Memoria e Futuro
I Ribelli Zero
In quella specie di assemblea d’istituto permanente che è diventata la politica italiana negli ultimi anni, tra le strategie d’azione più sfruttate (almeno a parole) c’è quella del boicottaggio. Io la ricordo sostanzialmente inefficace almeno dai tempi in cui andavo all’università e, guarda caso, erano spesso le aziende israeliane ad essere soggette a questo tipo di azione, dalla Jaffa dei pompelmi ad altre che, via via, venivano fatte sparire dagli scaffali dei supermercati per poi tornarci, dopo qualche settimana, nel silenzio assoluto. Bisognerebbe chiedersi alla fine che valore e che efficacia abbiano questi strumenti di azione politica, almeno nel modo in cui sono fatte da noi.
Solo per fare l’ultimo esempio che ha avuto riscontro sulle cronache nazionali, quello delle farmacie comunali di Sesto Fiorentino, dove hanno bandito farmaci israeliani per protesta contro ciò che sta accadendo a Gaza. Un gesto teatrale del sindaco Lorenzo Falchi, da cui dipendono le farmacie, che però ha dovuto precisare: i medicinali “prescritti specificamente” resteranno disponibili. Per gli altri, si cercheranno alternative. Insomma, un boicottaggio decaffeinato. Per citare una famosa bevanda spesso oggetto di boicottaggi, un boicottaggio Zero. Buono per titoli sui giornali e hashtag (magari anche come anticipo di campagna elettorale per le regionali prossime venture), ma poco altro.
A tal proposito, l’Agenzia Italiana del Farmaco ha ricordato che i medicinali si scelgono per efficacia, non per geopolitica, e i cittadini potrebbero ritrovarsi a pagare prodotti più cari. Intanto, Teva – il colosso farmaceutico israeliano – continua a vendere in 60 Paesi, mentre i suoi stabilimenti italiani (con 1.400 dipendenti) lavorano a pieno ritmo.
Questa uso coreografico del boicottaggio non è un caso isolato italiano. In Danimarca, quando Donald Trump minacciò di comprare la Groenlandia nel 2019 (si, quella di quest’anno non è stata la prima volta), un gruppo Facebook con 50.000 membri lanciò un boicottaggio anti-USA. I supermercati Salling apposero stelline nere sui prodotti europei per facilitare la “scelta etica”. Peccato che la Danimarca rappresenti meno del 2% del mercato europeo per i prodotti statunitensi: un professore di Copenhagen liquidò l’iniziativa come “simbolica, ma economicamente irrilevante”. In Norvegia, l’azienda Haltbakk Bunkers annunciò con un post su Facebook di aver smesso di rifornire navi USA, salvo cancellare il messaggio dopo le critiche del governo.
La storia insegna che i boicottaggi funzionano solo quando sono sistemici e sostenuti da governi e, anche in quel caso, per un breve periodo di tempo. Quello contro il Sudafrica dell’apartheid, sostenuto da sanzioni ONU e disinvestimenti, contribuì a isolare il regime. Ma fu un’eccezione, legata anche allo spirito dei tempi. Per fare l’esempio inverso, le Olimpiadi di Mosca 1980, boicottate da 65 Paesi per protesta contro l’invasione dell’Afghanistan, furono un successo propagandistico per l’URSS, che ottenne il medagliere più ricco di sempre. Gandhi stesso, uno che ne capiva abbastanza, metteva in guardia: il boicottaggio deve colpire obiettivi precisi (come i tessuti inglesi che soffocavano l’economia indiana), non essere una rappresaglia indiscriminata.
Oggi i boicottaggi nascono e muoiono sui social media. Uno studio della Harvard Business School rivela che solo il 25% ha un impatto reale, e non per il calo delle vendite, ma perché costringono le aziende a spendere milioni per riparare l’immagine. Il resto è rumore: come la campagna contro Starbucks per il sostegno a Israele, che ha fatto schizzare le ricerche Google di “boycott Starbucks” del 1.000%, mentre i ricavi globali crescevano.
Morale? I boicottaggi sono perfetti per sentirsi ribelli a costo zero. Ma quando invadono settori sensibili come la salute – dove sostituire farmaci per ideologia può violare il diritto alle cure – diventano pericolosi giochi di prestigio. Come ha osservato un farmacista italiano: “Mischiare salute e politica internazionale è un grave errore”. Forse, prima di lanciare crociate etiche, varrebbe la pena ricordare che l’indignazione selettiva assomiglia spesso a un fuoco d’artificio: splendida da guardare, ma incapace di scaldare una stanza.
Devi fare login per commentare
Accedi