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Sanità

“Mi tagliano le cure per il Morbo di Crohn”. L’appello di William a Zingaretti

di Giulia Dellepiane
30 Luglio 2019

La burocrazia può uccidere più di una malattia mortale come il Morbo di Crohn? Nel Lazio il rischio è proprio questo. Testimone ne è il trentaseienne William Menchi, che, con un lungo post sulla sua pagina Facebook, racconta con una pacatezza ammirevole la sua vicenda assurda e drammatica allo stesso tempo: la sua cura costa troppo e gliene vogliono imporre un’altra che quasi sicuramente lo manderà dritto al pronto soccorso. Per questo si appella direttamente al Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti: perché intervenga facendo prevalere contemporaneamente il buonsenso, ma soprattutto il diritto alla salute dello stesso William.
William a causa del morbo di Crohn ha una grave insufficienza intestinale e dopo “circa venti anni di ospedali, cure ed operazioni” gli è rimasto un solo metro di intestino, quando una persona sana ne ha dai sette ai nove metri. Questa situazione lo costringe ad avere necessità di “nutrimento infuso direttamente nel sistema circolatorio, ovvero una sorta di “flebo” su misura che termina il proprio percorso esterno in un “cateterino” permanente posto sul petto”.
Questa condizione in passato lo avrebbe costretto a vivere rinchiuso in un ospedale, ma con i progressi della medicina oggi può avere una vita quasi normale grazie a un “service” cioè “un sorta di pacchetto che include prestazioni, materiali, medicinali”.
E qui lasciamo che sia William a raccontare qual era la sua qualità della vita prima della “scoperta” del service: “Nei primi due anni (fino all’estate del 2014) materiali e medicinali sono stati forniti dal service della Regione Lazio. Ricordo bene quel periodo, costellato da errori nella prescrizione delle sacche, da consegne approssimative con mezzi inadeguati per terminare con materiali di infima qualità […] Nessun ospedale romano incontrato negli ultimi 18 anni ha le competenze per gestire l’infusione quotidiana (si distingue il Gemelli con una equipe unica nel panorama nazionale che con grande professionalità e competenza, impianta e gestisce gli accessi venosi all’interno del dh oncologico). Ignoranza della patologia a tutti i livelli, che ovviamente coinvolge anche gli organi decisionali che dovrebbero governare la materia”.
Il risultato è che William è costretto a “emigrare” in uno ospedale bolognese dove finalmente riescono ad aiutarlo a gestire il Morbo di Crohn in modo che lui possa avere una vita quasi normale grazie a uno “zainetto” con tutta la terapia necessaria costruita – si badi bene – su misura per lui. Per William significa: “poter uscire di casa, andare al lavoro, andare in vacanza”. Una conquista straordinaria nelle sue condizioni di salute.
Ma qui arriva il primo scontro con la burocrazia della Regione Lazio: “Con fatica e solo dopo essere stato costretto a ricorrere ad un avvocato, nello stesso anno riuscii a staccarmi dal service regionale per approdare ad uno esterno” che gli fornisce la terapia su misura. Il risultato di questa vittoria? William lo riassume in una sola parola: autonomia. Tanto che da allora, come sottolinea nel suo post su Facebook “sono andato regolarmente a lavorare”.
La tanto sudata normalità ora però rischia di finire bruscamente il prossimo 1° settembre “quando verrà meno il contratto di affitto presso la vecchia abitazione”. Per la Regione Lazio improvvisamente William diventa “invisibile”: non ha più diritto alla cura a domicilio tramite “service”. Ecco l’assurda vicenda come la racconta lui: “In caso di spostamenti del paziente, la casa farmaceutica (che gli fornisce la cura, Ndr) richiede alla ASL un foglio con la richiesta di variazione dell’indirizzo di consegna. La ASL RM2, pur pagando regolarmente 40.000 euro l’anno alla Baxter per la mia cura vitale, non sa chi sono, sono “scomparso” dai loro registri”. E William non è il solo in questa pericolosa situazione. Infatti afferma che “vi sono ben 20 fuori norma all’interno della regione Lazio e ben 11 solo a Roma tra adulti e bambini… un concetto piuttosto esteso” per una malattia così rara. In Italia infatti colpisce circa 200mila persone.
Dopo mesi di telefonate riesce finalmente a parlare di persona con un responsabile di cui non vuole fare il nome, il quale gli dice in sintesi che la sua cura costa troppo e gli impone di tornare al service della Regione Lazio. Una follia.
Per William vuol dire in concreto ritornare a una vita senza la libertà di uscire di casa e con il continuo rischio di finire ricoverato in ospedale a causa della cura stessa, che non è fatta su misura per la sua condizione così delicata.
Da questo viaggio nell’assurdo durato troppo a lungo nasce l’appello di William a Zingaretti, l’unico che forse può sbloccare la burocrazia della Regione. Ma il Presidente saprà intervenire prima che sia tardi?

Nicola Zingaretti Regione Lazio sanità
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