Memoria e Futuro

La noia elettiva

di Marco Di Salvo 16 Settembre 2025

Eccoci, ci siamo. Mentana già scalda ai motori per le sue maratone e tutti sembrano avere friccicorini nuovi. Naturalmente tra gli addetti ai lavori, perché per le strade tutto è fermo e silente.

Le prossime elezioni regionali in Italia, ci raccontano quelli che dicono di saperne, si profilano come un “banco di prova cruciale per le forze politiche nazionali”, ma anche come “un termometro del rapporto tra cittadini e istituzioni locali”. In realta, nelle sette regioni interessate, ci si prepara a votare (chi lo farà) in un clima che oscilla tra la stanchezza dell’elettorato e la frenesia dei partiti, impegnati a costruire coalizioni, andare a caccia di volti noti a livello locale e testare nuove formule comunicative. Continuano, questi “esperti” dalle loro tribune: “Il centrodestra punta a consolidare il proprio radicamento in regioni come Calabria e Marche, mentre il centrosinistra cerca di difendere roccaforti storiche come la Toscana e la Campania. I leader nazionali osservano con attenzione, consapevoli che ogni vittoria o sconfitta locale può avere ripercussioni sulla tenuta del governo e sugli equilibri parlamentari”. Posso dire, rispettosamente, “che palle”?

Le campagne elettorali sembrano sempre più simili a rituali stanchi, dove le parole si ripetono, le promesse si assomigliano e le visioni si appiattiscono. In questo contesto penoso, ci viene in aiuto il pensiero di Ennio Flaiano grazie ad una raccolta di alcuni suoi scritti pubblicata da poco. In “Chiuso per noia”, Flaiano osservava il mondo dello spettacolo con uno sguardo ironico e disincantato, capace di cogliere le contraddizioni dietro le apparenze.

Flaiano non era un politico, ma il suo modo di leggere la realtà è profondamente politico. La sua capacità di smascherare il conformismo, di ridicolizzare le mode intellettuali e di denunciare la retorica vuota lo rende un osservatore ideale di una campagna elettorale dove l’originalità è bandita e il coraggio delle idee è merce rara. I candidati parlano di sviluppo, di territorio, di giovani, ma raramente propongono una visione che vada oltre la gestione dell’esistente.

In un’Italia che si avvia alle urne con il passo lento di chi non crede più nella possibilità del cambiamento, rileggere Flaiano non è solo un esercizio letterario, ma un invito a pensare. A pensare con ironia, con lucidità, con quella distanza che permette di vedere meglio. Le elezioni regionali sono importanti, certo, ma lo sono davvero solo se riescono a riaccendere il desiderio di partecipazione, di confronto, di futuro. Altrimenti, come scriveva Flaiano, “la situazione si fa interessante quando non interessa più a nessuno”.

In “Chiuso per noia”, Flaiano celebra nelle sue riflessioni sul cinema quei film che “sgranchiscono l’immaginazione e la visione morale del mondo”. Oggi, la politica italiana avrebbe bisogno di qualcosa di simile: una narrazione che non si limiti a gestire l’esistente, ma che abbia il coraggio di immaginare il futuro. Invece, si assiste a una recita stanca, dove anche l’anticonformismo è approvato, le differenze si esaltano in un linguaggio artatamente provocatorio, ma al momento del governare si annacquano in un agire tecnico e prudente, da amministratori di condominio. E i risultati, scarsi, sono sotto gli occhi di tutti.

Flaiano avrebbe sorriso amaramente davanti a questo spettacolo, forse scrivendo che “la noia è la vera protagonista delle elezioni”, e che il pubblico residuo, troppo tardo di comprendonio, applaude per abitudine.

Ma non tutto è perduto. Se c’è una lezione da trarre da Flaiano, è che l’ironia può essere uno strumento di resistenza, un modo per restare vigili, per non lasciarsi sedurre dalle apparenze. In un’Italia che si avvia alle urne con il pilota automatico, riscoprire lo sguardo di Flaiano potrebbe essere il primo passo per tornare a pensare. Anche se, come lui, ci sentiamo chiusi per noia.

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