Memoria e Futuro

All Hail the Kings

di Marco Di Salvo 26 Giugno 2025

Non so se ve ne siete accorti anche voi, ma a me sembra che, nell’universo sempre più affollato dello streaming, le famiglie multimilionarie siano diventate, da qualche tempo a questa parte, il nuovo pane quotidiano degli spettatori. All’inizio serie come Succession, Dynasty o Billions erano episodi isolati che non raccontavano semplici vite da ricchi, ma costruivano mitologie moderne in cui il denaro è un personaggio a sé stante, capace di generare intrighi, tradimenti e tragedie shakespeariane. Ma negli ultimi mesi è tutto un fiorire di saghe familiari a nove zeri, tanto per sottolineare al popolo dei divani che Loro sono Loro e voi…

E nonostante in alcuni casi la satira si faccia più feroce – si pensi alla dark comedy The White Lotus o al ritratto grottesco dei miliardari in Glass Onion – la realtà, come spesso accade, prova a superare la finzione (che di quella realtà in fondo si nutre). Il matrimonio di Jeff Bezos e Lauren Sánchez a Venezia, con tanto di posate placcate oro, jet privati e un budget stimato in 30 milioni di dollari, sembra uscito dalla sceneggiatura di una di queste serie. Con tanto di contestatori di “No Space for Bezos”, non comparse, ma cittadini inferociti che hanno steso striscioni su piazza San Marco con scritto: “Se puoi affittare Venezia per il matrimonio, puoi pagare più tasse” (sbagliando lo spelling dell’ultima parola, ma tant’è).

La stampa italiana, in bilico tra fascinazione e ironia da finto distacco, ha trattato l’evento come un episodio di reality show. Da un lato si è profusa nei dettagli da Grande Gatsby: il cocktail party ispirato al romanzo, i biscotti veneziani di Rosa Salva nelle gift bag, gli hotel sette stelle blindati per ospitare DiCaprio e Oprah. Dall’altro ha raccontato da parte suo (ogni commento è superfluo), le proteste ambientaliste e le critiche all’”arroganza feudale” di un uomo che ha trasformato la città in un parco giochi privato, con tanto di donazione triplicata all’ultimo minuto (da uno a tre milioni) per tacitare le polemiche. Il tutto con il solito gioco dell’ammicco, che non si sa mai, che gli prende a ‘sti ricconi quando sono nervosi.

E mentre le serie tv smontano il mito del self-made man trasformandolo in un mostro satirico – come in Succession, dove Logan Roy muore lasciando la guardia del corpo più disperata degli eredi – la cronaca reale ci ricorda che i super-ricchi restano protagonisti di una narrazione doppia: quella che li umanizza (con gli occhiali a cuore di Bezos su Vogue) e quella che li condanna come sintomi di un’ingiustizia globale. Come accade a Trump, elogiato da un Mark Rutte fin troppo “segretario nato”, e criticato in patria dalle manifestazioni del No Kings Day. Forse, come suggerisce un antropologo citato da Rivista Studio in un articolo di qualche tempo fa, stare a guardare queste vicende e commentarle in maniera arguta è l’equivalente moderno della corte dei giullari: un modo per deridere il re senza essere decapitati. Ma quando i “re” scelgono Venezia come set per il loro trionfo mediatico da star del gossip, la commedia diventa amara. E la stampa italiana, tra un servizio sullo chef stellato e un selfie di Ivanka Trump, fatica a non fare da complice, trasformandosi nel perfetto scendiletto della prima notte di nozze. Come da tradizione delle gazzette settecentesche di cui hanno storicamente ereditato modi e posture, chiunque sia stato il potente del periodo.

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