Sanità

Tremore essenziale e Parkinson: trecentomila voci

A Roma emergono le differenze regionali nelle terapie avanzate e debutta ALMA, la piattaforma di AI che orienta i percorsi diagnostici

12 Dicembre 2025

ROMA. In Italia sono circa trecentomila. Trecentomila persone che ogni giorno convivono con un compagno di viaggio che non hanno scelto, il morbo di Parkinson, una malattia neurodegenerativa che logora lentamente le cellule del cervello deputate a produrre dopamina, la sostanza che rende possibile la fluidità dei movimenti. È una patologia che non riguarda solo l’età avanzata, come si continua a immaginare: sempre più spesso si manifesta anche in età lavorativa, quando una diagnosi cambia non solo la salute, ma l’identità, il futuro, l’intera geografia della vita di una persona. Di questo si è parlato a Roma nell’incontro che ha radunato neurologi, clinici, associazioni e pazienti, un appuntamento che avrebbe potuto essere l’ennesima tavola rotonda e invece, per una volta, è sembrato un punto di svolta.

Il dato che ha colpito tutti è semplice e crudele: non manca la scienza, mancano le condizioni per farla arrivare ai malati. Tecnologie come la Stimolazione Cerebrale Profonda e gli ultrasuoni focalizzati esistono, funzionano, permettono di recuperare autonomia, lavoro, relazioni. Eppure, in molte regioni, restano di fatto irraggiungibili a causa di norme di rimborso che cambiano da un confine amministrativo all’altro. Due pazienti con la stessa diagnosi, lo stesso tremore, le stesse possibilità cliniche possono ricevere risposte opposte a seconda dell’indirizzo di residenza. Una disparità che non trova giustificazioni scientifiche e che rende ancora più evidente quanto sia urgente un Codice Unico Nazionale per uniformare i rimborsi e smantellare un sistema che, oggi, rasenta l’assurdo.

Da questa consapevolezza è nata anche la spinta a immaginare un futuro diverso. Tremori ETS, insieme a partner europei, ha presentato ALMA, una piattaforma basata su Intelligenza Artificiale pensata per orientare chi vive disturbi del movimento verso i centri giusti, senza più anni persi tra diagnosi sbagliate e tentativi a vuoto. ALMA non cura, ma accompagna. È una bussola per chi si trova in un labirinto di informazioni frammentate, una guida che promette di ridurre quel divario enorme tra ciò che la scienza può offrire e ciò che il paziente riesce davvero a raggiungere. È un gesto di cura ancora prima che una tecnologia, perché mette al centro il bisogno più semplice e più disatteso: sapere dove andare.

E proprio i pazienti sono diventati il centro emotivo della giornata. Le loro storie hanno dato corpo ai numeri e un volto alle statistiche. C’era chi raccontava di come il tremore avesse sottratto lavoro, autonomia, perfino amicizie; e poi di come, dopo una terapia avanzata, avesse potuto di nuovo allacciarsi le scarpe, firmare un documento, guidare, tornare a essere parte attiva della propria vita. Non c’era retorica, solo la sincerità di chi ha conosciuto la perdita e poi, contro ogni previsione, un riscatto possibile. Ed è ascoltando loro che è diventato evidente quanto la malattia non sia solo un problema neurologico, ma una condizione che modella l’autostima, la vita familiare, la capacità di immaginare il domani.

Queste malattie non rubano solo movimento: erodono tempo, energie, relazioni. Ogni anno di buona salute riconquistato significa un anno di socialità, di lavoro, di presenza nella comunità. Vale economicamente, certo, ma soprattutto umanamente. Per questo servono percorsi chiari, reti cliniche che collaborano, scelte politiche che non lascino nessuno indietro. Non basta curare: bisogna rendere possibile la cura. È una differenza enorme, e a Roma si è avuto il coraggio di dirlo.

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