. Scendi dall’auto ed entri in un bar. E lì te lo trovi davanti, lo svuotamento delle aree interne. Dentro l’esercizio, qualche anziano che sfoglia pigramente un giornale (non si sa se del giorno stesso, perché in zona non si vedono edicole), altri chiacchierano, il prete (non italiano) della parrocchia accanto è venuto a fare la questua quotidiana di cappuccio e cornetto (che finisce sempre con la simbolica esposizione del portafoglio per pagare a cui il barista proprietario si oppone fieramente) e qualche badante parla nella sua lingua d’origine al telefono con tono accorato. Fuori il vuoto, intervallato dal passaggio sporadico di qualche auto e di qualche bus locale desolatamente vuoto. E questo scenario si ripete in ogni parte d’Italia, che sia al nord, al centro o al sud.
Ripenso a questi scenari mentre sento i discorsi dell’assemblea internazionale sulla ricostruzione in Ucraina che si tiene a Roma e non posso non riflettere su quanto ci sia di grottesco nel Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne (PSNAI) 2021-2027, nel quale lo Stato italiano (nella sua attuale incarnazione governativa), con rigore da catasto, certifica la morte demografica di interi territori mentre propone asili nido in paesi senza bambini. Il documento parla di “accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile” per aree con “struttura demografica compromessa”, come se si trattasse di una terapia palliativa per malati terminali. Una rassegnazione burocratica che alcuni sindaci hanno giustamente ribattezzato “resa istituzionale”. Eppure, il Piano prosegue imperturbabile, stanziando milioni per servizi essenziali in luoghi dove l’unico servizio realmente essenziale sarebbe un miracolo.
La commedia si fa satira quando si osservano gli strumenti concreti, almeno quelli narrati dai pochi fanno cronaca su questi temi invece di riempire pagine e pagine di discorsi ufficiali e solenni promesse al povero Zelenskji. In Calabria, con i 28 milioni di fondi 2014-2020, solo il 4% dei progetti è stato realizzato. A Cardeto, paesino in provincia di Reggio Calabria, sono stati spesi 2 milioni per un asilo nido in un paese senza neonati. Un investimento surreale, come piantare palme in Groenlandia (almeno finora, chissà col riscaldamento globale). E mentre i sindaci protestano per la mancanza di trasporti e banda larga, il Piano risponde con piattaforme digitali come Partecipa.gov.it, che nel 2024 ha registrato soli 264 contributi da 4,5 milioni di abitanti coinvolti. Uno strumento di democrazia partecipata che somiglia a un teatro vuoto.
L’atto finale è una galleria di soluzioni sospese tra il velleitario e il fantascientifico. Si propone di coinvolgere gli immigrati per ripopolare i borghi attraverso l’agricoltura, senza spiegare come convincere chi fugge da guerre o povertà a stabilirsi in territori privi di lavoro e ospedali. Si estendono le Zone Economiche Speciali del Sud alle aree interne, ignorando che anche lì (come in diverse parti del Sud) mancano le infrastrutture basilari per qualunque attività produttiva. Persino il Polo Strategico Nazionale Cloud, che dovrebbe migrare il 75% della PA sul cloud entro il 2026, appare un miraggio per paesi dove la connessione internet è un’avventura eroica.
La vera beffa è che il documento stesso ammette l’impotenza: nel Mezzogiorno, il 90% dei Comuni subirà un calo demografico nei prossimi 10 anni. E allora perché sprecare risorse in progetti incongrui? Forse, l’unico strumento onesto sarebbe un “Piano per la ritirata dignitosa”: scuole convertite in case di riposo, ambulatori trasformati in centri di assistenza per anziani, e una task force di psicologi per aiutare gli ultimi residenti ad accettare l’oblio. Ma questo richiederebbe coraggio, non burocrazia. E mentre a Roma si discute di “ricostruzione dell’Ucraina” (ipotizzando anche lì miliardi di contributi, da girare alle proprie aziende leader dei settori interessati, per portare a fondo la missione della partita di giro), al bar del paesino le luci si spengono un’altra volta. E chissà se domattina si riaccenderanno.
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