Memoria e Futuro

Cerco un Centro

di Marco Di Salvo 6 Ottobre 2025

Per le coincidenze, a volte buffe, che l’affastellarsi dei calendari e degli appuntamenti politici provoca a volte, lo scorso fine settimana, mentre l’Italia vibrava e si confrontava sulle tematiche della guerra e della pace, in due città a un migliaio di chilometri di distanza si riunivano due degli ultimi eredi della tradizione politica democristiana (anche se non tutti saranno d’accordo con questa definizione).

Infatti ci sono stati due eventi, due leader, un’unica passione: tornare al Centro dell’attenzione politica, ciascuno a modo suo. A Firenze, nella storica ex Stazione Leopolda, Renzi ha lanciato “Casa riformista”, il nuovo contenitore che dovrebbe diventare la quarta gamba del campo largo. Perché quando hai già fatto il Partito Democratico, poi Italia Viva, e hai tentato ogni possibile alchimia politica, l’unica cosa che ti resta da fare è inventarti un nuovo nome. Casa riformista suona bene, evoca accoglienza, stabilità. Peccato che in politica Renzi sia più noto per gli sgomberi che per le inaugurazioni. Quest’anno la kermesse ha pure incluso la LeopolDance, una discoteca che sabato sera ha fatto ballare i partecipanti (magari complice anche una botta di nostalgia in memoria dei tempi gloriosi in cui le campagne elettorali si vincevano a botti di inviti in discoteca e agli aperitivi), perché niente dice “riformismo serio” come uno sballo in pista dopo un panel sul PIL.

A Ribera, nel cuore dell’agrigentino, Cuffaro ha optato per un format più tradizionale. La sua Festa dell’Amicizia “tende a ricalcare quella dei tempi d’oro” della DC, quelli in cui amicizia significava molto più di un like su Facebook. Totò, abito scuro e una presenza che non ha bisogno di maxischermi, parla alla sua gente. Il microfono gracchia un po’, ma qui è un dettaglio. Il pubblico ha età variegate, ci sono nonni, famiglie, e l’odore predominante non è il caffè della lounge, ma probabilmente quello del pane di casa appena uscito dal forno. A tagliare il nastro c’era addirittura il presidente della Regione Renato Schifani, segno che in Sicilia le alleanze contano ancora più dei sondaggi. Cuffaro ha dichiarato che “le idee e la storia del passato sono indispensabili per costruire un progetto libero, moderato e rispondente alla voglia di generare un futuro pieno di valori” , una frase che potrebbe stare benissimo su un santino elettorale anni ’80, ma che a Ribera funziona ancora.

Entrambi gli eventi hanno una cosa in comune: la nostalgia. Renzi rimpiange i tempi in cui riempiva le piazze e faceva cadere governi con un tweet, Cuffaro rimpiange la DC che fu, quella delle tessere a vita e dei voti di preferenza che si tramandavano di padre in figlio. Renzi ha pure ammesso che questa Leopolda è “diversa”, non c’è più nemmeno la saletta vip dietro il palco, segno che anche lui ha dovuto ridimensionare le ambizioni. A detta di chi c’è stato e di chi sotto le insegne di Casa Riformista si sta apprestando a concludere la campagna elettorale per le regionali in Toscana, l’aria però è cambiata non poco dai tempi gloriosi di quando i tg e i giornali aprivano per giorni i loro notiziari con le dichiarazioni che venivano dal palco di Firenze. Anche per strada, anche in Toscana, il nome dell’ex ragazzo prodigio provoca più malumori e ironia che rispetto. E il banco di prova del prossimo weekend darà la misura di queste sensazioni. A Ribera invece il format non cambia: corso Umberto, piazza Duomo, qualche tavolo tematico e tanta, tantissima amicizia. Lì la politica non è una startup, è l’ammiraglio della nave che ti assicura che la barca non affonda e che, anzi, ha appena comprato un nuovo motore. Si parla di “onestà”, di “lotta ai poteri forti” (una specialità della casa, con un retrogusto di ironia involontaria che è pura poesia, visto la presenza sul palco di diversi personaggi con “fine espiazione della pena” iscritto sul casellario giudiziario), e di quanto sia bello mangiarsi un’arancia di Ribera. È il politico che ti convince che l’auto a benzina va ancora benissimo, soprattutto se lui ti passa il carburante coi buoni benzina.

Ma c’è una differenza sostanziale tra i due: mentre Renzi continua a cercare disperatamente alleati che lo vogliano, provando ora con la sinistra, poi con il centro, poi con chiunque gli risponda al telefono, Cuffaro mette in pratica l’arte della pazienza siciliana (altro che resilienza), fortificato dal suo personale attraversamento del deserto. Si è parlato infatti di un accordo tra la sua DC e la Lega che prevederebbe due seggi, uno alla Camera e uno al Senato, da garantire al partito di Cuffaro alle prossime elezioni politiche del 2027, accordo confermato dalla presenza di un sorridente Durigon all’evento di Ribera (e chissà che ne pensa il fondatore Bossi, di questa spericolatezza salviniana). Ma attenzione, solo per le politiche. Per le regionali del prossimo anno Cuffaro ha altre ambizioni, parlando di un possibile 13-14% per la sua Democrazia Cristiana, il che significa andare da soli, senza intermediari. È il classico schema siciliano: ti do una mano per Roma, ma a Palermo faccio come mi pare.

Renzi balla sulla tomba della sua vecchia gloria sperando in una resurrezione elettorale, Cuffaro invece ha già fatto il suo percorso di redenzione e ora si gode il ruolo di saggio della politica siciliana, quello che tutti consultano ma che nessuno ammetterebbe pubblicamente di seguire, quello che spergiura che non si ricandiderà più perché il progetto futuro a cui tiene di più è il nipotino. Uno guarda al futuro reinventandosi ogni sei mesi, l’altro guarda al passato con la certezza che prima o poi tornerà di moda, come i jeans a vita alta. E chissà, magari hanno entrambi ragione: in fondo la politica italiana è sempre stata un eterno ritorno, dove le facce cambiano ma la musica resta la stessa. Anche se a Firenze adesso la cifrano in BPM.

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