La parolaccia della settimana

PACE

di Massimo Crispi 21 Agosto 2025

La parolaccia della settimana, sembra un paradosso, è PACE.

«…Radetzki? Ma che! L’armistizio… la pace, la pace che regna…
Quel giovine Re di Sardegna è uomo di molto giudizio!»

Erano i bei conversari nel salotto dei genitori della Nonna Speranza, il vent’otto di giugno del mille ottocento cinquanta. C’era sempre una guerra in corso in Europa, ognuno voleva allargare i propri confini, era una vera malattia finché, un secolo dopo quella riunione in casa della Nonna Speranza, non andò tutto a ramengo. Da allora tutti sembrarono calmarsi un pochino sebbene certi fuochi covassero sotto la cenere per esplodere al momento giusto, vedi le guerre balcaniche degli anni Novanta. E, adesso, l’Ucraina, che, vuoi o non vuoi, Europa è. Lo sarebbe anche la Russia, o parte di essa, ma i russi si sentono altro, russi e basta. Chissà quanto pagheranno questa inconsapevolezza quando tutto sarà finito, quando Putin non ci sarà più e quando qualcuno presenterà loro il conto di tutto ciò che hanno distrutto e ucciso. Perché l’odio e il risentimento che Putin ha seminato avrà delle conseguenze a lunga scadenza. Non ci si pensa mai a questo, si pensa solo all’immediato.

La pace, tanto invocata e sempre sputata fuori da bocche che non sanno di cosa parlano risulta una bestemmia. Il ciuffo arancione usoniano addirittura ambirebbe al Nobel per la pace, affermando che sotto il suo regno non c’è stata alcuna guerra e che, anzi, lui lavora per mantenere la pace nel mondo. E c’è pure chi lo elogia per questo, vedi la nostra Giorgia della Garbatella, che ogni uno e due si spertica in lodi e genuflessioni al monarca assoluto d’oltremare. Ovviamente si parla di pace per l’Ucraina perché è più chic, della pace a Gaza ormai ci si è quasi dimenticati e assuefatti alla realtà che Gaza non esiste più e che, se verrà ricostruita, i palestinesi non ci saranno per nulla. Non si capisce se perché sterminati o perché cacciati via da casa loro. Pace, sì, sì. Non sarebbe così alieno un futuro da resort sul Mediterraneo come auspicava il ciuffo arancione dopo aver bevuto dieci spritz di fila a digiuno, alla fine, ciò che sembra più assurdo si verifica. La cosa più grottesca è che la candidatura di The Donald al Nobel è partita da un altro guerrafondaio come Netanyahu: sarebbe come Torquemada che propone Enrico VIII per il Premio della Tolleranza e della Sobrietà.

La pace, quella che intende l’incredibile presidente usoniano, incredibile perché mai avremmo supposto che un paese come gli USA potesse raggiungere un simile abisso fascista, è il frutto di accordi tra lui e l’altro autocrate di tutte le Russie, con cui sembra intendersela bene. Sembra, ma in realtà l’ingenuità del miliardario (dolce eufemismo per “inadeguatezza” diplomatica, nonché politica nonché economica nonché storica nonché tutto) è tale che ogni volta che esce fuori da un “incontro” coll’amico rivale, ovunque si faccia l’incontro, ne vien fuori vincitore proprio quest’ultimo, sempre più legittimato nelle sue prepotenze e invasioni, mentre il ciuffo arancione vende come pegni di pace i territori degli altri senza nemmeno prendere in considerazione i legittimi proprietari, cioè Zelensky. Si fa bella figura col culo degli altri. Probabilmente nella speculazione edilizia si fa così, da squali, o, almeno, lui mostra di aver fatto così, e crede che il mondo si possa giocare come si gioca negli affari.

La pace, sì. La tintura arancione dei capelli deve aver prodotto corti circuiti poco sotto la cute perché a noi risulta assai strano come si possa chiamare pace un attacco missilistico usoniano in territorio iraniano, roba di un mesetto fa. Molto pacifico, non c’è che dire.

Pace e bene, è il saluto ecclesiastico che ogni prete elargisce, credendo di diffonderli, e peggio sono i fedeli che credono a codesta farsa. Sì, sì, il papa pronuncia frasi di pace e di armistizi ma gli lancio un’idea. Poiché si chiama Leone XIV potrebbe emulare Leone Magno e andare incontro a cavallo all’Attila del presente, ossia Putin, con un corteo infinito di fedeli per fermare la guerra, armato della croce e di un seguito di guardie svizzere in costume, che fanno sempre scena, mentre un esercito di suore canta l’Ave Maria di Schubert. Farsa per farsa, almeno qualcuno che potrebbe riprendere l’evento su tik tok tak ci sarebbe. E tutti, ma proprio tutti, visti i potenti ripetitori che la Chiesa possiede e che ti fanno sentire Radio Maria in pieno deserto come se fosse accanto a te, nel pianeta potrebbero beneficiare di questo corteo storico e rievocativo del pontefice che ferma il novello Attila che continua a distruggere tutto ciò che incontra sul suo cammino. E voglio vedere se Putin sgancia le bombe a grappolo sul papa e il suo cavallo. Sarebbe un’astuta mossa alla Gandhi che risolleverebbe un papato in cui ormai nessuno crede più. Ma Leone più che un leone è un pulcino americano che si è trovato a fare il papa per combinazione.

L’operazione si potrebbe ripetere in Medio Oriente, proprio a Gaza, ma potrebbe avere il sapore di una vera e propria Crociata, visto il luogo e forse l’aspettativa di liberare Gerusalemme dal tiranno. Fuori tempo massimo, le Crociate.

Pace, pace, mio Dio! È l’invocazione di Leonora nella Forza del destino di Verdi. La poveretta, in quell’opera dal libretto assai scombiccherato, per abilità e fantasia del librettista, dove tutti si ritrovano, quasi per combinazioni combinate, prima a Hornachuelos (Andalusia), in un’osteria, poi a Velletri, poi di nuovo a Hornachuelos ma in un monastero, dove altro che pace! ci rimette pure la buccia per mano del fratello, assetato di vendetta: una pugnalata e amen!

Niente, la pace sembra essere una parola senza senso. Per favore, smettete di pronunciarla perché prima dovreste imparare che significa.

 

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi collaborare ?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.