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Salute mentale

Counterfactual, torno a mettere a posto il mio passato

di Giorgio Majorino
17 Settembre 2020

C’è un termine ‘psico’, counterfactual (traducibile, infelicemente, come ‘controfattuale’) che descrive l’operazione su un dato della propria memoria, vissuto per lo più come negativo,per trasformarlo, con un’appropriata fantasia, in una soluzione positiva. E’ diversa, come operazione, dalla formazione di fantasie proiettate nel futuro. In altri termini se io ricordo una mia scadente discussione della tesi di laurea, ricordo che ogni tanto infelicemente mi torna in mente, posso abbandonarmi a ricreare, con la fantasia, invece un esito totalmente positivo: mi vedo brillantissimo ed ampiamente argomentativo, con i docenti accademici che alla fine si alzano applaudendomi e con il relatore, titolare di cattedra, che subito pretende che io diventi il migliore dei suoi collaboratori. Si tratta un po’ di una Macchina del tempo, da film di fantascienza, con la quale ritorno nel mio passato per rimetterlo un po’a posto e quindi tornare al presente. Purtroppo è solo una fantasia. Ed è una fantasia ricorrente in noi, poveri esseri umani, continuamente e quotidianamente perseguitati da flussi di ricordi, per lo più spiacevoli. Con il problema aggiuntivo che quando invece sono piacevoli, suscitano altre sgradevoli sensazioni, nostalgiche, di un tempo ormai irrimediabilmente perduto. Ora il punto fondamentale sta proprio nell’ingorgo di ricordi spiacevoli, come se qualcuno o qualcosa dentro di noi ottemperasse, continuamente con grande impegno, al compito di farci soffrire. Lasciando per ora da parte il motivo per il quale questa specie di dea Khali è cosi sadicamente diligente nei nostri riguardi (per senso di colpa, per desiderio di punizione, per introflessione della propria aggressività, come meccanismo di difesa per evitare un male peggiore o addirittura scomodando l’Istinto di Morte freudiano) resta il fatto che noi, anzitutto cerchiamo di difenderci da questi brutti ricordi, sopprimendoli sia all’origine che quando appena appaiono. Si tratta di meccanismi comuni agli uomini (ma anche ai gatti, cani e altri), per i quali negazione o repressione più o meno cosciente, aiutano a tirare avanti. Ma questo non basta e il ricordo persecutorio, a volte, ma più spesso di quanto si creda, supera questa prima linea di difesa, magari richiamato da qualche evento, sia pure minimo, della realtà contingente. Ed imperversa. Allora o accettiamo depressivamente quello che ci è successo (magari con un po’di ‘erotizzazione’) con relativa tristezza disistimante, oppure ricorriamo al counterfactual e costruiamo una scenario epico nel quale le difficoltà sono state risolte e magari siamo anche trionfanti sugli altri, finalmente. Ma oltre alla funzionalità difensiva, c’è anche un’erotizzazione (come abbiamo già accennato per la depressione,la disistima ecc.) della propria capacità e potere nel vincere il mondo e soprattutto gli altri. Ma cosa succede se invece intervengo sui ricordi (che non sono mai frequenti) piacevoli? Li trasformo in eventi passati spiacevoli? Senza parlare di masochismo (terreno infido che ha messo in crisi Freud, come altri fatti quali narcisismo e feticismo), c’è da osservare che su tali ricordi piacevoli non ci si può soffermare a lungo: la suddetta signora Khali non lo permette. A meno di entrare in un’altra esperienza caratteriale, la maniacalità onnipotente, che però può presentare anche aspetti psichiatrici.

 

 

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