Memoria e Futuro

Un Bignami per Bignami

di Marco Di Salvo 19 Novembre 2025

Per chi ha fatto il liceo tra gli anni Ottanta del secolo scorso e i Duemila, il nome Bignami evoca una cosa precisa: quei librettini dal colore pallido, buoni da nascondere ovunque servisse, con le sintesi delle materie, l’equivalente dei “For Dummies” per la generazione successiva. Erano il rifugio disperato dello studente impreparato, quello che la sera prima dell’interrogazione si rendeva conto di non aver capito nulla di tutto l’anno e cercava di rimediare in extremis con venti pagine di riassuntini. Non erano strumenti di studio: erano l’ammissione di una sconfitta, il certificato dell’ultimo minuto, la resa di chi sperava di cavarsela con le briciole invece che con il pane intero.

Il paradosso è che oggi un parlamentare che porta quel cognome, Galeazzo Bignami, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, si ritrova protagonista di una vicenda che incarna perfettamente lo spirito di quei librettini: l’impreparazione mascherata da urgenza, la superficialità spacciata per vigilanza, la lettura affrettata e sbagliata di una realtà complessa a base dell’azione politica. Con un’aggravante: a volte sembra davvero che né lui né i suoi colleghi si siano degnati di studiare il loro “Bignami” politico. Perché se lo avessero fatto, forse non avremmo assistito alla doppia umiliazione del capogruppo che vede complotti quirinalizi inesistenti e della notizia che vede la presidente del Consiglio costretta a preparare slide per spiegare la finanziaria ai suoi parlamentari, che evidentemente non l’hanno letta.

C’è, in generale, un crescente nervosismo palpabile che attraversa Palazzo Chigi e i corridoi di Fratelli d’Italia. Non è solo la tensione fisiologica di chi governa: è l’ansia di chi sente il peso delle promesse elettorali che si sgretolano una dopo l’altra, di chi sa che gli ultimi due anni di legislatura non basteranno a recuperare quanto non mantenuto nei primi due. Il tutto immerso nel brodo di coltura dei mezzi di informazione “amici”.

Partiamo dall’inizio del circuito perverso: un quotidiano notoriamente schierato con il centrodestra pubblica una notizia bomba. Il Quirinale complotta contro il governo! Mattarella vuole far cadere Meloni! La notizia è talmente campata in aria che dovrebbe far scattare un minimo di verifica in chiunque abbia un briciolo di senso critico istituzionale. E invece no. Bignami, capogruppo del primo partito della maggioranza, la prende talmente sul serio da fare una contestazione formale al Quirinale. Non una telefonata di verifica, non un “ma siamo sicuri?”: una richiesta di chiarimenti ufficiale, come se davvero il Colle stesse tramando nell’ombra.

E qui arriva il secondo segnale: la risposta del Quirinale non è stata la solita nota diplomatica e interlocutoria. Il tono è stato durissimo, insolitamente alto per i canoni della comunicazione presidenziale. Quella risposta glaciale è il termometro di una sofferenza istituzionale: il Colle che deve difendersi da accuse deliranti, che deve ribadire l’ovvio (che il Presidente della Repubblica fa il suo lavoro), che vede messa in discussione la propria terzietà sulla base di fantasie giornalistiche. Che un quotidiano “amico” pubblichi veleno contro il garante della Costituzione, e che il capogruppo della maggioranza ci caschi come un allocco, dice tutto sul livello di paranoia e disperazione che regna a destra.

Ma la cosa più imbarazzante per Bignami è stata un’altra: il silenzio assordante dei suoi alleati di coalizione. Lega e Forza Italia lo hanno lasciato completamente solo con il cerino in mano. Nessuna solidarietà, nemmeno di facciata. Nemmeno un timido “capiamo le preoccupazioni del nostro alleato”. Nulla. Il capogruppo del primo partito della maggioranza si è ritrovato a fare la figura del complottista solitario, smentito dal Quirinale e abbandonato dai partner di governo. Salvini e Tajani, saggiamente, hanno fatto finta di niente, lasciando che Bignami si bruciasse da solo in questa iniziativa grottesca. Un segnale chiarissimo: quando Fratelli d’Italia esagera con la paranoia anti-istituzionale, gli altri si chiamano fuori. Ognuno per sé, e il ridicolo addosso a chi si è esposto.

Il vero capolavoro, però, è l’altra faccia della medaglia: mentre Bignami insegue complotti inesistenti e viene scaricato dagli alleati, Meloni deve fare la maestra d’asilo al suo gruppo parlamentare. Preparare slide PowerPoint per spiegare la finanziaria non a cittadini, non a giornalisti, ma ai propri deputati e senatori. A chi, in teoria, dovrebbe essere la classe dirigente del Paese. Significa che Giorgia sa benissimo con chi ha a che fare: gente che non legge, non studia, non approfondisce. Gente che ha bisogno dei disegnini per capire cosa sta votando. E lei accetta questa realtà umiliante: meglio le slide che il rischio che qualcuno voti senza aver capito nulla.

Ma perché tutto questo nervosismo? Perché questa reazione scomposta a presunte minacce esterne? Perché gli alleati mollano Bignami al suo destino senza nemmeno fingere solidarietà? La risposta è semplice: le promesse elettorali di Fratelli d’Italia si sono rivelate carta straccia, e tutti lo sanno. Il catasto? Intoccato. Le pensioni? Miseria. La flat tax? Per pochi. Le liste d’attesa nella sanità? Peggiorate. Il costo della vita? Alle stelle. Il lavoro? Sempre più precario. Tre anni sono passati e il bilancio è devastante. E gli ultimi due non basteranno certo a rimediare: i soldi non ci sono, i margini di manovra neppure, le scelte politiche sono state fatte.

Allora diventa necessario trovare nemici esterni: il Quirinale che complotta, l’Europa che ci ostacola, i giudici che remano contro. Qualsiasi cosa pur di non guardare in faccia la realtà: che hanno vinto promettendo la luna e stanno governando con i lumicini.

Bignami che abbocca a notizie false di giornali “amici” non è un incidente: è il sintomo di un sistema chiuso su se stesso, dove non si distingue più la propaganda dalla realtà, dove il nemico deve sempre esistere per giustificare i fallimenti. Ma quando il sistema produce mostri talmente evidenti, persino gli alleati prendono le distanze.

Così si chiude il cerchio: promesse non mantenute generano ansia, l’ansia genera caccia ai nemici immaginari, i nemici immaginari distraggono dai problemi reali finché non diventano troppo ridicoli da sostenere, e i problemi reali vengono spiegati con le slide a chi dovrebbe risolverli ma non sa nemmeno leggere una manovra finanziaria. Benvenuti nell’Italia di Fratelli d’Italia: dove il Quirinale complotta, i parlamentari hanno bisogno del PowerPoint, il capogruppo viene lasciato solo con le sue paranoie, e le promesse elettorali sono solo un lontano ricordo da nascondere sotto il tappeto dell’indignazione quotidiana.

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