L'arco di Ulisse
Un pacifista non è per il disarmo della ragione
di Oscar Nicodemo
11 Luglio 2025
Inutile girarci intorno, i tempi che viviamo sono contraddistinti da sopraffazioni orribili contro gli indifesi e ingiustizie di ogni sorta perpetrate alle fasce più deboli della società. L’intero Occidente è al punto più basso della sua storia, avendo scelto la via dell’oppressione e perseverando nella violazione del Diritto Internazionale e dei diritti umani. Gran parte della comunicazione si rende complice di una simile deriva reazionaria e illiberale, mistificando la verità intono all’orrore delle guerre e delle devastazioni in atto. Le notizie che si alternano quotidianamente rivelano sempre più il livello di irresponsabilità delle governance europee e del ruolo egemonico degli Stati Unititi. Non passa giorno senza che si resti allibiti di fronte all’assurdità di eventi che si susseguono nell’ordinaria indecenza di un mondo che cerca di umiliare la dignità di chi non si adegua al metodo di comando che ne sovrintende le sorti. Un sistema perverso, corrotto e spietato, che passa con disinvoltura dalla difesa dei criminali che annientano donne e bambini in Palestina, alla glorificazione dei responsabili degli stessi eccidi, mediante tragicomiche nomination al Premio Nobel per la Pace.
Si finisce con l’accettare, senza porre un’adeguata resistenza, il piano bellico europeo che si traduce in un riarmo significativo della Germania, senza che si abbia il coraggio di sfiduciare l’artefice di un provvedimento per niente prioritario, l’obbediente Ursula von der Leyen, che ha accentrato su di sé e la sua nazione gli interessi di un progetto di capitalismo globale, non certo quelli delle popolazioni europee. Assistiamo esterrefatti alla sfrontatezza dell’uso del potere, volto a favorire figli, nipoti, cognati, amanti e quanti, a titolo di parentela o di corruttela, risultino funzionali all’esercizio di potestà. Così, un Ignazio La Russa, seconda carica dello Stato, può tranquillamente piazzare il figlio Geronimo alla presidenza dell’ACI, a guadagnare fior di quattrini e controllare una marea di voti, senza che alla meraviglia segua una formale e istituzionale azione politica di protesta. Per un abuso del genere l’intera opposizione dei parlamentari avrebbe dovuto escogitare una contestazione eclatante, finanche rassegnare in massa le dimissioni da quei banchi, privati ormai di ogni senso di decoro e rispettabilità.
Arriviamo, in ultimo, al silenzio vergognoso del governo italiano di fronte alle sanzioni emesse dagli USA nei confronti della nostra connazionale, Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite, “colpevole” di svolgere al meglio e correttamente il proprio lavoro, descrivendo come le aziende abbiano tratto profitto dal brutale sistema di apartheid e dal genocidio tuttora in corso nella Striscia di Gaza. Una donna libera, coraggiosa, competente, che lo Stato non difende, come se il suo comportamento improntato alla rettitudine e a indubbie capacità professionali non fosse qualcosa di cui andare fieri e non meritasse l’attenzione istituzionale e autorevole di un governo democratico. Il patriottismo, in questo fottutissimo paese, viene invocato solo per una patetica, stupida e servile appartenenza a un’ideale corporativo di vaga supremazia, giammai per una dimostrazione di alta dignità, esprimendo un valore non indifferente e un alto senso etico. L’Italia che è al governo e che lo sostiene, oggi, non va fiera dei suoi figli migliori, ma dei suoi adulatori. Ecco un segno distintivo della banalità di un potere dequalificante, probabilmente distintivo di un fascismo di ritorno, molto più ignorante e rozzo del precedente, ma egualmente dannoso e pericoloso.
Fino a quando possiamo restare a guardare? Abbiamo l’obbligo di rifiutare la barbarie, il riarmo e ogni complicità con il genocidio in atto a Gaza. Come cittadine e cittadini di una società davvero civile e responsabile e non in altre vesti, abbiamo il dovere di far sentire la nostra voce, che deve essere chiara, ferma e andare nella direzione di una contestazione concreta, programmata e allestita con cognizione di causa, evitando che si risolva nella solita passeggiata turistica per questa o quella città. Bisogna pretendere che la politica di opposizione al governo insorga e chieda che lo Stato si spenda per assumere un ruolo netto e inflessibile in difesa dei diritti umani e della democrazia più autentica. Non possiamo continuare a essere sottoposti a un sistema brevettato per il solo, gretto e buffo trionfo della mediocrità. Non potendo confidare in in una classe di intellettuali (proprio oggi ne abbiamo perso uno molto significativo, come Goffredo Fofi), che al momento non c’è, nel senso che non vi è nulla che possa essere estratto dal dibattito pubblico per conferirgli dignità di pensiero critico e utilizzarlo come spinta popolare, dovremmo tutti sforzarci di esporre convenientemente le aspettative di quella parte della società che ha voglia e pretende di ragionare intorno alla verità dei fatti, facendo ricorso al valore oggettivo e al corretto significato della parola. Chiunque scriva, dovrebbe farlo, in questo frangente, per narrare altro da sé. Perché intorno emerge la preponderanza di una sofferenza inaudita, un mondo di esistenze ritenute sacrificabili, di storie etniche che si vogliono cancellare per sempre, di testimonianze non allineate che dànno ancora speranza. Intorno vi è troppo dolore per dedicarsi al proprio. O, peggio ancora, alla solita e comune vanagloria.
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