
Memoria e Futuro
O la borsa o la verità
La politica, si sa, si nutre spesso di simboli. Però bisogna sapere come usarli e rendersi conto di quale significato hanno davvero nel momento in cui si brandiscono. E come un abuso fuori luogo di questi simboli rischi di essere controproducente. Per non trovarsi a dover condividere quanto scriveva Jean Baudrillard in Cool Memories “Quando il reale non è più quello di un tempo, nasce una nostalgia per il vero e il reale a cui si risponde con una proliferazione discorsiva di verità di seconda mano.” Rifletto su questo, rivendendo la cerimonia in Parlamento di consegna della borsa di Paolo Borsellino alla presenza delle più alte cariche dello stato, con le facce compunte dovute all’occasione. Ma penso anche altro.
Penso che il nostro è un paese in cui le borse, le valigie fantasma e i dossier scomparsi hanno alimentato il mito delle verità mancanti del terrorismo e della mafia italiana, contribuendo anche a carriere che si sono alimentate grazie a queste nebbie.
Nella storia oscura del terrorismo e della criminalità organizzata italiana, valigie, agende e dossier scomparsi rappresentano ferite ancora aperte. Questi oggetti, svaniti nel nulla, hanno sottratto alla giustizia verità cruciali, lasciando interrogativi irrisolti e alimentando sospetti di depistaggi istituzionali. Alcuni casi più emblematici continuano a sfidare la memoria collettiva a decine di anni di distanza dagli accadimenti.
Da quella di Moro a quella di Borsellino, passando per i dossier e le agende di Gelli, Sindona e Falcone, solo per ricordarne alcuni, è stato tutto un proliferare di verità alternative, spesso prese a prestito anche da giudici in carenza di prove concrete.
Valigie e agende perdute non sono simboli di giustizia e verità ma metafore di un Paese incompleto. Ogni dossier mancante è un tassello sottratto alla giustizia: la borsa di Moro avrebbe forse svelato reti di sostegno internazionali al potere DC; le presunte verità di Gelli e Sindona altri intrecci tra poteri economici e politici e le dinamiche di alcuni dei momenti più oscuro della nostra storia nazionale, le agende rosse di Borsellino (se non ripiene di appuntamenti e intuizioni, ma di fatti concreti) avrebbero forse inchiodato i mandanti delle stragi; i file delle agendine elettroniche di Falcone avrebbero forse provato l’intreccio Gladio-mafia. Ma tutto con un bel forse davanti.
Di certo, è una storia che non può avere come simbolo dentro i palazzi del potere una borsa bruciacchiata e vuota, a meno che non si voglia rappresentare definitivamente la sconfitta dello stato nella ricerca della verità, perché questi oggetti smarriti restano ferite aperte. Ricordano che senza memoria non esiste giustizia, e che ogni storia sepolta è un debito verso il futuro.
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