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Salute mentale

La morte contro la vita: l’omicidio voluto

di Giorgio Majorino
22 Novembre 2023

La penosa storia di quella povera ragazza uccisa dal fidanzato, oltre ad iscriversi nella consueta situazione della supremazia maschile sulle donne, ulteriore forma di razzismo, rivela la perdurante tendenza omicidiaria umana.
Tralasciando per ora le uccisioni che potremmo definire come “pubbliche”(belliche, politiche, economiche, delinquenziali organizzate ecc.), consideriamo quei delitti mortali che riguardano i singoli (assassini e vittime), di tutti sessi, età, ed altre caratterizzazioni. Cioè stiamo parlando dell’intenzione consapevole di uccidere un’altra persona. Tralasciamo i motivi, le cause, le circostanze: soffermiamoci sulla specifica volontà di togliere la vita ad una persona. Si può postulare, salvo smentite, che la componente “vita” sia cosi fortemente radicato nell’identità fisica e psichica delle persone da rappresentare il pilastro, forse più importante e decisivo dell’esistenza umana (ma anche di quella animale, vegetale ecc.). Quindi l’uccisione di un altro significa desiderare di togliere un pezzo fondamentale della sua esistenza e far crollare tutto l’edificio delle persona.
Così si soddisfano esigenze di odio, di vendetta, di sadismo o anche reali o paranoicamente immaginate di difesa sia personale che psicologica.
Ma c’è qualcosa d’altro e cioè che nell’uccidere l’altro noi ci difendiamo dalla paura di uccidere la parte fondamentale di noi stessi.
Quando banalmente si dice “mors tua vita mea” non solo si giustificano i casi difesa personale , ma sembra affermarsi un principio e cioè che io posso vivere solo uccidendoti. Ma il meccanismo psichico che sembra che stia alla base di questa tendenza può consistere nella proiezione di un’ altra tentazione di morte cioè quella personale (come poi realmente avviene quando dopo un omicidio si procede al proprio suicidio). Cioè abbiamo dentro di noi qualcosa che si oppone al nostro desiderio di vita. E’ questo quello che psicoanaliticamente, con molte controversie, si chiama istinto (o pulsione) di morte: Thanatos. Molti psicoanalisti (per non parlare di altri) affermano che questa ipotesi è stata costruita da un Freud depresso, per la morte di una figlia e per la grande strage della Prima Guerra Mondiale. Sta di fatto che l’atto omicida, nella sua terribile realtà si addentra troppo nella nostra psichicità.

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