Gli anziani, sempre più longevi, hanno sempre più spesso figli boomer o generazione x a occuparsi di loro

Memoria e Futuro

Generazione badante

di Marco Di Salvo 20 Maggio 2025

Le vedi sempre più spesso in giro, queste coppie formate da una/o ultra ottantenne e un/una esponente della generazione a cavallo tra boom e x, con somiglianze evidenti tra loro, che ci dicono di legami di sangue. Una volta qui era tutto badanti, spesso vistose, spesso dell’est. Oggi ce ne sono sempre di meno (almeno a tempo pieno), segno che la congiuntura colpisce anche la cura degli anziani e quindi si prova a fare tutto in casa.

Magari si è prepensionati, si è approfittato più o meno volontariamente di uno scivolo per uscire dal lavoro, e si somma la propria pensione con quella del genitore superstite, per poter andare avanti, considerando anche che una parte serve da contributo alle spese degli eventuali figli che con i lavoretti non riescono a fare uno stipendio degno di questo nome.

se volessimo fare come un ex direttore de l’unità, divenuto incanutendosi collaboratore del Corriere della sera, diremmo che sono diventati la “Generation Care”. Di certo si tratta di un esercito silenzioso di cinquanta-sessantenni che si destreggia tra lavoro, figli adolescenti (quando ci sono ambedue, naturalmente) e genitori ultraottantenni che necessitano assistenza. Via via che il tempo passa, nel nostro paese sono sempre più i genitori dei figli. E non parliamo poi degli sparuti nipoti, circondati da questa caterva di vecchi.

Qualche numero aiuta a descrivere meglio il fenomeno che, in Italia, ha assunto proporzioni da record. Con oltre 14 milioni di anziani sopra i 65 anni (il 23,5% della popolazione) e 4,5 milioni di ultraottantenni, siamo il secondo paese più vecchio al mondo dopo il Giappone. I dati ISTAT non mentono: l’aspettativa di vita continua ad aumentare, raggiungendo gli 83,6 anni nel 2023.

Ma chi si prende cura di questi anziani? Nel 60% dei casi sono proprio i figli, quei ragazzi ribelli, hackers di ieri che oggi scoprono la gioia di spiegare come funziona WhatsApp alla mamma 85enne. La stessa generazione che protestava contro il sistema ai tempi della pantera ora combatte quotidianamente con quello sanitario per prenotare visite specialistiche.

Il paradosso demografico è servito: la cosiddetta Generation X, che dovrebbe cominciare a pensare come godersi la propria terza età, si ritrova a gestire la quarta età dei genitori. Come sentivo dire qualche giorno fa in un bar: “Ho fatto il primo esame alla prostata lo stesso giorno in cui ho accompagnato papà, 88 anni, dal cardiologo. Un doppio colpo, al cuore e non solo!”

Questa generazione sandwich è compressa tra due mondi: da un lato i figli che spesso non escono di casa prima dei 30 anni (non solo per scelta, ma per motivi economici), dall’altro i genitori che vivono sempre più a lungo, in maniera formalmente autonoma ma sempre più bisognosa di attenzioni e cure. Secondo un’indagine di Censis-Tendercapital, oltre 8,8 milioni di italiani si prendono cura di un familiare anziano, dedicando in media 18 ore settimanali all’assistenza.

Cambiano le prospettive. Nessuno sa analizzare ancora cosa comporta al punto di vista, oltre che personale, sociale, persino politico una generazione che resta figlia fino quasi alla soglia dei 70 anni. Come cambia la loro percezione del mondo, anche il loro modo di essere, quanto invecchiano di più (per osmosi, quasi) rispetto ai loro coetanei che non hanno questa incombenza. Chissà quanti di loro dicono oggi: “Mi preoccupo se mio figlio torna tardi il sabato sera, ma anche se mia madre esce da sola per comprare il pane”.

Il fenomeno ha anche un risvolto economico non indifferente. L’Italia spende solo lo 0,9% del PIL per l’assistenza agli anziani non autosufficienti, contro una media europea del 1,7%. Il risultato? Sono le famiglie a colmare il gap.

Questa fascia non indifferente di popolazione adulta si ritrova così a sperimentare una nuova identità: quella dei figli-badanti. Esperti nel gestire farmaci, appuntamenti medici e burocrazia sanitaria, questi cinquanta-sessantenni hanno sviluppato competenze che nessuna università avrebbe potuto insegnare loro.

E mentre aspettano il loro turno nelle sale d’attesa degli ospedali, magari ascoltano in cuffia i Pearl Jam, ricordando con malinconia quando il loro unico problema era quale locale scegliere il venerdì sera, e non quale badante chiamare per il weekend.

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