
Memoria e Futuro
Ma Milano come sta?
Succede con le città come con le persone. Ti allontani per qualche anno, perdi il filo quotidiano delle cose, e poi un giorno ti ritrovi a chiederti: ma come sta? Non per nostalgia, ma con quella curiosità improvvisa che hai quando incroci per caso il nome di un vecchio amico sui social e realizzi che non sai più niente di lui.
Così, guardando Milano dall’esterno, a distanza di una vita, cerchi di capire sfogliando i giornali e guardando il telegiornale. E quello che trovi quest’anno è un ritratto frammentato, quasi schizofrenico. Da una parte Milano come sempre nella pubblicistica da quando esiste l’unità d’Italia: la locomotiva, dicono. Ma che tipo di locomotiva, verrebbe da chiedere, se il treno dell’Italia va praticamente fermo? È una metafora che sa di polvere, di retorica anni Ottanta che non funziona più. Forse non è mai stata vera del tutto, ma oggi suona particolarmente vuota. Ameno che non si tratti di una locomotiva oramai staccata, come quella della canzone di Guccini, lanciata a bomba non si sa contro chi.
I numeri diffusi da chi “conosce le cose” raccontano una città che cresce, certo. Centinaia di milioni che girano, investiti nella M4, nel prolungamento delle metropolitane, nel nuovo stadio di San Siro venduto a Milan e Inter per 197 milioni dopo dodici ore di consiglio comunale notturno. E poi le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026 che si avvicinano, con i loro 5,3 miliardi di indotto promesso. Tutto sembra dire: Milano funziona, Milano investe, Milano si trasforma.
Ma c’è un’altra Milano nei titoli di cronaca, più o meno di parte. Quella con oltre 7.000 denunce ogni 100.000 abitanti, prima in Italia per furti, rapine raddoppiate, microcriminalità diffusa che non è emergenza ma paesaggio quotidiano. Quella descritta così anche da qualche conoscente di passaggio, non si sa se per conoscenza diretta o per flusso di comunicazione assorbito. E poi l’inchiesta sulla corruzione urbanistica, l’assessore Tancredi dimesso, gli arresti, le “eversive degenerazioni” nella gestione del territorio (e della Magistratura, visti i conflitti all’interno). La città degli investimenti immobiliari e la città della criminalità di strada (e dei colletti bianchi): due traiettorie parallele che non si parlano. O forse sì.
È questo che si intuisce da fuori: Milano non è più una città che cresce insieme, è una città che cresce in direzioni opposte. Da un lato i grandi progetti, le torri, i fondi immobiliari, gli eventi internazionali. Dall’altro la percezione diffusa di insicurezza, la sensazione che i legami si siano spezzati, che le reti di connessione interna – quelle che facevano di Milano una comunità e non solo un agglomerato – si siano dissolte.
E poi. Quanto è davvero più forte Milano del resto della Lombardia o quanto non si sa questa oramai trascinata? E soprattutto, è una forza che si irradia o che isola? Perché da fuori sembra che Milano sia diventata efficiente nel costruire infrastrutture ma fragile nel costruire società. Un corpo che investe sui muscoli ma trascura il sistema nervoso.
E ora tra poche settimane arrivano le Olimpiadi. Come ai tempi dell’Expo, tutto verrà sommerso dalla propaganda, dalle luci, dai grandi annunci. Ricordi quella retorica? “Milano sul palcoscenico del mondo”, “La città del futuro”. Poi l’Expo finì e restarono le domande inevase, le promesse non mantenute, i capannoni vuoti.
Forse tra qualche mese, quando le Olimpiadi saranno passate, qualcuno tornerà a chiedersi: ma Milano, come sta davvero? E la risposta non sarà nei numeri degli investimenti o delle medaglie, ma in quello che si perde sempre di vista quando si guarda solo il palcoscenico: le persone, i quartieri, le connessioni spezzate. Le cose che fanno di una città una città, e non solo un set di cemento per eventi globali.
Insomma, amici milanesi, mi fate capire Milano come sta? E, soprattutto, come starà?
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