La buona scuola e le bocciature

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1 Dicembre 2014

Sembra che la Camera, di per sé in difficoltà con tutta una serie di leggi, abbia deciso di tornare a occuparsi di una questione fondamentale: quella degli abbandoni scolastici. La proposta in esame (indagine conoscitiva), è però un po’ paradossale: sarebbe allo studio il blocco delle bocciature. Almeno per il biennio (notoriamente, la bestia nera della pubblica istruzione).

 Sul Corriere del 30 novembre 2014, con una serie di brevi e autorevoli citazioni a effetto (parlano pedagogisti come Raffaele Mantegazza, presidi, sottosegretari), Valentina Santarpia sottolinea come il problema degli abbandoni (alunni che si iscrivono non terminano l’anno e non arrivano a conseguire alcun titolo di studio, né liceale né tecnico né professionale) sia a tutt’oggi irrisolto. Bene. La soluzione sembra essere a portata di mano. Siccome a livello internazionale (e nazionale, si veda il rendiconto della Fondazione Agnelli, dove ogni scuola può cercare i propri dati e confrontarsi con la concorrenza) siamo anche criticati per questo motivo, invece di darci da fare per migliorare la didattica (la “buona scuola” sarebbe questo), rendendola più inclusiva, invece di studiare strategie e interventi volti a motivare o riorientare gli studenti che si trovano in difficoltà, invece di potenziare le occasioni di formazione per i docenti, invece di sforzarci di cambiare metodi, criteri e contenuti per gli alunni stranieri (neo arrivati in Italia), per chi ha bisogni educativi speciali, per chi presenta difficoltà o disturbi specifici dell’apprendimento (tutti termini coniati da qualche legge degli ultimi decenni elaborata congiuntamente a psicologi cognitivi e pedagogisti), possiamo semplicemente bloccare le bocciature.

La nostra coscienza è a posto, e per di più non dovremo fare alcuno sforzo in più (vedi capoverso precedente, che elenca compiti davvero gravosi per il docente impreparato).

 Viva la buona scuola? E se provassimo a risolverli come si deve, questi problemi, invece di cercare le solite scorciatoie per salvare la faccia?

 

Techne Maieutike.

TAG: blocco delle bocciature, Didattica
CAT: scuola

5 Commenti

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  1. Alessandro Fiorucci 9 anni fa

    Il fenomeno dell’abbandono scolastico (o dispersione scolastica, che dir si voglia) è un dato reale che non può certo essere trascurato. Il blocco delle bocciature sembra un goffo tentativo di arginare un problema le cui proporzioni aumentano di anno in anno, che abbia la funzione di “tappo” e niente più. D’altro canto, anche un miglioramento della didattica in senso inclusivo oppure metodi per motivare gli studenti a mio avviso non affrontano il problema alla radice (beninteso, una svolta nel “modo” di insegnare è di per se’ una cosa positiva). L’abbandono scolastico è maggiore nel mezzogiorno (in cui tocca picchi del 25%*, quindi uno studente su quattro non termina il proprio corso di studi) e nelle periferie delle grandi metropoli, ma anche in zone quali il nord-est.. ci dovrà pur essere una spiegazione, oppure la responsabilità va interamente attribuita ad una didattica errata o addirittura al poco interesse da parte degli studenti? La ragione principale a mio parere è da ricercarsi nella natura “di classe” assunta dal sistema di istruzione italiano, che porta addirittura ad un esclusione di determinate fasce di studenti (o che, nel migliore dei casi, influenza la scelta del percorso di studi di un giovane, poichè un istituto professionale o tecnico costa meno ad una famiglia rispetto ad un liceo, che “implica” quasi sempre l’iscrizione all’Università, e garantisce un accesso più rapido al lavoro- ammesso che se ne trovi). Non a caso la percentuale di studenti che abbandona la scuola è nettamente superiore, guardando alla città di Milano, a Quarto Oggiaro rispetto alla zona di Porta Romana.
    Apprezzo che venga preso in considerazione un problema spesso trascurato e posto in secondo piano, anche nello stesso ambiente scolastico.

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    1. Alessandro Fiorucci 9 anni fa

      P.s. *la fonte del dato percentuale è Istat, aggiornato all’anno 2011.

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  2. Andrea Gilardoni 9 anni fa

    Grazie per l’aggiornamento. Sì, in certe zone o aree sembra che la scuola risulti un peso, più che unos trumento di crescita. Bisognerà lavorare, a lungo, sulla società civile.
    Non sono convinto della realtà della natura “di classe”, perché: 1) ho qualche perplessità sull’uso del termine; 2) anche ammettendone il significato tradizionale di distinzione sulla base del reddito, ho l’impressione che le “classi” siano estremamente ben distruibuite nei licei statali (mi riservo di cercare un’indagine o di condurla io stesso in futuro), anche se alcuni dati sembrano far ritenere che gli abbandoni riguardino alunni che vivono una situazione di disagio familiare.
    Aggiungo che oggi, se si è ricchi, si opta spesso per una scuola privata, e che in numerose situazioni la scuola professionalizzante può essere la soluzione ideale. Però anche negli istituti tecnici e professionali l’abbandono è un problema serio, molto serio.
    Il goffo tentativo di bloccare le bocciature, in mancanza di strumenti migliori, potrebbe peggiorare le cose. Tra l’altro, molto spesso gli abbandoni avvengono ben prima di un’eventuale bocciatura, e anche se la bocciatura non è in vista.

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  3. frida bertolini 9 anni fa

    Caro Andrea, sto correggendo l’ultima verifica svolta dai ragazzi di una terza media: la stesura di un breve testo in francese con la descrizione della scuola in cui proseguiranno gli studi e la spiegazione del perché della loro scelta. Almeno cinque su ventinove non continueranno dopo le medie: “consigliati” dalle famiglie, preferiscono puntare direttamente al mondo del lavoro. Qualcun altro farà il liceo scientifico con la speranza di diventare un astronauta o un premio nobel; un altro vorrebbe frequentare il liceo, ma il padre (idraulico) lo iscriverà a una scuola professionale con la prospettiva di inserirlo nell’azienda di famiglia. Pochi, ma davvero pochi, prevedono di andare all’università, vista per lo più come una perdita di tempo.
    Da storica, mi ha colpito molto lo scritto di un bimbo che ama moltissimo la storia e che per questo motivo frequenterà un liceo classico, ma che alla fin fine vorrebbe di diventare un notaio “perché si guadagna di più”. Nel bene e nel male hanno le idee chiare, non tutti hanno le giuste motivazioni e il giusto sostegno. Smettessimo anche di bocciare, non avremo comunque risolto il problema dell’abbandono scolastico che in buona parte è determinato dall’impossibilità di intravedere un futuro migliore di quello dei propri genitori e dalla necessità di adeguarsi a una società in cui sogni, per tanti motivi, sono destinati a rimanere tali.

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    1. Andrea Gilardoni 9 anni fa

      CAra Frida,
      grazie: almeno ci stiamo chiarendo le idee sui problemi. Mi sembra che, nel caso di coloro che non hanno intenzione di continuare, valga la pena di chiarire che la scuola dell’obbligo non finisce con le medie, e che esistono scuole professionali, dove imparare un lavoro, anche perché non ho detto che il lavoro sottopagato si trovi tanto facilmente. Io insegno in un liceo, dove mi sembra che molti preferirebbero andare all’Università, tuttavia, spesso, preferirebbero farlo all’estero. Forse anche l’immagine dell’università deve essere un po’ ripensata (e i contenuti, i metodi ecc. ecc.).
      Quanto ai tuoi astronauti, i migliori auguri. Chiedo loro però quale sarebbe la seconda (o la terza) scelta…

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