Memoria e Futuro

The show is over

di Marco Di Salvo 22 Luglio 2025

La cancellazione di The Late Show with Stephen Colbert, annunciata da CBS il 17 luglio 2025, segna un momento emblematico nel declino dei late night tradizionali e della TV generalista in genere. Nonostante Colbert fosse il programma più visto nella fascia delle 23:35 con circa 2,417 milioni di spettatori nel 2025, la rete parla di perdite stimate in 40 milioni di dollari l’anno e di un contesto pubblicitario sempre più sfidante.

Questo non ha impedito al dibattito sul motivo reale della cancellazione di  accendersi: da un lato CBS e Paramount invocano ragioni finanziarie, dall’altro figure rilevanti come i democratici Elizabeth Warren, Adam Schiff e la Writers Guild insinuano dinamiche politiche, conseguenza del recente pagamento di 16 milioni di dollari da parte di Paramount a Trump per chiudere una causa contro 60 Minutes. D’altronde è inevitabile in tempi così conflittuali, anche se è bizzarro vedere una censura a scoppio ritardato, visto che comunque è prevista un’ultima stagione che si concluderà nel maggio del prossimo anno. Ma tant’è.

La fine del programma di Colbert risuona anche come l’addio alla satira politica generalista in chiaro: un genere che una volta costituiva il cuore pulsante di un consenso culturale condiviso e incisivo sulla realtà politica americana. Invece, l’attacco di Trump – culminato in un sentito “Go f‑‑‑ yourself” da parte di Colbert riferito proprio a lui – segna l’ultimo atto pubblico di una satira che ancora osava sfidare il potere. Oggi però questo genere sembra non trovare più alcuno spazio in una televisione mainstream sempre più timorosa, frammentata e dominata dal digital-first.

Il contesto italiano rispecchia fedelmente quest’agonia. Premesso che da noi la satira politica in tv ha vissuto solo una una fase di vero splendore, guarda caso coincisa con gli anni della crisi del sistema politico a cavallo tra gli anni ottanta e novanta, si deve sottolineare che in generale gli ascolti TV raccontano dinamiche di vera e costante crisi, di tipo eutanasico. Secondo dati Auditel aggiornati a giugno 2025, programmi e reti TV galleggiano verso numeri una volta considerati imbarazzanti. Ma questi percentuali basse rivelano una verità: l’audience televisiva italiana resta comunque forte (se confrontata a quella degli altri paesi), ma molto anziana e conservatrice. Lo share del pubblico televisivo totale è stabilmente in calo, soprattutto tra i giovani, che migrano verso piattaforme on demand e brevi formati video su social.

In Italia,  la televisione tradizionale sopravvive ancora ma la satira, che richiede pubblico attivo e coinvolto, non riesce più a emergere. Quando una rete italiana tenta di inserirla in palinsesti notturni, il risultato è spesso tiepido e destinato a sparire senza lasciare traccia.

La fine del Late Show di Colbert diventa così un monito per l’intero sistema televisivo occidentale: la cultura di massa in formato televisivo è implosa, sostituita da un mosaico di platee piccole, iper‑selezionate, rapide. La satira può sopravvivere solo nel digitale, tra micro‑community, podcast, clip virali – ma non più negli studi televisivi da milioni di spettatori. Quel che resta è un tessuto culturale sempre più segmentato, con rari momenti collettivi e condivisi rimasti nel passato.

Colbert chiuderà tra 10 mesi, lasciando 200 dipendenti senza lavoro. La sua ironia graffiante forse si sposterà e resisterà online, ma senza quel palcoscenico quotidiano alle 23.35 che per decenni ha unito l’America. In Italia, la TV resiste ma si trasforma: sempre più anziana, sempre più sola. Entrambi i modelli rivelano la stessa verità: l’era in cui uno schermo raccontava a milioni di persone chi siamo è finita. Resta da capire cosa, se non la TV, potrà svolgere quella funzione.

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